Contro la recessione Monti faccia politiche pro-crescita a tutto tondo

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Contro la recessione Monti faccia politiche pro-crescita a tutto tondo

29 Novembre 2011

Lo spread continua a preoccupare. Oramai il governo è completo e per la parte riguardante il Ministero dell’Economia, appare nel segno della continuità in quanto sia il viceministro Vittorio Grilli che i due sottosegretari Gianfranco Polillo e Vieri Ceriani – per non dire del ministro dei rapporti con il parlamento Piero Giarda – facevano sostanzialmente parte dell’entourage del Ministro dell’Economia Giulio Tremonti o degli esperti del gruppo parlamentare della maggioranza.

Qualcuno può, pertanto, domandarsi se aveva senso perdere così tanto tempo per mettere a punto la nuova squadra economica dato che essa è – a parte il vertice politico – cambiata di poco. A ciò si aggiunge che, nonostante le varie contorsioni, per l’Italia i problemi sono ancora quelli sollevati nella lettera inviata all’Italia dalla Bce e poi da Bruxelles in cui si chiedevano garanzie sul pareggio del bilancio nel 2013, una politica pro crescita, riforme strutturali nel mercato del lavoro e nelle pensioni per garantire i due suddetti obbiettivi nel medio e lungo termine, oltre a una politica per il debito pubblico che sinora è stata concepita nel senso di costituzionalizzare la regola del pareggio del bilancio in modo da garantire la riduzione del rapporto debito Pil con un ritmo del 2-3 per cento annuo dovuta alla crescita del Pil nominale, fermo restando il debito totale.

Purtroppo a complicare le cose da questa estate sono intervenuti due eventi che non erano del tutto imprevedibili. Il primo è il maggior costo del finanziamento del debito dovuto a cause europee ma anche al fatto che la risposta alla lettera della Bce – così come a quella analoga successiva della Commissione europea – è rimasta incompleta. Ora, il completamento della manovra acquista nuova urgenza perché la Bce potrebbe adottare una diversa politica d’intervento mirante a stabilizzare il tasso di interesse sui titoli del debito pubblico fra il 5 e il 6 per cento, ove tutti i paesi europei si impegnassero alle politiche fiscali con ciò coerenti. Ma c’è un secondo problema che per il vero era stato segnalato come prioritario dalla Bce e su cui c’è stata una resistenza quasi incomprensibile dell’allora Ministro Tremonti: quello della politica pro crescita.

Il pacchetto pro crescita, che comportava un finanziamento di circa 9 miliardi in tre anni e che era già minimale, è stato bloccato. Ciò ha comportato una scarsa credibilità della nostra risposta su questo tema a Bruxelles (e alla Bce), già minata dal fatto che nessuna risposta sostanziale veniva data sulle età di pensionamento a causa del veto della Lega Nord. Anche sulla questione della fluidità dei contratti di lavoro, in questo caso per colpa della Confindustria arroccata sui contratti nazionali, non si è data sino ad ora chiara risposta. Adesso l’OCSE predice una recessione per l’Italia, la quale si ritroverebbe a non avere  per l’anno prossimo un tasso di crescita del Pil, sia pure di 0,5 punti percentuali – come era stato previsto – ma in segno negativo con un – 0,5%. Ciò è estremamente pericoloso: rischiamo l’avvitamento.

La politica pro crescita quindi è prioritaria e deve puntare sua azioni concrete in cui l’operatore pubblico mobilita l’iniziativa privata diffusa e quella delle grandi imprese: dal settore edilizio, alle energie rinnovabili, alla banda larga, alle grandi opere e infrastrutture di rete, alla promozione del commercio estero, alla deregolamentazione dei contratti di lavoro utile in aree industriali come Torino (vedi Fiat) e soprattutto per il Mezzogiorno, fino alle concessioni demaniali per il turismo. Ho fatto un elenco a largo raggio che può certamente essere completato per sottolineare l’urgenza di contrastare quel – 0,5% che si potrebbe abbattere sull’Italia il prossimo anno.

Resta anche il tema di una politica tributaria e fiscale coerente, che non spaventi il risparmiatore, ma lo incoraggi. Per ora prevale la paura. Non si illuda Mario Monti. Nella gente il governo tecnico ha generato sconcerto, incertezza, spavento. Per superare questo divario di credibilità occorre una politica di crescita che tranquillizzi i risparmiatori i quali sono alla base della crescita. Senza la loro fiducia, i depositi bancari scarseggiano e il credito privato e pubblico si riduce. Cerchi il governo di guardare di più agli italiani invece di pensare che la soluzione si trovi soprattutto a Bruxelles.