Cosa dice davvero Pisapia su aborto, disabili, famiglia, immigrati e scuola?
24 Maggio 2011
In questa tornata elettorale si è parlato troppo poco di quali idee per la propria città (e quindi quale idea di città) i candidati hanno e propongono. Insomma, si è parlato troppo poco dei programmi, che tutti, anche la stampa, hanno tranquillamente ignorato. In che cosa, concretamente, il candidato di sinistra si differenzia da quello di centrodestra?
Il programma di Giuliano Pisapia per Milano, per esempio, lascia molti interrogativi aperti; la scelta delle parole, e ancora di più, la scelta dei silenzi, rende assolutamente necessaria una maggior chiarezza nei confronti degli elettori. Provo quindi, almeno su alcuni temi che mi interessano particolarmente, a fare qualche domanda un po’ più specifica.
Prendiamo, per cominciare, il capitolo “benessere, salute e coesione sociale“. E’ evidente che Pisapia vuole ampliare lo spazio di competenza del comune (“il sindaco di Milano deve riappropriarsi della propria funzione di responsabile della salute pubblica”), ma in quale direzione? Leggiamo che occorre”riqualificare l’offerta dei Consultori familiari in rapporto alle caratteristiche della domanda, con riferimento anche all’esigenza di una politica attiva di prevenzione e ascolto dei problemi di disagio e salute dell’età adolescenziale, in rapporto anche con le istituzioni scolastiche. Il diritto all’assistenza in caso di interruzione volontaria di gravidanza deve essere garantito attraverso la corretta attuazione della Legge 194.”
Che cosa significa? La legge 194 è “correttamente applicata” in regione Lombardia, e ricordiamo che i dati (dalle percentuali di medici obiettori a quelle degli interventi di Ivg) sono in linea con il resto d’Italia. Se c’è una parte della legge ancora disapplicata è, come è noto, la prima, cioè quella che riguarda il sostegno alle maternità difficili e le alternative all’aborto.
Le “politiche attive” nei confronti degli adolescenti significano offrire loro anticoncezionali e pillole del giorno dopo, scavalcando il consenso dei genitori? Nell’ “ascolto del disagio adolescenziale”, quale è il ruolo della famiglia, che resta l’unico luogo dove il minore può crescere e formarsi all’interno di rapporti affettivi?
Ricordiamo inoltre che le politiche cosiddette di prevenzione dell’aborto tra le minori, quando consistono in facilitazioni nell’accesso a farmaci contraccettivi o abortivi, si sono rivelate in altri paesi europei un clamoroso fallimento. La posizione di Pisapia in questo ambito si può dedurre anche dalle leggi sull’aborto di cui è firmatario. Proposte che abbassano a 16 anni l’età in cui si può abortire, e eliminano tutti i vincoli imposti dalla legge 194: dal limite di 90 giorni, fino all’obbligo di abortire in strutture pubbliche. Vorremmo quindi una risposta meno vaga ad alcune domande.
Cosa significa per Pisapia la “corretta attuazione della 194”? Come intende prevenire l’aborto? E come intende intervenire nel caso delle minori? E per le straniere? Rispetto alla cosiddetta “contraccezione di emergenza”, sono in vista interventi per le minori? E sulle straniere? Come intende integrare la famiglia nell’ascolto dei problemi di disagio dell’età adolescenziale?
Si affronta poi il tema della disabilità, anche qui in chiave separata dalle famiglie, nonostante le ricerche abbiano sottolineato come la famiglia sia sempre un “facilitatore”, mentre i servizi sociali non sempre lo sono, anche laddove sono efficienti e di qualità. Questo vale soprattutto per le disabilità estreme e più gravi, per le quali i progetti di vita autonoma non bastano.
In che modo si vogliono affrontare le disabilità estreme, e come si prevede di aiutare le famiglie?
Passiamo al capitolo “Diritti dei bambini, delle bambine e degli adolescenti“, in cui si legge: “si propone l’istituzione del “Garante comunale dei diritti dei bambini e dei ragazzi. Per gli adolescenti è necessario prevedere la creazione di luoghi di aggregazione nuovi, oltre a quelli attuali, e l’estensione dei diritti di partecipazione alla vita pubblica.”
Quali sono i compiti del “Garante comunale dei diritti dei bambini e dei ragazzi“? Quali sono i diritti dei bambini e dei ragazzi? Chi stabilisce questi diritti? In che modo le famiglie di appartenenza sono coinvolte? Quali potrebbero essere i nuovi luoghi di aggregazione pensati per gli adolescenti?
C’è poi lo spazio dedicato a “Famiglie plurali: un registro per i diritti“, che lascia particolarmente perplessi, e in cui si propone: “parità dei diritti e dei doveri per tutte le comunità affettive e di vita che vogliano essere riconosciute dall’amministrazione comunale (casa, assistenza, scuola, cultura, sport). La comunità cittadina è caratterizzata dalla presenza – in continua crescita – di forme di legami affettivi e di vita stabili e durature, estranee all’istituto del matrimonio, ed è doveroso che l’Amministrazione Comunale promuova e tuteli i diritti costituzionali attinenti alla dignità ed alla libertà della persone, contrastando ogni forma di discriminazione, in particolare quelle riferite agli orientamenti sessuali. Verrà quindi riconosciuta la pluralità delle forme di comunione di vita (…). Il registro delle unioni civili, che il Comune intende istituire, non è un atto simbolico, ma funzionale all’adozione di politiche e di atti non discriminatori.”
Sempre in base ai progetti di legge presentati da Pisapia, sappiamo che quest’ultimo è favorevole al matrimonio tra omosessuali, e non soltanto al riconoscimento delle unioni civili, con conseguente estensione alle coppie gay dei diritti garantiti dal matrimonio (reversibilità della pensione o possibilità di adottare un minore, per esempio). Sottolineare che il registro non è solo un fatto simbolico, ma offre diritti concreti, vuol dire andare in questa direzione?
Inoltre: che significa che TUTTE le comunità affettive e di vita che vogliono essere riconosciute dall’amministrazione comunale avranno stessi diritti e doveri? Forme di convivenza poligamica – magari matrimoni contratti regolarmente nei paesi di origine e nulli nel nostro – rientrano nella “pluralità delle forme di comunione di vita” che il Comune promette di riconoscere? Quali sono le politiche ed atti non discriminatori che si intende attuare nei confronti degli iscritti al registro delle unioni civili?
Passiamo, poi, ai diritti di rappresentanza e partecipazione dei cittadini immigrati: “Per coinvolgere gli stranieri nelle decisioni politiche della città è fondamentale riconoscere il diritto di voto. Per i referendum e le altre consultazioni comunali, tale diritto può essere introdotto con una semplice modifica dello Statuto”.
In base a quale criterio si vuole dare il diritto di voto agli stranieri alle consultazioni cittadine? In base alla residenza, al permesso di soggiorno, agli anni di permanenza in Italia? Non esiste il pericolo concreto di creare ghetti etnici e culturali, zone della città in cui una comunità si isoli e si chiuda in se stessa? Non si rischia di ripercorrere la strada (altrove ormai fallimentare) del multiculturalismo?
Quando Pisapia affronta l’argomento scuola, batte molto sulla difesa della scuola pubblica: “Innanzitutto, l’impegno per la scuola pubblica, perché è lo strumento fondamentale per la formazione del cittadino come soggetto cosciente dei propri diritti, dei doveri civici e di relazione sociale. Qualità della scuola pubblica, cura del ruolo sociale e della retribuzione degli insegnanti, qualità delle strutture (sedi, laboratori, ecc.) sono la priorità.”
Ma cos’è la scuola pubblica per Pisapia? E’ solo quella statale? E la libertà di scegliere la scuola per i propri figli è un diritto dei genitori o no? Credo che agli elettori, in particolare a chi è cattolico, una risposta a queste domande interesserebbe. E mi sorprende che gli amici dell’Udc, a cui Pisapia ha aperto le braccia (dicendosi disponibile al confronto, per esempio sul tema della famiglia), non chiedano qualche precisazione e qualche chiarimento su principi che dovrebbero star loro a cuore.