Contro la cultura della “vita facile” la Chiesa vuole educazione e serietà

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Contro la cultura della “vita facile” la Chiesa vuole educazione e serietà

30 Agosto 2011

Sullo sfondo l’immagine della Madonna con in braccio il Figlio di Dio, davanti a sé un’Italia in grave difficoltà e deficit educativo, priva di credibili soggetti educativi. È il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana,  che durante la solennità della Madonna della Guardia a Genova, evoca il profondo “bisogno di educarci e di educare” della nostra società e in particolare dei giovani. Durante l’omelia della festa tanto cara ai genovesi il prelato pronuncia un’ articolata omelia per richiamare con forza la responsabilità di tutti i soggetti sociali all’educazione seria e vera.

La recente  Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid ha smascherato ogni illusione di manipolare od ingannare i giovani. “I due milioni di giovani  – ha detto il cardinale – hanno manifestato a tutti il loro desiderio di esserci e di crescere nella verità esigente e nell’amore serio” e “hanno visto nel Successore di Pietro il punto affidabile e vero”. Lo ha detto a chiare lettere “i giovani non vogliono essere ingannati”. La società ha un grave dovere verso di loro. Li deve aiutare a crescere, sostenendoli in quei valori e in quelle scelte che possono confermare come “la vita non è di chi se la gode, di chi è più scaltro e forte, di chi ha la strada spianata; e che il successo del potere e dell’affermazione personale – anche a prezzo della propria onestà – non porta lontano. Nonostante turbolenze e cadute, il giovane sa che la strada della realizzazione e della gioia sta da un’altra parte, quella del dovere e del sacrificio, della famiglia stabile e feconda, di rapporti veri”. Ecco perché, dice Bagnasco, “il mondo degli adulti non può rimanere indifferente e inerte, tanto meno lo possiamo noi cristiani”.

Sono tanti i soggetti chiamati a questo compito: la famiglia, la scuola, la Chiesa e la società. “Se i giovani – ha spiegato il presidente dei vescovi –  cercano dei punti di riferimento veri ai quali poter guardare con fiducia e, in qualche misura, anche affidarsi davanti alla vita, comprendiamo quanto sia necessario e auspicabile che l’intero corpo sociale diventi un soggetto affidabile e vero: e cioè un ambiente di vita, un orizzonte di modelli, un clima respirabile di valori, un humus comune, dove l’apparenza, il raggiro, la corruzione non la spuntano, e la disonestà non è la regola esibita e compiaciuta”.

Il tradimento di questi valori e la costruzione di una vita secondo modelli corrotti e ingiusti provoca, avverte, il “sentire profondo della gente” che  “non è così e reagisce” perché “l’esempio della vita dura, onesta e dignitosa dei propri avi” è quello che è ancora radicato nel dna del popolo. Il pastore non è sordo al grido del suo gregge e così può con chiarezza affermare che “questo mondo fatto di gente semplice e vera esiste, reagisce spesso disgustato, e resiste a fronte di stili non esemplari che, palesi e amplificati, sembrano rappresentare la norma”.

Lo possiamo immaginare questo vescovo mentre raccoglie le tante confessioni, lamentele, sfoghi, frustrazioni di tante persone che si rivolgono ai propri pastori per dare voce ad un malcontento ed un malcostume troppo diffuso. Per questo egli non esita a dire che “c’è bisogno di una grande conversione culturale e sociale, e coloro che hanno particolari responsabilità rispetto alla vita pubblica – in qualunque forma e a qualunque livello – ma anche quanti hanno poteri e interessi economici, ne hanno il dovere impellente più degli altri sapendo che, attraverso il loro operare, propongono modelli culturali destinati a diventare dominanti. Anche per questa ragione la questione morale in politica – come in tutti gli altri ambiti del vivere pubblico e privato – è grave e urgente, e non riguarda solo le persone ma anche le strutture e gli ordinamenti”.

Non bisogna generalizzare né sparare sul mucchio, perché, afferma, “nessuno può negare l’impegno generoso e la rettitudine limpida di molti che operano nel mondo della politica e della pubblica amministrazione, dell’ economia, della finanza e dell’impresa”, ma comunque “la questione riguarda tutti come un problema non solo politico, ma culturale ed educativo”. È troppo diffusa e radicata. Spiega, infatti, che “non si tratta in primo luogo di fare diversamente, ma di pensare diversamente, in modo più vero e nobile se si vuole purificare l’aria, e i nostri giovani non siano avvelenati nello spirito”.

È “arduo” il compito che attende gli uomini politici e tutti coloro che hanno responsabilità educative, perché “si tratta di intaccare consuetudini e interessi vetusti, stili e prassi lontani dall’essenziale e dalla trasparenza, dal sacrificio e dal dovere”. Ma bisogna farlo “perché la gente lo chiede e perché è giusto”. Un sano realismo non deve perciò distogliere né scoraggiare. “Chi ha responsabilità pubbliche oggi e domani – ha concluso l’arcivescovo – ha questo primario dovere e onore: mettere in movimento delle decisioni puntuali perché la ‘cultura della vita facile’ ed egoista ceda il passo alla cultura della serietà’. Lo dobbiamo ai giovani, ma anche e noi stessi”. Nessuno è escluso.