Con Patrick Swayze scompare uno dei grandi ballerini di Hollywood

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Con Patrick Swayze scompare uno dei grandi ballerini di Hollywood

15 Settembre 2009

Patrick Swayze, morto lunedì scorso a 57 anni, perse il treno dei gloriosi tempi del musical di almeno 20 anni: all’epoca in cui interpretò il suo primo film, la commedia “Skatetown Usa”, nel 1979, Hollywood non era esattamente un posto che pullulava di opportunità per ballerini professionisti come lui. Ma il ballo fu molto utile a Swayze come attore, anche quando non lo usava direttamente.

Sia in film come “Road House” del 1989, in cui interpreta uno straordinario buttafuori, o in “Point Break” del 1991, in cui appare come un surfista che è nello stesso tempo un rapinatore di banche, il suo comportamento e la sua grazia flessuosa hanno sempre fatto parte della storia. E’ stato un attore espressivo, supremamente piacevole, che metteva ogni muscolo al lavoro, con grande facilità. E’ stato sempre bello guardarlo sorridere, ma è anche stata una fonte di gioia guardarlo muoversi.  

Swayze era cresciuto a Houston, figlio di un ingegnere e di una insegnante di danza; iniziò studiando danza alla scuola della madre (dove avrebbe incontrato la sua futura moglie, l’attrice e ballerina Lisa Niemi) e poi continuò a studiare presso la Harkness Ballet School e la Joffrey Ballet School a New York. Il ruolo destinato a farlo scoprire fu quello in “Dirty Dancing” del 1987, quando interpretò Johnny Castle –l’istruttore di danza del villaggio sulle Catskills Mountains di cui si innamora una cocca di papà, soprannominata “Baby” (Jennifer Gray) – una parte che sembrava fatta apposta per un attore della sua esperienza e così ben allenato.

Ma da allora come adesso non c’è più stata una grande domanda di attori che fossero anche dei buoni ballerini, e così Swayze incanalò il suo considerevole charme nell’interpretare un morto: in “Ghost” del 1990 il suo personaggio è lo spirito di un uomo ucciso durante una rapina che, prima di lasciare la Terra, non si ferma davanti a niente pur di tenere lontana la sua ragazza (Demi Moore) dalla malvagità.

“Ghost” è stata una trovata romantica per fare audience: so, come probabilmente sapete anche voi, che il pubblico ha rivisto il film dozzine di volte. Quando vidi il film all’epoca della sua realizzazione, mi piacque abbastanza, ma quello che mi piacque davvero fu Swayze. Ricordo anche di aver provato una sorta di risentimento immedesimandomi in lui, quando la gente iniziò a fare tutta una serie di battute spiacevoli su come le donne iniziavano automaticamente a dipingere quando lo vedevano senza maglietta – come se mostrare i muscoli fosse davvero tutto quello di cui aveva bisogno per ipnotizzare la sua platea.

Non fraintendemi – quelli erano veri muscoli, ed io ero davvero felice di vederli. E provare piacere nel guardare un attore che riesce a muoversi con facilità, oppure a correre o stirarsi, dà una reazione sensuale, così come lo è vedere un grande atleta. Ma Swayze – che non ha mai avuto un enorme successo ma che ha sempre  lavorato con continuità, come durante il suo recente show “The Beast” – sarà ricordato molto di più per quello che era che non per la sua mera massa muscolare.

Aveva una qualità infantile, elfica, che lo rendeva quasi senza età; il suo sorriso era parte della sua grazia fisica, parte della sua agilità di attore. Forse è per questo che Swayze mi è sempre piaciuto di più con la maglietta, vestito. Era meno piacevole da descrivere come un caldo stallone pieno di muscoli. Solo quando era completamente vestito, potevi sempre scorgere il ballerino che c’era dentro di lui.  

Tratto da "Salon"

Traduzione di Roberto Santoro