Cosa c’è dietro la campagna diffamatoria contro Berlusconi
22 Giugno 2009
L’operazione diffamatoria a carico del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che pare implichi anche la co-regia di Massimo d’Alema che dopo la dichiarazione maldestra da Bari con cui aveva ipotizzato una scossa politica ora cerca di tirarsene fuori, non ha come obbiettivo quello di rafforzare il Pd. Bensì quello di abbattere l’attuale coalizione di governo ed insediare al suo posto un governo tecnico o misto. Che, col pretesto di traghettare l’Italia fuori dalla attuale crisi morale ed economica, attuerebbe una nuova ondata di privatizzazioni e di interventi statali a pro’ di soggetti privati bisognosi di pubblico denaro, giustificandoli con il pubblico bene. Come è accaduto in Gran Bretagna e in Belgio e Olanda quando il governo ha allargato i cordini della borsa per i salvataggi delle grandi banche.
I giornalisti di “Repubblica” e degli altri giornali che conducono questa campagna diffamatoria avvalendosi di materiale segreto delle procure della Repubblica, sapevano già in partenza che la loro campagna avrebbe nuociuto al Pd in quanto avrebbe coinvolto importanti leader politici regionali e locali pugliesi di tale partito. Non potevano non sapere che le “hostess” di Bari che lavorano per l’imprenditore Tarantini nelle pubbliche relazioni avevano molti rapporti con i politici del Pd della Puglia. E quindi sanno bene che nella misura in cui si getta fango su Berlusconi per fatti privi di rilevanza penale, si avvalora l’ipotesi che nel Pd pugliese ci sia del marcio, dotato di rilevanza penale.
D’altra parte questi giornali non possono ignorare che se l’opinione pubblica credesse che dietro questa campagna di stampa vi è un complotto ordito dal Pd, l‘immagine di questo partito ne sarebbe gravemente danneggiata dati gli spregiudicati metodi illegali con cui viene condotta questa lotta personale. La tesi per cui il fine giustifica i mezzi, propria dei partiti comunisti, è stata condannata dal tribunale dell’uomo della strada, che è più autorevole di qualsiasi tribunale ufficiale.
Non è certo sfuggito all’opinione pubblica che le fotografie sotto sequestro giudiziario scattate da Antonello Zappadu con lunghi appostamenti nei pressi di Villa Certosa e ad Olbia all’arrivo dell’aereo del presidente del consiglio con ospiti privati, non potevano non comportare dei complici che lo aiutassero a violare i controlli dei servizi di sicurezza e che lo informassero sull’arrivo di ospiti da fotografare. Non è sfuggito all’opinione pubblica che Antonello Zappadu, che fotografava clandestinamente con il teleobbiettivo gli ospiti di Berlusconi, se fosse stato scoperto sul fatto avrebbe rischiato grosso perché si sarebbe potuto supporre che facesse parte di qualche organizzazione terroristica per cui riprendeva la scena di futuri attentati. E’ pertanto logico supporre che Zappadu non agisse da solo e che in suoi prolungati appostamenti facessero parte di un piano preordinato. E questo deve essere stato organizzato da persone tanto potenti e credibili da potergli garantire che avrebbe potuto portare a termine la sua impresa rischiosa senza essere acciuffato come un ingenuo paparazzo, dopo il primo o il secondo appostamento.
Inoltre solo uno sprovveduto può credere che fosse possibile realizzare le fotografie e le intercettazioni telefoniche di cui si alimenta la campagna giornalistica riguardante le collaboratrici di Gianpaolo Tarantini senza la complicità di qualche persona addetta ai servizi di sicurezza di Palazzo Grazioli. Come può una escort pugliese rischiare di entrare nella dimora privata del presidente del consiglio con una macchina fotografica nascosta nel suo abbigliamento se non le è stato detto che qualche guardiano chiuderà un occhio? E che senso ha supporre che essa porti con se quella macchina fotografica, “per sua difesa”, dato che lei fa di professione la attività di accompagnatrice di persone importanti? Pare ovvio supporre che volesse usare quell’apparecchio per scattare foto che le servissero per un ricatto o per la cessione con lucro a qualcuno che intendeva procurasene per una campagna diffamatoria. Questo qualcuno non può essere certo Gianpaolo Tarantini, dato che lui si era appena trasferito a Roma per esercitarvi una attività di solito svolta da signore del gran mondo: quella di organizzare serate in cui si invitano persone importanti che ci vanno gratis per svago e assieme ad esse si invitano altre persone che pagano per avere l’occasione di conoscere gli ospiti big. A volte sperando di entrare in relazione con loro ma a volte anche solo per potersene vantare con altri. E come si può immaginare che il Tarantini sia talmente fesso o pazzo da mettere in piedi, a Roma, non una agenzia di pubbliche relazioni come quella che ho appena descritto ma una agenzia “pubblica” di donne squillo così da rischiare di farsi arrestare al primo colpo per sfruttamento della prostituzione? E’ evidente che anche lui è stato “incastrato”. E pertanto che il complotto esiste.
Ma la diffamazione a carico di Silvio Berlusconi, sino ad ora, è basata su prove costruite ad arte che non reggono a un serio esame e su presunte prove che non sono state divulgate con la scusa patetica di non volere violare il segreto istruttorio, così tante volte violato.
L’ipotesi che Silvio Berlusconi abbia gestito uno sfruttamento di prostituzione assieme a Gianpaolo Tarantini, comunque, è grottesca. Al massimo egli, come ha detto il suo avvocato, sarebbe stato l’“utente” sfortunato dei servizi di una donna che ha deciso di prostituirsi allo scopo di ricavarne del denaro fotografando la persona per cui si è mercificata o che si è associata ad una amica che ha fotografato il suo mercimonio. Non vedo perché scandalizzarsi del fatto che il professor Ghedini ed io usiamo il termine “utente”, che allude alla prestazione sessuale o para sessuale come a una merce. La “mercificazione “ di sé medesimi è un fenomeno così denominato nella sociologia prima ancora che nel diritto. Il termine vale sia per la prostituzione femminile sia per quella maschile, quindi non ha niente di anti femminista. Ed è particolarmente appropriato quando la persona che si fa merce, lo fa per un ricatto dell’utente e quindi si mercifica due volte. Chi intinge la sua penna con compiacimento in queste mercificazioni vere o presunte, non può giustificarsi sostenendo che opera sulla base di principi etici. Il fine non giustifica i mezzi.
D’altra parta da quando Silvio Berlusconi è sulla scena politica, contro di lui si è esercitata una costante persecuzione, prima con martellanti iniziative giudiziarie, ora con queste iniziative di moralismo cinico, con un linciaggio mediatico che non si può spiegare solo con l’obbiettivo dell’aumento di tiratura dei giornali. Ciò serve a gruppi finanziari e industriali che vorrebbero rovesciare Berlusconi e liquidare l’era berlusconiana per fruire dei vantaggi di una nuova ondata di privatizzazioni con le carte segnate e di altri benefici a loro favore, da parte di un governo a cui possono dare ordini. Ritorna cioé la fase di mattanza, che ho visto nascere e crescere, di “mani pulite” che servì ai capitalisti senza capitali per impadronirsi delle vacche grasse che allora facevano gola.
Fra le vacche grasse che fanno gola adesso fanno spicco la Rai, la Cassa Depositi e Prestiti, Finmeccanica e le reti delle imprese di pubbliche utilità pubbliche vale a dire di Eni ed Enel e delle ex imprese municipalizzate. La cannibalizzazione della Rai, analoga a quella che fu attuata per Italtel e per la Finsider, servirebbe per dare a operatori italiani del ramo e ad operatori italiani in cerca di un nuovo ramo, delle aziende e degli impianti particolarmente interessanti nella nuova epoca del digitale terrestre. Chi si insediasse nella Cassa depositi e prestiti potrebbe risolvere molti problemi bancari di sotto capitalizzazione. Poi ci sono le reti delle imprese locali dei servizi di pubblica utilità e dei due colossi Eni, Enel. Togliendo la proprietà delle reti a queste due grandi imprese si otterrebbero due risultati: quello di dare ai nuovi proprietari una ricca rendita garantita e quello di ridurre la capacità competitiva di due compagnie il cui successo internazionale dà molto fastidio ai concorrenti esteri. Finmeccanica, con i suoi contratti negli Usa nel settore difesa è un boccone ghiotto, il cui controllo può essere ottenuto con un piccolo investimento se ci si appoggia a qualche banca d’affari.
L’elenco non è finito. Ma non c’è bisogno di andare oltre. C’è solo da aggiungere una frase di Marx, che riguarda gli eventi della storia che si ripetono e che la prima volta si presentano come tragedia. E la seconda come farsa.