Cosa può fare l’Occidente con Putin nel 2023
30 Dicembre 2022
Bisogna entrare nella testa di Putin per capire quali sono i rischi che corre l’Occidente. Più di trenta anni fa, un oscuro ufficiale del Kgb, assiste al crollo dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia. Mentre scala il potere russo, segue i rivolgimenti in Ucraina tra filorussi e filoeuropei, fino agli scontri di piazza a Euromaidan del 2014. Nel corso degli anni, Vladimir matura un occidentalismo viscerale e revancista.
Con l’intervento russo in Siria e i deliberati attacchi contro infrastrutture e civili, Putin capisce che America e Occidente sono deboli. Così, nel 2014 passa all’azione e annette la Crimea. Le proteste di nuovo sono flebili. Il referendum farsa sulla Crimea del 16 marzo viene definito illegale da Onu, Usa e Consiglio europeo ma nessuno muove un dito per il primo colpo inferto dai russi alla sovranità ucraina.
Nella testa di Putin
Anzi, in Occidente i populisti in cerca di una identità, anche fittizia, esaltano il duce russo come modello di uomo d’ordine e bastione dei valori. Putin ne approfitta, foraggia il separatismo russo nel Donbas e alimenta la propaganda antioccidentale in Occidente. Nell’agosto del 2021, Putin assiste alla vergognosa disfatta in Afghanistan degli occidentali. Kabul abbandonata alla marmaglia fascista islamica.
A questo punto, il duce è convinto che l’Occidente ondeggia senza senza più un timone. Ritiene che il timone potrà darglielo lui con la sua banda di filosofi da strapazzo a cui paga l’attico a Mosca, ministri ubriachi di vodka e potere, strutture della forza che gli raccontano tutto quello che vuol sentirsi dire. Così il 24 febbraio dell’anno scorso invade l’Ucraina. L’operazione speciale in realtà è il tentativo di rovesciare le istituzioni democratiche ucraine sostituendole con un governo fantoccio. Ma Zelensky non scappa. Stavolta Putin ha fatto male i conti. Anche gli amici che aveva in Occidente, obtorto collo, lo scaricano uno dopo l’altro.
I russi umiliati sul campo di battaglia
In dieci mesi il tanto decantato esercito russo, una sarabanda di coscritti raccattati con la forza per strada, mercenari e ceceni il cui unico collante è stuprare donne e ragazzine, viene umiliato ripetutamente sul campo. Usare l’artiglieria pesante dell’era sovietica può servire a distruggere l’Ucraina, ammazzare civili inermi, terrorizzare il popolo occupato, ma non serve a spezzare la resistenza di Kiev. Gli ucraini erano pronti, motivati a difendere la loro patria, tecnologicamente equipaggiati dall’Occidente. Perché l’innovazione, la tecnologia, sono in Occidente, non in Russia. La missione speciale fallisce.
Ora, nel freddo dell’inverno, Putin ha regalato a russi, ucraini ed europei una lunga guerra con entrambe le parti che si preparano a nuove offensive nelle settimane e nei mesi a venire. Nuovi morti, nuovi missili, nuovi armi. La domanda a questo punto è cosa vuol fare questo Occidente con Putin nel 2023. Anche nel caso che i russi dovessero ritirarsi dalla Ucraina, Crimea compresa. Forse sconfiggeremo Putin, grazie alla armi occidentali e al coraggio degli ucraini, scrive Lord Dannatt, ma l’Occidente è davvero preparato per quello che verrà dopo?
Non ripetere gli errori del passato
Dal prossimo anno non abbiamo altra scelta se non quella di garantire la nostra sicurezza. Questo può avvenire solo aumentando la spesa per la difesa. Aumentando la deterrenza lungo i confini con la Russia, rafforzare i confini Nato che si sono allargati a Svezia e Finlandia. Prevenire è meglio che curare, come dimostra il caso Putin. La deterrenza è fondamentale per evitare che in Europa possano ripetersi gli anni Trenta del secolo scorso. Quando democrazie deboli, pensando che il duce di allora potesse accontentarsi, rischiarono di essere travolte dal nazifascismo.