Cop27 non può piegarsi all’estremismo ambientalista nemico dell’Occidente
12 Novembre 2022
Qual è il rischio più grande di eventi internazionali come la Cop27? Piegarsi ai movimenti ecologisti fondamentalisti colpevolizzando l’Occidente e il capitalismo. Con la seconda rivoluzione industriale, proprio quando il capitalismo ha spinto sull’acceleratore, i Paesi occidentali hanno iniziato a vivere una stagione di crescita e benessere senza precedenti nella storia. Certo, ai tempi mancava una coscienza ambientalista. Ma nessuno l’aveva, mancavano le conoscenze e la consapevolezza che muovono oggi i nostri governi.
Le urgenze che la crisi ambientale e climatica ha imposto all’agenda di tutti gli esecutivi del mondo hanno spinto diversi Paesi a chiedere delle riparazioni. Se l’Occidente si è sviluppato in quel modo e ora può permettersi di tutelare l’ambiente con costi relativamente ridotti, il risarcimento nei confronti dei Paesi in via di sviluppo sembra quasi una conseguenza logica. Eppure, vanno fatti dei distinguo dirimenti.
Capitalismo e ambiente, un rapporto non scontato
In primis, non si può fare una colpa all’Occidente di aver scelto un assetto istituzionale ed economico che ha, nel bene e nel male, ridotto enormemente la povertà, le malattie e le limitazioni all’accesso all’acqua. Soprattutto perché è l’unico modello che contempla contemporaneamente la libertà degli individui e dei capitali, l’autodeterminazione dei popoli e la lotta alla crisi ambientale e climatica. L’assenza di anche solo uno di questi punti renderebbe tutto il mondo meno ricco, meno benestante e più ingiusto. Basti pensare in quale parte del mondo sono più utilizzate le energie rinnovabili e dove i suoi costi sono diminuiti di più, ma anche dove è nata e si è sviluppata la tecnica della carbon capture.
La deforestazione pesa nel computo delle emissioni
Infine, non si può trascurare che esistono diversi modi per danneggiare l’ambiente. Uno di questi è la deforestazione. Carbon Brief sostiene da tempo che nel computo delle emissioni debba essere contemplata anch’essa. Ebbene, alcuni dei risultati sono sorprendenti. In termine di emissioni complessive dal 1850 al 2021, si nota come Brasile e Indonesia salgano di tantissime posizioni. Peggiorano anche gli Stati Uniti, ma anche la Russia e la Cina. Va ribadito che quest’ultima ha sponsorizzato la costruzione di centrali a carbone anche in anni recentissimi nei Paesi, non certo occidentali, che hanno sottoscritto la Belt and Road Iniziative.
Valutando le emissioni pro capite, la rivoluzione è completa. Ben sedici dei venti Paesi che ora spingono per ottenere le riparazioni hanno fatto registrare performance peggiori. Tra le altre troviamo Bolivia, Nicaragua, Kazakistan, Qatar e Gabon.
Le impronte digitali del capitalismo sull’ambiente, Cop27 alla prova
Com’è evidente non ci sono le impronte digitali del capitalismo sui danni ambientali. La storia è un po’ più complessa di quanto gli ambientalisti marxisti e progressisti vorrebbero farci credere. L’equivalenza tra lotta di classe e lotta ai cambiamenti climatici è un’invenzione. E ciò non significa negare che esistano anche cause antropiche del riscaldamento globale. Vuol dire, piuttosto, ribadire l’importanza di questi temi senza tradire obiettivi diversi e la necessità di tenere insieme ambientalismo e sviluppo economico.
Se le preziose opportunità come la Cop27 diventeranno solo l’espediente per processare il nostro stile di vita, chiudendo gli occhi di fronte ai danni che tutti gli altri hanno causato, forse dovremo iniziare a non considerarle più così preziose.