Cosa aveva offerto Zapatero all’Eta in cambio della pace?
10 Aprile 2008
La riunificazione delle Grande Patria Basca attraverso prima
la creazione di organi comuni tra le Comunità Autonomiche spagnole di Paese
Basco e Navarra, e poi un’Euroregione con il Dipartimento francese dei Pirenei
Atlantici: era questo il contenuto concreto della contestata trattativa tra il
govermo Zapatero e l’Eta su mediazione del governo Blair. Un compromesso poi
affondato, con la conseguente ripresa degli attentati terroristici.
Per intendere il problema, sono sette le “province” che il
nazionalismo basco considera componenti storiche di Euskal Herria, la nazione basca
(in spagnolo, Vasconia). Tre di queste fanno parte del Dipartimento francese
dei Pirenei Atlantici: Zuberoa (Soule in francese e Sola in basco), con 15.000
abitanti, di lingua basca al 64%; la Bassa Navarra (Baja Navarra, Basse-Navarre
e Nafarroa Beherea), con 28.000 abitanti, bascofoni al 61%; e Labort (Labourt,
Lapurdi), con 205.000 abitanti, bascofoni però solo al 26%. Una bassa
percentuale, quest’ultima, che si spiega sia con la presenza di un’altra
minoranza di lingua occitana, sia con l’influenza francofona che viene dal
centro urbano di Bayonne. Altre tre Province fanno invece parte della Comunità
Autonomica spagnola del País Vasco o Euskadi: Vizcaya con 1.140.000 abitanti,
Guipúzcoa con 700.000 e Álava con 300.000. Nel complesso per il 49,6% di lingua
spagnola; per il 32,2% bilingui in spagnolo e basco; per il 18,2% “bilingui
passivi”, parlanti spagnolo e comprendenti basco.
Un paradosso, quello di un’Euskadi dove il basco, a
differenza che nell’area francese, è lingua ufficiale ma in cui si parla meno,
che si spiega molto con la politica repressiva degli anni del franchismo. C’è
poi la Navarra, in basco Nafarroa: 600.000 abitanti, anch’essa col basco lingua
ufficiale assieme allo spagnolo, ma con appena il 9,1% di bascofoni. E per gran
parte del Medio Evo, in realtà, tutte queste province erano parte dello Stato
basco del Regno di Navarra. Ma nel 1198 Álava e Guipúzcoa furono conquistate
dalla Castiglia. Nel 1370 fu il turno di Vizcaya. E nel 1513 della Navarra attuale,
che però non fu annessa direttamente: invece i re di Castiglia e Aragona lo
divennero anche di un Regno di Navarra formalmente autonomo. Ma rimase un secondo
Regno di Navara oltre i Pirenei: indipendente, fino a quando il suo re Enrico
di Borbone nel 1589 non lo divenne anche di Francia, assumendo il nome di Enrico
IV e convertendosi dal protestantesimo al cattolicesimo con la famosa frase
“Parigi val bene una messa”.
Poi nel 1620 suo figlio Luigi XIII unifica formalmente i due
regni, pur mantenendo per sé e i suoi successori il titolo di Re di Francia e
di Navarra. Nel 1789 la rivoluzione francese sopprime il Regno di Navarra anche
formalmente, assorbendolo nel nuovo Dipartimento dei Pirenei Atlantici. E nel
1841 anche il Regno di Navarra a sud dei Pirenei è formalmente soppresso e fuso
nella Spagna. Il risultato sarà che i navarresi passeranno in massa ai
carlisti: partito ultraconservatore che sostiene un altro ramo della dinastia,
e che nell’opposizione al liberalismo centralista invalso a Madrid difende
anche le autonomie tradizionali. Coi carlisti va d’altronde anche la
maggioranza di baschi, galiziani e catalani, durante le tre insurrezioni del
XIX secolo. Dopo la loro sconfitta, disperando ormai della Spagna il leader
carlista basco Sabino Arana si converte allora all’indipendenza di Euskadi,
fondando il Partito Nazionalista Basco (Pnv). E anche la Catalogna piega verso
l’indipendentismo. Ma la Navarra resta invece una roccaforte carlista. Per
questo durante la Seconda Repubblica rifiuta di aderire al governo autonomo
basco; per questo durante la guerra civile si schiera con Franco, a differenza
delle tre province di Vizcaya, Guipúzcoa e Álava; e per questo dopo il ritorno
della democrazia pretende di nuovo un’autonomia distinta.
È proprio questa divisione uno dei pretesti per cui l’Eta ha
rifiutato la nuova Costituzione, continuando la lotta armata. Ma d’altra parte
i dati elettorali sono inequivocabili. Nei Paesi Baschi la maggioranza dei
cittadini ha sempre votato per i vari partiti regionalisti baschi: più di
destra come il Pnv o Eusko Alkartasuna;
e più di sinistra, come le liste filo-Eta di Batasuna o Pctv. La Navarra è invece una roccaforte del
centro-destra: sia pure attraverso un’Unione del Popolo Navarro (Upn) che sta
ai popolari un po’ come la Csu bavarese in Germania alla Cdu. D’altra parte,
mentre l’autonomia concessa a Euskadi dalla Repubblica era stata soppressa dal
franchismo, il regime aveva invece tutelato il particolarismo di origine
feudale dei Fueros di Navarra, poi
trasposti dalla democrazia nell’attuale regime autonomico.
La proposta fatta da Zapatero nel corso del negoziato di
Ginevra, dunque, è stata quella di creare tra Euskadi e Navarra un organo
istituzionale comune, con capacità esecutiva e di proposta legislativa. Ci
sarebbe stata inoltre una commissione interparlamentare, costituita in quota
paritaria da rappresentanti “ceduti” dalle due assemblee. E a loro favore gli
stessi organi legislativi delle due Comunità avrebbero dovuto cedere competenze.
Assieme, la nuova macroregione avrebbe dovuto poi trattare con la Francia. Ed
era a ciò che aveva alluso Zapatero a gennaio, quando aveva detto in
un’intervista di “aver parlato con l’Eta di politica, ma senza fare nessuna
concessione”. Sembra però che ci sia stata qualche incongruenza nella
trasmissione delle proposte: per colpa di una mediazione di rappresentanti del
governo britannico e del partito nazionalista nord-irlandese Sinn Féin che avevano sperato di
ripetere il “miracolo” della pace nell’Ulster ispirandosi a quel modello, ma
senza conoscere invece a fondo lo scenario basco. Comunque, dopo che marzo del
2006 l’Eta annuncia una tregua, a luglio la discussione interna
all’organizzazione armata basca sfocia in un rifiuto della proposta. Jesús Eguiguren, presidente dei socialisti
baschi, ha ipotizzato addirittura un disagio esistenziale degli etarras, di fronte alla prospettiva
della smobilitazione. Come che sia, nell’agosto del 2006 l’Eta avverte che il
processo negoziale “è in crisi”. Per raddrizzarlo si tiene un incontro diretto tra
i rappresentati del partito pro-Eta, e messo fuori legge, di Batasuna; dei moderati del Pnv, partito
di governo locale; e dei socialiasti baschi, referenti del governo nazionale.
Ma i rappresentanti di Batasuna si
presentano con un ultimatum: fusione tra le comunità di Euskadi e Navarra, o
fine del negoziato. “Non trattiamo con la pistola alla tempia” risponde il Pnv,
rendendosi conto che la Navarra non accetterà mai il diktat. L’ultima riunione,
nel maggio del 2007, non può che confermare lo stallo. E così sono ripresi gli
attentati e gli omicidi.