Con il cambio Di Bella-Ruffini alla guida di Rai Tre torna il Pd(s)

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Con il cambio Di Bella-Ruffini alla guida di Rai Tre torna il Pd(s)

04 Dicembre 2009

“Voglio dedicare questa puntata a Paolo, Paolo Ruffini, che ora ci vedrà da casa anziché dal suo ufficio”. Per recitare il suo accorato epitaffio al direttore che non c’è più Giovanni Floris, al termine dell’ennesima serata trionfale (dal punto di vista degli ascolti) del suo Ballarò, si mette la telecamera davanti alla faccia, come il miglior Funari, e lancia il suo messaggio a cuore aperto, rivolto non tanto al suo mentore, ma a chi gli ha fatto la festa.

Non è morto, fortunatamente, Ruffini, e non è nemmeno malato. Ha solo lasciato il suo posto di direttore di Rai Tre a un’altra colonna della rete o, meglio, del Tg della rete, quell’Antonio Di Bella che con Bianca Berlinguer costituisce un ticket che sa tanto di continuità, di fine anni ottanta – inizio anni novanta. Della vecchia, cara Tele Kabul, insomma. Un senso di déjà vu che si estende immediatamente allo scenario politico che ha prodotto il cambio della guardia, con il prepotente ritorno del Bottegone a occupare le poltrone tradizionalmente proprie in passato, in barba a quegli ex margheritini che avevano creduto in un’autentica fusione sotto la rassicurante insegna del Pd.

Non che sia stata una sorpresa, la rimozione di Ruffini. L’uomo che aveva saputo mettere in piedi una rete coerentemente orientata contro Berlusconi e nello stesso tempo ben strutturata nei suoi palinsesti, la mente che aveva messo in onda una serie di programmi di approfondimento e di satira destinati a ottenere share a cui soltanto Santoro sembrava poter arrivare, aveva da tempo ricevuto un ordine di sfratto proveniente, a quel che si dice, dai piani alti di Palazzo Chigi. Si attendeva solo l’esito delle primarie del Pd, lo sapevano tutti.

La vittoria di Pierluigi Bersani, largamente attesa ma non scontata come quella di Veltroni nel 2007, ha scatenato l’effetto domino previsto: stop alle ambizioni di vocazione maggioritaria del partito, stop alle ambiguità da compagnucci della parrocchietta, fuori i teodem rutelliani, largo alle scelte pragmatiche ma gerarchiche e alle logiche organizzative da comitato centrale. Una metamorfosi gattopardesca che ha resuscitato i Ds, se non il Pds, e messo in naftalina il sogno di Veltroni.

Berlusconi chiede la testa di Ruffini e minaccia di sostituirlo con un suo uomo, forte della maggioranza nel Cda Rai? Bene, mettiamo Di Bella, appena giubilato dopo otto anni alla guida del Tg3, così nessuno penserà a una restaurazione filogovernativa in atto nella riserva indiana di Saxa Rubra. Questo l’inattaccabile ragionamento di Bersani, che di certo non è stato mosso da dissapori personali con Ruffini, al quale anzi dovrebbe più di una cena, quanto piuttosto da un banale calcolo sul male minore, oltre che sul messaggio politico da mandare ai suoi, ex Ds e non. Lo spauracchio di Giovanni Minoli, poi, ha fatto il resto.

Di fronte ai colpi di mannaia che il direttore di Rai Educational avrebbe potuto sferrare al palinsesto ruffiniano se si fosse dato corso alle voci che lo volevano in pole position per l’ambita poltrona di Rai Tre, il presidente giornalista Garimberti e il consigliere veltroniano Van Straten (oltre che il casiniano De Laurentiis) hanno detto sì a Di Bella, lasciando solo soletto ad opporsi strenuamente Nino Rizzo Nervo, non a caso fondatore di Europa, il quotidiano della Margherita.

Resta un dubbio. Perché la corrente veltroniana, pronta a creare disagi al nuovo leader annunciando ad esempio la propria adesione alla manifestazione dipietrista contro Berlusconi, si è mostrata così disponibile a dare il benservito a Ruffini? Per via di un accordo con i dalemiani, dice qualcuno bene informato, che garantirà un posto da vicedirettore ad Andrea Salerno, fedelissimo di Walter e già collaboratore di Serena Dandini e Corrado Guzzanti. Tutto come da copione, insomma, compresa la solita excusatio non petita del presidente Rai, che trasuda ipocrisia da tutti i pori: “Di Bella decisione politica? Per me la Rai è un’azienda normale. Ecco perché considero questa una scelta totalmente aziendale”. Parola di Paolo Garimberti.