Con la morte di Bin Laden il jihadismo è ancora operativo

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Con la morte di Bin Laden il jihadismo è ancora operativo

05 Maggio 2011

Il jihad non si tocca, né si può uccidere. Esistono solo gli uomini e la loro fede. Erano in tanti a sperare che il terrorismo islamico fosse morto con Osama Bin Laden, ma non è così, afferma Daniel Benjamin (U.S. State Departement Counterterrorism Coordinator) in un recente intervento alla New America Foundation. La realtà è molto diversa e serve un po’ di chiarezza.

Al-Qaeda e jihadismo non sono sinonimi. La prima costituisce una parte del jihad. È il suo vertice,   ma non sempre esercita un potere diretto sui gruppi regionali ad essa subordinati. Questi agiscono, infatti, in maniera per lo più indipendente, sono ben organizzati ed efficienti quanto la stessa al-Qaeda. È il caso della Jemaah Islamiyah indonesiana, che tocca il picco di attività nel 2002. Il suo potenziale si è ridotto negli anni, ma la minaccia è ancora reale.

Più in basso nella struttura terroristica, invece, si evidenzia la presenza dei cosiddetti jihadisti di base, o “fai da te”: sono le cellule impazzite. Non dispongono di una preparazione specifica, né di una connessione reale con al-Qaeda, ma si ritiene che l’uccisione di Bin Laden li abbia profondamente colpiti ed è proprio da questi gruppi loro che si teme una reazione a seguito della notte del 2 maggio scorso.

Il jihadismo non ha una vera e propria struttura centralizzata. Non sono previste catene gerarchiche di comando prestabilite: il terrorismo non parla con un’unica voce. Le modalità di contatto tra le fazioni alleate si evolvono continuamente, complici le nuove tecnologie e i media. Il punto di riferimento per i simpatizzanti della guerra santa è internet, cioè la nuova dimensione della propaganda integralista, dell’indottrinamento ideologico, del reclutamento.

Le forze jihadiste si distribuiscono nel mondo in modo disordinato. Partendo dalla regione delle tribù talebane al confine tra Pakistan e Afganistan, cuore del terrorismo internazionale, e attraversando più a est il Turkestan orientale, lo Xinjiang cinese, arrivano fino in Mali. Sono unite nella fede. Le loro azioni si concentrano nel dār al-Islām, che vuol dire "mondo islamico". In particolare nella penisola arabica e nell’Africa orientale, senza trascurare ciò che accade ad ovest del continente nero. I maggiori problemi per l’Occidente provengono da quest’area.

‘Al-Qaeda nella penisola arabica’ (AQAP) è un’organizzazione terroristica attiva principalmente in Yemen e Arabia Saudita. Nasce dall’unione tra gli integralisti islamici sauditi fuggiti in Yemen e i gruppi fondamentalisti yemeniti. È guidata dall’imam Anwar al-Awlaki, l’uomo che l’ha trasformata nella più pericolosa cellula terroristica al momento attiva. Sono i più dinamici nell’area e pianificatori di diversi attacchi contro l’Europa e gli States. L’AQAP è responsabile del fallito attentato sul volo Northwest Airlines Flight 253 del 25 dicembre 2009 sui cieli di Detroit. La Cia ritiene che il ramo yemenita di al-Qaeda abbia ormai superato la sua organizzazione madre.

La primavera araba e le rivolte in Yemen, poi, complicano l’analisi delle organizzazioni fondamentaliste. Benjamin annuncia che il governo statunitense resterà vicino al popolo yemenita e che bisogna evitare che l’integralismo islamico cavalchi il malcontento per accrescere il suo potere. In Yemen saranno destinati 100 milioni di dollari al fine di sostenere le forze moderate del Paese che si oppongono ai terroristi.  

Corno d’Africa e Maghreb offrono terreno fertile per l’ascesa delle forze integraliste, complice l’instabilità politica di questi paesi. Gli Shabaab somali non perseguono obiettivi internazionali e si distinguono per questo dai fratelli dell’AQAP. La loro è un’organizzazione costituita da molti uomini stranieri, provenienti soprattutto da Golfo Persico e invitati a unirsi alla guerra santa contro il governo somalo e il suo alleato, l’Etiopia. Costituiscono un grave pericolo per la sicurezza e l’ordine regionale.

Il Maghreb, come lo Yemen, è sconvolto da venti di rivolta e, come nella penisola arabica, i rischi di derive integraliste sono da tenere sotto controllo. ‘Al-Qaeda nel Maghreb islamico’ (AQMI) è un gruppo che opera in Algeria, Mali, Mauritania e Niger. C’è il sospetto che, con la primavera araba, molti dei suoi uomini si siano spinti a nord, contribuendo alla cacciata dei Raìs in Tunisia, in Egitto e soprattutto in Libia. Il ‘Gruppo combattente libico’ (LIFG), rappresenta la principale fazione fondamentalista in lotta contro il regime di Gheddafi che, dal suo stesso popolo, viene considerato lo sceicco libico del terrore. Strano destino il suo. Con la morte di Bin Laden cambierà ben poco, ma ora sappiamo che scovarli è possibile.