Cosa prevede l’accordo Ue per le restrizioni agli hedge fund
19 Maggio 2010
I ministri economici dell’Unione europea hanno raggiunto un accordo per regolare in maniera più restrittiva l’attività degli "hedge fund", i fondi speculativi accusati di avere avuto una parte di responsabilità nella crisi dei mercati finanziari. Proprio da Bruxelles, ieri, Tremonti a margine della riunione Ecofin ha ricordato che "l’Italia ha ricevuto nel dicembre scorso indicazioni dalla UE per la correzione dei propri conti pubblici. Noi intendiamo rispettare quegli impegni e quei numeri. Non c’è stato chiesto nient’altro".
L’obiettivo principale della bozza di direttiva sugli hedge fund è l’armonizzazione del controllo e della sorveglianza sui "rischi che i fondi di investimento alternativo pongono a investitori, controparti, altri attori del mercato e alla stabilità finanziaria", consentendo l’attività in Europa di tali fondi a condizione che seguano stretti parametri.
La decisione dell’Ecofin segue il voto di ieri sera della Commissione economica dell’Europarlamento sulla proposta legislativa della Commissione Ue, ma i testi non sono uguali. Il via libera dei ministri finanziari europei era dato per scontato nonostante il mal di pancia del Regno Unito che fin dal momento della costituzione del nuovo governo si era dichiarato pronto a non erigere barricate politiche. "Sappiamo di dover scegliere le nostre battaglie e questa l’avevamo già persa", aveva dichiarato nei giorni scorsi una fonte vicina al cancelliere dello Scacchiere Gorge Osborne (8 hedge fund europei su 10 fanno riferimento a Londra). In ogni caso la presidenza spagnola ha preso nota delle riserve espresse da alcuni paesi (tra i quali in primo luogo il Regno Unito) sulle regole per i manager di fondi dei paesi extra Ue. Ora potrà cominciare il negoziato con l’Europarlamento sulla legislazione che copre sia gli hedge fund che altri fondi alternativi come quelli private equity, fondi immobiliari e per le materie prime.
Nove i punti del testo approvato dall’Ecofin. Per quanto riguarda l’autorizzazione, i manager dei fondi alternavi dovranno ottenerla dall’autorità competente dello stato membro in cui risiedono. Una volta autorizzato il manager può operare con gli investitori professionali in qualsiasi stato membro. È questo il famoso "passaporto". Il manager dovrà rispettare una serie di vincoli prudenziali in relazione alla solidità del capitale, la gestione de rischio incluso il rischio di liquidità. Dovrà anche fornire informazioni dettagliate e a scadenze regolari sui principali mercati e strumenti che tratta, sulle esposizioni principali e sulla concentrazione del rischio. Si tratta di elementi molto sensibili, basti pensare che finora tali fondi sono sfuggiti a qualsiasi controllo. Inoltre dovrà fornire una "chiara descrizione" delle strategie di investimento che deve riguardare tutti i tipici asset e l’uso del "leverage". Per quanto riguarda i vincoli del "leverage" (l’uso della leva del debito) per finanziare investimenti, le autorità di supervisione avranno il potere di fissarne i limiti per assicurare la stabilità del sistema finanziario.
I manager di fondi alternativi che ricorrono alla leva del debito "su base sistematica" dovranno fornire informazioni sul "leverage" aggregato e delle principali fonti. Le stesse autorità dovranno condividere le informazioni rilevanti con altre autorità competenti.
Ancora: la direttiva introduce disposizioni specifiche per i fondi che acquisiscono quote di controllo di società. In particolare per quanto concerne l einformazioni agli azionisti e ai rappresentanti dei dipendenti, ma ciò non avviene per le Pmi (si creerebbero, altrimenti, svantaggi per le start-up e il venture capital).
Sulla delicata questione dei fondi stabiliti nei paesi terzi, i manager residenti nella Ue potranno operare con fondi localizzati in quei paesi a patto che rispettino solo alcune delle disposizioni contenute nella direttiva e che lo stato membro lo permetta. I manager non Ue potranno operare in uno stato membro con fondi stabiliti nei paesi terzi a patto che ci sia una "sufficiente" informazione per investitori e autorità di supervisione e ci sia "una appropriata cooperazione" tra le autorità Ue e le autorità del paese terzo ai fini della supervisione del rischio sistemico.
In sostanza, il "passaporto" europeo sarà generalizzato solo per i fondi stabiliti in Europa e che hanno un gestore europeo. I fondi con sede nei paesi terzi con un gestore europeo (è il caso della maggior parte dei fondi con base a Londra) dovranno rispettare una serie di regole e non avranno un lasciapassare generalizzato e globale. È questo l’approccio contro cui si è battuto il Regno Unito e che ha irritato molto gli Usa. Il governo americano ha più volte accusato la Ue di protezionismo rendendo difficile agli hedge fund "made in Us" di trovare investitori in Europa. Attualmente i fondi alternativi devono chiedere all’autorità di ciascun paese il permesso di investire.
Infine l’esenzione per i fondi minori: la direttiva potrà non applicarsi ai fondi che gestiscono asset inferiori a 100 milioni di euro se ricorrono al "leverage" e a 500 milioni se non vi ricorrono. I fondi piccoli però saranno sottoposti a regole minimali di registrazione e pubblicazione delle informazioni. Sono parecchie le differenze tra il testo varato dall’Europarlamento ieri a tarda ora e quello dei ministri.
In sostanza, i ministri finanziari propendono per soluzioni più restrittive per la gestione dei fondi di paesi terzi. La Commissione economica dell’Europarlamento vuole un sistema di regole in base alle quali tutti i gestori di hedge funds potrebbero ottenere un ‘passaportò europeo. Ci si interroga sugli effetti politici della decisione dell’Ecofin presa a maggioranza malgrado le reticenze britanniche. "Siamo una comunità e ci sono anche decisioni contro un solo stato membro – ha indicato il ministro delle finanze Wolfgang Schaueble – dobbiamo essere in grado di prendere decisioni e una chiara maggioranza considera questa legge necessaria". Il governo laburista di Gordon Brown aveva ottenuto in marzo un rinvio per evitare che la direttiva sugli hedge funds potesse diventare materia di polemica elettorale e il nuovo governo non aveva alcun margine di intervento. Ora ci si aspetta che i britannici si facciano sentire all’Europarlamento. Il voto è previsto in plenaria a luglio e da oggi si comincia a negoziare con il Consiglio.
Più in generale, la necessità di una regolamentazione e della supervisione sugli hedge funds sarà oggetto di nuove discussioni internazionali a livello di G20, dell’Organizzazione internazionale degli organismi di controllo dei mercati finanziari e del Financial Stability Board.