Contro la criminalità servono punizioni esemplari non scarcerazioni facili

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Contro la criminalità servono punizioni esemplari non scarcerazioni facili

17 Febbraio 2009

 

L’Italia ha due emergenze, quella economica e quella della criminalità di strada, nelle metropoli. Ed ora finalmente forse la sinistra italiana comincerà a capire quanto sia errata e immorale la tesi, che essa continua a sostenere, per cui i medici del Servizio Sanitario pubblico non debbono denunciare i clandestini che si rivolgono alle loro cure, ma debbono curarli a spese della collettività e rimetterli, indisturbati, in libera circolazione. Questa tesi, per cui il medico non è tenuto alle leggi sull’ordine pubblico è errata e immorale, in quanto la condotta che ne consegue e l’ideologia da cui essa deriva, fanno parte dei fattori psicologici e sociologici che generano o sollecitano la micro e la macro criminalità. Il senso di impunità, l’atmosfera di permissivismo, di “tutto è lecito”, infatti, sono l’humus in cui si sviluppano delitti come gli stupri, praticati da extra comunitari, da comunitari di paesi dell’Est. E da giovani italiani, che non vogliono esser da meno.

Questo senso di impunità, questo perdonismo e permissivismo sono, ovviamente, frutto di vari fattori, recenti e meno recenti. Uno di questi fattori è costituito dal fatto che alcuni magistrati scarcerano gli stupratori, lasciandoli a piede libero o agli arresti domiciliari, in attesa del processo. La tesi che viene adottata, secondo cui ciò discende da una applicazione corretta della vigente legge, risulta incomprensibile. Cominciando con le scarcerazioni, senza arresti domiciliari osservo che gli arresti possono essere concessi, ed anzi sono doverosi, quando vi è rischio di inquinamento delle prove, di pericolo di fuga, di reiterazione del reato. Ora se l’ipotesi che gli stupratori possano inquinare le prove è molto spesso improbabile, quella del pericolo di fuga, quando si tratta di clandestini o di cittadini di paesi comunitari o extra comunitari diversi da quelli tradizionali dell’Unione europea, è altamente probabile. E non è semplice, poi, reperirli. E se ciò non bastasse, c’è l’ipotesi di reiterazione del reato, che, per gli stupratori, appare abbastanza normale. Dunque non si capisce il perché di queste “scarcerazioni facili” che, ripeto, hanno un significato “esemplare” negativo, perché accrescono la sensazione di permissivismo, di debolezza delle istituzioni, che possono essere irrise e sfidate, impunemente o quasi.

Ma anche la concessione degli arresti domiciliari appare una soluzione poco convincente, Infatti, se è vero che essa evita il pericolo di fuga e il pericolo di reiterazione del reato (salvo nel caso in cui nello stesso domicilio vi siano persone che potrebbero esse stuprate), non è meno vero che essa non si giustifica in termini di deterrenza, soprattutto quando si tratta di giovani, che non hanno una professione e una reputazione e non rischiano di perdere il lavoro che renda tale pena gravosa. Come invece è, obbiettivamente per un imprenditore, un politico, un professionista, un lavoratore dipendente. Il giovane stupratore agli arresti domiciliari, più che sentirsi punito, si sente al “al sicuro”, come chi, avendo fatto una marachella, ha bisogno di nascondersi per un po’, per farla dimenticare.

Un altro fattore, che opera nella errata direzione di un indulgente permissivismo è la norma, attualmente vigente, secondo cui i clandestini che sono stati raccolti nei centri di identificazione ed espulsione debbono essere rilasciati entro 60 giorni, se non sono ancora stati identificati. Il Ministro Maroni vuole portare a un massimo di 18 mesi la loro permanenza in tali centri, in attesa che possano essere rimpatriati. E non si riesce a capire quale sia la ragione per cui le sinistre si debbano opporre a questa norma, che serve per evitare che la Repubblica italiana sia presa in giro dai clandestini, che essa, con giusto spirito umanitario, spesso recupera da navigli di contrabbando che stanno per affondare. Che paese meraviglioso deve essere l’Italia agli occhi di un clandestino, che viene rifocillato gratuitamente in un centro di prima accoglienza, viene rilasciato dopo sessanta giorni, senza documenti, può farsi curare e avere medicine gratuite dal servizio sanitario italiano, senza correre alcun rischio, può fare contrabbando, traffico di droga, furti, stupri ed essere rimesso in libertà, appena preso, per continuare a farlo. E che bell’esempio per i nostri ragazzi, che vedono questi “bulli” imperversare e ne imitano i comportamenti, con l’indulgenza delle leggi e dei pubblici ufficiali e quello di larga parte dei parlamentari!

Il decreto legge che obbligherà a tenere in carcere gli stupratori e aumenterà a 18 mesi la detenzione dei clandestini nei centri di identificazione, però, serviranno a poco, se non si applicheranno con determinazione e severità, le altre misure. Innanzitutto il divieto alle Usl di prestare cure ai clandestini senza informarne le autorità di sicurezza pubblica. Inoltre la eliminazione delle residenze abusive di ogni specie. E i commerci illegali che i clandestini fanno sui marciapiedi e con mercati ambulanti improvvisati ed entrando nei ristoranti e nei bar ed altri ritrovi ad offrire merce illegale.

D’altra parte non si possono trasformare località turistiche come Lampedusa, con difficoltà di approvvigionamento, in centri di accoglienza prolungata dei clandestini, con l’argomento che trattandosi di un’isola lontana, essi “non possono fuggire”. Bisogna che i clandestini in attesa di accertamento vengano ospitati in altrui luoghi, sulla terra ferma, come veri e propri internati. Ciò per scoraggiare i nuovi afflussi e far comprendere che la Repubblica Italiana non è una repubblica delle banane. E, comunque, i comuni ove si attuano questi insediamenti, vanno compensati, per il danno loro arrecato.

Mi sia consentito, poi, di esprimere le più ampie perplessità sulle “ronde” di civili. Infatti, l’ordine pubblico si rafforza se, non bastando le forze di polizia, se si ricorre a ronde di militari o di vigili urbani o di personale, anche volontario, che il comune o lo stato utilizza, con propri, ben visibili, simboli. In tali casi si tratta di una polizia. E ciò dà la sensazione che esiste l’ordine pubblico. Invece le “ronde” danno la sensazione che lo stato si è arreso. E che pertanto intervengono i privati, con la propria legge. D’accordo sul federalismo e quindi su una polizia municipale con compiti di ordine pubblico. Non sulla “bandiera bianca “ dello stato. Occorre che lo stato, la sua bandiera, i suoi simboli, siano oggetto di rispetto. D’altra parte, tutto si tiene. Non sono solo gli stranieri, che fanno i vandali. Chi imbratta i muri e i treni, con lo spray ? Chi brucia le auto? Ci sono molti ragazzi italiani che fanno i vandali, per vantarsene su You Tube o per fotografare i loro gesti vandalici con il telefonino e scambiarsi, poi, le foto. C’è un diffuso senso di indisciplina, che comincia nelle scuole. Da quando è stato abolito il valore del voto in condotta, ai giovanissimi è sembrato che il rispetto delle regole non sia più rilevante. Il provvedimento del Ministro Gelmini sul ripristino del valore del voto in condotta fa parte dei principi, che occorre rimettere in vigore, per educare i giovani all’auto disciplina, al rispetto del prossimo e della legge. Le insegnanti di Bologna che hanno deciso di dare a tutti il dieci in condotta, per protesta contro la legge che dà valore al voto in condotta sono pessime educatrici. Le forze di polizia non basteranno mai, se non si adottano le misure per combattere alle radici il costume di permissivismo e di dileggio delle regole e delle istituzioni che è dilagato nella nostra società.