Cosa c’è nei dossier segreti che Lukashenko ha dato a Berlusconi

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Cosa c’è nei dossier segreti che Lukashenko ha dato a Berlusconi

02 Dicembre 2009

Di che natura possono essere i documenti del Kgb che Lukashenko consegnerebbe a Berlusconi? Un primo problema è di comprendere a quale Kgb ci si riferisca: il Comitato per la Sicurezza dello Stato bielorusso ha infatti gli stessi nome, sigla e funzione del Kgb sovietico, ma si tratta di un servizio nato dopo la dissoluzione dell’Urss, così come il Servizio di Sicurezza Federale (Fsb) russo. I tre simboli, con la spada e lo scudo, sono peraltro molto simili, e certamente la scelta di un tale acronimo non è una nostalgia innocente.

Il presidente bielorusso è infatti un noto nostalgico dell’epoca sovietica, e dopo aver preso il potere ha restituito il rango di Eroe Nazionale a Feliks Ėdmundovič Dzeržinskij: il bielorusso fondatore di quella Ceka che fu il primo servizio segreto dei bolscevichi al potere, e l’antenato del Kgb. È pure evidente che deve esserci stata una continuità tra apparati e uomini. Avvenne pure in Italia nel passaggio tra fascismo e democrazia, in cui pure c’era stata di mezzo un’epurazione ben più pesante di quella post-sovietica. C’è stata anche una continuità di archivi? E nel caso, il Kgb bielorusso di oggi rispetto al Kgb sovietico di ieri ha ereditato solo una documentazione regionale? O in qualche modo gli è arrivato anche qualcosa da Mosca? E in che modi?

Lasciamo per il momento da parte questo problema. E andiamo ai contenuti. Lukashenko parla dei risultati di “una ricerca certosina” da parte dei funzionari dell’intelligence sugli italiani scomparsi in Bielorussia durante la Seconda guerra mondiale e su quelli perseguitati per ragioni politiche negli Anni ’30. In realtà, le stratificazioni del martirologio italiano nell’era di Stalin non sono due, ma addirittura tre. Il primo, appunto, è costituito dai comunisti italiani esuli dal fascismo che furono travolti dalle purghe come sospetti deviazionisti: gulag-italia.it, un sito internet a cura del Centro studi Memorial di Mosca e della Fondazione Feltrinelli di Milano, fornisce un elenco di 1.025 nomi, completo di note biografiche.

Ma poi ci sono le 125 famiglie di discendenti di emigrati pugliesi che durante l’800 si erano stabiliti nella città crimeana di Kerč’, e che di lì furono deportati come “nazionalità sospetta” durante la Seconda Guerra Mondiale. Dopo di che c’è il terzo strato, il più grosso, che è quello dei soldati dell’Armir presi prigionieri, e dei quali non tornarono in 60.000. E qui c’è il capitolo oscuro dei corsi di indottrinamento cui questi prigionieri furono sottoposti, e che furono gestiti da comunisti italiani. E non solo da esuli antifascisti, ma anche da gente che aveva “esagerato” nel periodo post-25 aprile, e che per questo erano stati costretti a levare le tende: avendo compiuto atti che andavano anche oltre i limiti pur larghi dell’amnistia di Palmiro Togliatti.

La Bielorussia, però, era un’area marginale rispetto a un universo concentrazionario che tendeva piuttosto ad estendersi verso la Siberia e l’Asia Centrale. L’Unir, Unione reduci italiani in Russia, cita in particolare i campi di Suzdal, Kameskovo, Tambov e Tiomnikov. Sono tutti a est di Mosca. E anche nella mappa di gulag-italia.it il luogo noto di deportazione o detenzione di italiani più vicino alla Bielorussia è l’ucraina Kiev. Lukashenko ci rivelerà forse l’ubicazione di qualche lager sconosciuto?
Anche questa, è una possibilità. In attesa, però, cerchiamo di restare sul certo. E il certo è che in Bielorussia durante l’occupazione tedesca ci furono lager in cui la Wehrmacht mandò italiani catturati dopo l’8 settembre. Molti ci morirono: ed è questo uno dei misteri cui Lukashenko potrebbe riferirsi.

Altri riuscirono a scappare, consegnandosi n genere ai sovietici che erano poco oltre le linee. E altri ancora furono appunto trovati dall’Armata Rossa quando rioccupò le aree di in cui i lager tedeschi erano ubicati. Ma per gli italiani non fu la fine dell’inferno. Si sa ad esempio che 152 prigionieri italiani, di cui 40 scampati alla strage di Cefalonia, quando nel 1945 riuscirono a fuggire dal Lager 240 di Borisoff per consegnarsi ai sovietici, furono  internati di nuovo. In quel caso andò bene: riuscirono a convincere i sovietici di essere antinazisti, e furono liberati. Ma i prigionieri italiani dello Stolag 352 Gepruft passarono invece direttamente dal filo spinato tedesco a quelli sovietici di Smolensk e di Grasnogorsk. Molti in questo passaggio dai lager al gulag si sono poi persi nel nulla. E su di loro gli archivi bielorussi potrebbero effettivamente dare qualche chiave interessante.

Andiamo poi alle purghe dei comunisti italiani. La lista di gulag-italia.it è on line, ogni lettore potrà controllarla da solo anche con l’apposito motore di ricerca, e di lì risulta che di arrestati in Bielorussia ve ne fu almeno uno. Era il vogherese Giuseppe Luigi Lombardi, che col nome di Guron Ivan Gerardovich era diventato colonnello dell’Armata Rossa, e che mentre era di servizio a Borisov fu accusato di spionaggio. Condannato a tre anni, fu liberato nel giugno del 1941 e rispedito a Borisov in tempo per essere catturato dai tedeschi, rimanere nelle loro mani 16 mesi, e morire tre giorni dopo la liberazione. Anche lui, dunque, vittima dell’infernale tenaglia tra comunismo e nazismo.  Ma forse non è che la punta di un iceberg, e  Lukashenko potrebbe forse far conoscere altri casi.

Come poi hanno rivelato quel po’ che degli archivi sovietici sono riusciti a far conoscere Gordievskij, Mitrokhin e Bukovsij,  tra le carte del Kgb potrebbero esserci dati su altri misteri italiani. Finanziamenti al Pci, al Psiup, a Paese Sera o a altri giornali simpatizzanti, ad esempio. Affari con le Coop. Aiuti alle Br o a altre sigle del terrorismo rosso. E anche liste di agenti dei servizi segreti, anche se lì la bufala è sempre in agguato: è nota l’abitudine di certi “residenti” di millantare come contatti le chiacchiere al bar o ai ricevimenti, pur di mostrare la loro bravura; e viene peraltro il dubbio se l’inclusione di agenti chiaramente “inconsapevoli” non fosse un modo per procurare comodi alibi nel caso queste liste venissero scoperte. Su questo, se c’è, per ora Lukashenko e Berlusconi non hanno però ancora anticipato niente.