Conti pubblici, quell’euroricatto rimandato per preservare lo status quo

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Conti pubblici, quell’euroricatto rimandato per preservare lo status quo

28 Febbraio 2018

Ha la coda dell’euroricatto, il muso dell’euroricatto, la pelle dell’euroricatto, ma non è un euroricatto. Che cosa è? E’ un euroricatto rimandato. Già a novembre, ben prima che si entrasse nel vivo della campagna elettorale, la Commissione europea aveva mandato a Roma una lettera per spiegare che i conti pubblici italiani non erano in ordine”. Così scrive Andrea Bonnani sulla Repubblica del 20 febbraio. Finita una piccola pausa eurocritica, Bonanni torna a far l’apologeta dell’egemonia berlin-bruxellese (con ruota di scorta parigina, e presto viceversa). Non è vero che la Commissione ci ricatta, già a novembre ci aveva detto che i conti erano sbagliati. Ma perché se i conti erano sbagliati, non ci ha chiesto di correggerli subito invece che in primavera? Elementare, Watson: perché ci ricatta e insieme non voleva far perdere i maggiordomi dell’asse carolingio.

Il pericolo mafioso e il guardiano, con qualche limite, Minniti. Le mafie sono in grado di condizionare istituzioni e politica” dice Marco Minniti alla Repubblica del 22 febbraio. Sacrosanto e dunque un plauso a chi fa da sentinella (sentinella bravina nel caso in esame) contro questo pericolo. Non capiamo, però, una cosa: perché un ministro degli Interni che è nato a Reggio Calabria, si allontana dalla sua terra natia (dove diverse amministrazioni di centrosinistra sono state invischiate in trame condizionate dalla ‘ndrangheta) e si presenta invece a Salerno e Venezia.

La sinistra-sinistra tra due pesci lessi e una Pocahontas. Chi vota Cinque stelle vota anche loro” così dice Pietro Grasso al Corriere della Sera del 25 febbraio. L’ultima geniale trovata dell’ex pm e presidente del Senato è chiedere di non votare i grillini perché tra loro vi sono candidati impresentabili. In un’Italia in cui una bella fetta di giovani non trova lavoro, in cui tra gli operai si aggira lo spettro dell’Embraco, in cui i pensionati sono arrabbiati irrimediabilmente con un’Elsa Fornero che li ha trattati come cose e numerini, e non persone, quello che dovrebbe essere il leader della sinistra-sinistra si accoda alla “responsabile” denuncia di quegli inetti sbandati al seguito di Luigi Di Maio perché non hanno messo un francobollo lì, hanno fatto pipì fuori dal vasino là o altre simili stupidate. Insomma quello che veniva rappresentato come un eroico magistrato, la grande spalla di Giovanni Falcone, si rivela al massimo un pretore. Ma perché Massimo D’Alema non ha trovato, per il suo tentativo di imitare Alexis Tsipras e James Corbyn, una tipo Viola Garofalo, che sembra una fantastica Pocahontas degli arrabbiati, invece che quei pesci lessi di Grasso e della Laura Boldrini?

Donne a cinquestelle. Mio marito, in stato di alterazione, durante un’accesa lite in casa ha aggredito me e una delle nostre due figlie”. Così racconta a Claudio Bozza e Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera del 18 febbraio la moglie di Gregorio De Falco, già castigatore di capitani di nave felloni e ora candidato per i Cinquestelle. Richiamato da questo episodio, vado a rileggermi Carlo Bonini e Marco Mensurati sulla Repubblica del 20 gennaio 2010 che racconta il naufragio della Concordia: “Nel giorno sei di ricerca di una ‘verità’ che consenta di attribuire responsabilità certe ai protagonisti del naufragio e dia una logica a ciò che ancora logico non appare, si avanza una ragazza moldava di 25 anni con passaporto rumeno che di nome fa Dominica Cemortan. Una ex ballerina, già hostess a contratto della Costa che, la sera del 13 gennaio si imbarca a Civitavecchia nell’ultima crociera della Concordia e del suo amico Francesco Schettino” . Che Schettino sia stato un capitano un po’ fellone, mi pare anche processualmente accertato, comunque sembrerebbe che verso le donne sia stato più gentile di De Falco. Non so ne terranno conto le elettrici grilline.