Covid in Cina, perché il Dragone resta una minaccia alla sicurezza globale

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Covid in Cina, perché il Dragone resta una minaccia alla sicurezza globale

Covid in Cina, perché il Dragone resta una minaccia alla sicurezza globale

02 Dicembre 2022

Covid in Cina. Sono trascorsi tre anni da quando il Covid emerse nella città di Wuhan dando inizio a una delle più mortali epidemie della storia moderna. Da allora, il regime comunista ha affrontato la pandemia unicamente con la strategia “zero Covid”. Lockdown infiniti, test di massa e quarantene.

Dopo le proteste popolari degli ultimi giorni – le più grandi dalla sanguinosa repressione di Piazza Tienanmen nel 1989 – la Cina però sembra pronta ad allentare la stretta. In grandi città come Guangzhou, Chongqing, Zhengzhou e Pechino, il regime inizia ad applicare con cautela l’isolamento domiciliare, “in alcuni casi”, per i pazienti contagiati a basso rischio.

“Man mano che la variante Omicron diventa meno patogena, più persone sono vaccinate e la nostra esperienza nella prevenzione del Covid-19 si accumula”. Lo ha  detto la vicepremier Sun Chunlan, la ‘Vecchia signora dei lockdown’, citata dalla agenzia Xinhua. “La nostra lotta alla pandemia è in una nuova fase e comporta nuovi compiti”. Nel discorso, molto seguito sui media, Chunlan non ha mai citato le politiche ‘zero-Covid’ del regime.

L’allarme del medico australiano Coatsworth

Davanti alle proteste della popolazione e all’economia in affanno, il Dragone vuole ammorbidire la presa sulla società cinese. Ma dove il numero dei contagi non si riduce, il regime comunista risponde con nuovi e severi lockdown per contrastare la diffusione del virus.

Per la Cina non sarà facile lasciarsi alle spalle la fase più critica della pandemia, vittima della sua stessa politica zero-Covid. In un contesto simile cosa potrebbe accadere se le restrizioni fossero allentate di colpo? Dall’Australia giunge il monito del dottor Nick Coatsworth, direttore esecutivo del Medical Services Group del Canberra Health Services.

Coatsworth ha avuto un ruolo nazionale nella risposta australiana al Covid ed è una delle voci più ascoltate del suo Paese per quanto riguarda la pandemia. Secondo il medico proprio l’insistenza della Cina sulle politiche zero-Covid, con l’imposizione di continui lockdown, rischia di portare a una diffusione “significativa” del Covid a livello mondiale. Nel caso, appunto, di una nuova fase ‘aperturista’.

La preoccupazione di Coatsworth è riconducibile al fatto che sono pochi i cinesi che sono stati esposti al Coronavirus, per cui solo una piccola percentuale della popolazione ha sviluppato livelli efficaci di anticorpi. Inoltre, i vaccini Sinova e Sinofarm si sono dimostrati meno efficaci di quelli Pfizer e Biontech. Ciò nonostante Pechino continua ad essere restia all’approvazione di vaccini stranieri.

I vaccini cinesi sono un fallimento

La Cina non sarà in grado di controllare la diffusione del Covid senza importare i vaccini occidentali che sono più efficienti di quelli cinesi. A dirlo ieri al Financial Times il coordinatore della risposta al Covid della Casa Bianca Ashish Jha. I test empirici suggeriscono che i vaccini cinesi “non sono buoni” quanto quelli di Moderna, BioNTech e Pfizer.

“Sono molto preoccupato dalla capacità della Cina di gestire il virus e di mantenere elevata la protezione della popolazione con i vaccini che hanno. Ritengo che abbiano bisogno di vaccini di qualità superiore”, ha aggiunto Jha.

Come se non bastasse, sottolinea Coatsworth, “in un paese di 1,4 miliardi di persone, solo il 40% degli ultraottantenni e dei soggetti fragili ha ricevuto la terza dose di vaccino Covid-19”. Il timore maggiore riguarda il sistema sanitario nazionale del Dragone. Secondo epidemiologi cinesi ed esperti del settore, gli ospedali non sono pronti per una riapertura, le cui conseguenze potrebbero causare una paralisi del sistema.

Coatsworth appare critico nei confronti di eventuali allentamenti improvvisi delle restrizioni. “Il governo cinese non sarà in grado di evitare il diffondersi del Covid attraverso la popolazione. Assisteremo a un impatto significativo sulla salute generale e sul numero di decessi”.

Come andrà a finire il Covid in Cina?

Secondo il medico australiano, d’altra parte, le proteste di una parte della popolazione ormai sfiancata e frustrata dalle restrizioni sono “inevitabili”. Con la linea zero-Covid “il governo cinese non è stato in grado di convincere la popolazione a farsi vaccinare. E i cinesi dovranno sopportare un peso maggiore per questa ondata”. “Sarà interessante vedere come va a finire” conclude Coatsworth, che non lascia ben sperare per il futuro della Cina.

Intanto la cybersicurezza cinese impone alle compagnie tecnologiche di espandere la censura sulle proteste, scrive il Wall Street Journal. La ribellione dei ‘fogli bianchi’ contro la censura rappresenta oggi la più grande minaccia al potere del presidente Xi Jinping dalla sua salita al potere nel 2012.

La ribellione non è esattamente quello che il leader cinese si aspettava a poche settimane dal terzo mandato di fila ricevuto dal Congresso per guidare il Partito comunista cinese. A Pechino e Shanghai i manifestanti hanno scandito slogan chiedendo le dimissioni di Xi.

Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, commentando l’incontro avuto a Pechino con Xi, ha detto che “per l’Unione Europea il diritto di manifestare è fondamentale”. Secondo il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, la repressione delle proteste in Cina contro le nuove restrizioni anti-Covid è un segnale di debolezza del regime.

Intervistato da Nbc News, Blinken ha detto che “le autorità cinesi devono trovare un modo per combattere la pandemia di Covid-19, venendo comunque incontro alle necessità della popolazione”. Le continue proteste sono emblematiche delle sfide che la popolazione e il regime in primis dovranno affrontare nei prossimi mesi.