Da Montezemolo alla Fiom: tutti gli sconfitti di una battaglia sindacale
26 Aprile 2011
La vittoria della Fiom, aderente a Cgil nei due ricorsi a Torino al giudice del lavoro contro la bulloneria Barge e a Modena contro sette imprese metalmeccaniche locali al tribunale civile, potrebbe essere definita una vittoria di Pirro oppure una vicenda pirandelliana, da cui escono perdenti tutti i presunti vincitori sindacali e sopratutto i lavoratori iscritti a Fiom nonché i due presidenti della Confindustria che hanno firmato rispettivamente il contratto collettivo del 2008 e del 2009.
Vale a dire Luca Cordero di Montezemolo che siglò il contratto del 2008 approvato dalla Fiom-Cgil, oltreché da Fim-Cisl e Uilm-Uil e da Fismic e che è presidente di alcune delle società che hanno perso il ricorso di Modena per avere incautamente applicato ai lavoratori Fiom il contratto del 2009, firmato solo da Cisl, Uil e Fismic e da quasi tutte le altre sigle sindacali ma non da Fiom ed Emma Marcegaglia, che gli succedette ed ha gestito entrambi i contratti fra loro in contrasto, assieme a Federmeccanica. Data la lentezza delle decisioni dei tribunali, non si sa se che queste sentenze possano essere ribaltate da ricorsi, al giudice di secondo grado, posto che alcune delle società contro cui Fiom ha presentato il ricorso vittorioso a Torino o a Modena, decidano di sporgere appello.
La situazione, dopo le due sentenze, è che per i metalmeccanici, in una medesima impresa, aderente a Confindustria, esistono due contratti nazionali di lavoro pienamente validi: quello del 2008 firmato da Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil e quello del 2009, sottoscritto da Fim e Uilm e tutti gli altri sindacati, ma non da Fiom. Mentre il caso di Torino è circoscritto alla Bulloneria Barge, la sentenza del tribunale di Modena riguarda, come dicevo, ben sette imprese e fra esse alcune società blasonate: cioè Emmegi, Rossi, Glem Gas, Titan, Maserati, Ferrari, Case New Holland. Le tre ultime sono del gruppo Fiat di cui Montezemolo era ancora presidente quando entrò in vigore il contratto collettivo del 2009 diverso dal suo e lo applicò nelle proprie imprese. Una di esse, la Ferrari, è anche ora guidata da lui.
Poiché le tre imprese appena citate fanno parte del gruppo Fiat, e due di Fiat auto, Susanna Camusso, con scarso tempismo, si è rivolta a Sergio Marchionne, chiedendogli di "riaprire il confronto". Essa sembra ignorare che Fiat auto è uscita da Confindustria e che pertanto ad essa non si applica né il primo, né il secondo contratto collettivo nazionale e che se lei insiste tanto a chiedere drastiche modifiche al nuovo contratto aziendale di Fiat auto per “Fabbrica Italia”, gli stabilimenti italiani di Fiat auto rischiano di essere chiusi,dato che in quelli esteri del gruppo il nuovo contratto aziendale è già in funzione Ma soprattutto sembra ignorare che il contratto del 2008 scade il 31 dicembre del 2011. E dopo, i lavoratori della Fiom-Cgil a cui esso si applica, se continueranno a seguire i dettami del proprio sindacato, per cui il contratto del 2009 non vale, rimarranno senza contratto.
E il contratto del 2009 dura sino al dicembre del 2012, salvo proroghe, in attesa di uno nuovo. In altre parole, queste sentenze sono arrivate, quando oramai il contratto che esse dichiarano in vita, sta per morire, per decorrenza dei termini. Nella sentenza di Modena il giudice Carla Ponterio, accogliendo le richieste di Fiom, ha condannato le 7 imprese per "condotta antisindacale" perché hanno sostituito illegittimamente il contratto "separato" del 2009 a quello del 2008 che, per i lavoratori aderenti a Fiom, era ancora vigente. Il giudice dice che adesso ci sono due contratti validi, quello del 2008 e quello del 2009. Questo secondo si applica solo ai lavoratori di Fim e Uilm, mentre ai lavoratori Fiom ed a quelli senza tessera continua ad applicarsi il contratto del 2008, salvo che ora chiedano di aderire all’accordo del 2009.
Ciò significa che le parti del contratto del 2009 cosidette "peggiorative" di quelle del 2008 non sono valide per questi lavoratori. Ciò riguarda in particolare le nuove norme sul part time e la possibilità di accordi aziendali in deroga al contratto nazionale. Peraltro, la Fiom, specialista in autogol e Susanna Camusso non sembrano rendersi conto che per alcuni lavoratori il part time non è peggiorativo ma migliorativo e che i contratti aziendali in deroga a quello nazionale, resi possibili dal contratto collettivo del 2009, contemplano anche aumenti retributivi e premi di produzione.
Il buon senso dovrebbe indurre a capire che se una parte dei sindacati ha firmato il nuovo contratto ed è paladina dei contratti aziendali è perché ci sono dei lavoratori a cui ciò piace. I lavoratori della Fiom in tutti i mesi del ricorso hanno lavorato secondo il contratto del 2009. Secondo la tesi del giudice di Modena, ad essi nonostante ciò, si applicava il vecchio contratto. A me pare che il giudice di Modena abbia ragione, almeno per il periodo successivo alla data in cui il ricorso è stato presentato. Rimane salva la possibilità che singoli aderenti alla Fiom dichiarino che pensavano che il ricorso non valesse dal momento della sua presentazione ma da quello della sentenza.
Ma i lavoratori che vogliono stare col vecchio contratto debbono restituire gli aumenti retributivi ed i premi di produzione, che hanno ricevuto in base al successivo contratto? Se la tesi del giudice di Modena è corretta, sembrerebbe di sì. Però tali aumenti e premi sono parte integrante del maggior compenso per il lavoro svolto secondo le regole del contratto del 2009, dunque i lavoratori Cgil avrebbero una perdita economica, mentre il lavoro con modalità diverse lo hanno già fatto. Comunque da ora in poi la loro busta paga sarà più piccola, in particolare lo sarà quella natalizia. Mi sembra, però, che il giudice di Modena abbia una idea dei contratti, diversa da quella che si legge nei manuali di scolastici di diritto civile. In essi si spiega che la adesione per iscritto ai contratti non è necessaria , salvo quando vi sia espressa richiesta di ciò nella legge o in un contratto: sempreché in mancanza di tale assenso scritto, il contratto sia nullo, anziché annullabile. Invero il contratto annullabile è valido sino a che non lo si impugna. E certo, i lavoratori assunti prima del 2009 sapevano che esisteva un contratto del 2008 e che quello del 2009 lo aveva rimpiazzato, anche se potevano ignorare che Cgil non l’aveva firmato. Ma se a Cgil non erano iscritti, la linea di questa a loro non interessava. E non hanno mai obbiettato al nuovo contratto, esso a loro stava bene.
Concludendo, a me pare che i lavoratori non inscritti ad alcun sindacato, che hanno operato con il contratto del 2009, lo hanno accettato con il loro comportamento. Non c’è bisogno che adesso dichiarino che lo voglio scegliere, perché vi avevano aderito mediante “atti congruenti”, come una persona che sale sul tram o che si siede a tavola al ristorante e ordina un pranzo. Comunque, non sarà superfluo che questi lavoratori dicano che cosa vogliono fare ora, dato che il tribunale di Modena che, dato quanto sopra, non sembra del tutto imparziale, lo chiede. La questione difficile da sanare è quella degli iscritti a Fiom, che sono in una situazione molto scomoda, perché da ora in poi debbono scegliere se chiedere il vecchio contratto, rinunciando alla maggior retribuzione dei loro colleghi. Ciò sapendo che dal primo gennaio prossimo, rinunciando al contratto del 2009, saranno senza contratto, salvo che lo accettino allora dopo averlo rifiutato ora.
A che serve la lotta sindacale per via giudiziaria: a vincere le cause mettendo nei guai economici i lavoratori presunti vincitori? Luca Cordero di Montezemolo vorrebbe scendere in campo con il terzo polo. La sua impresa e lui medesimo sono stati condannati per comportamento anti sindacale, perché lui non ha applicato ai lavoratori Fiom il contratto collettivo del 1908 da lui stesso firmato, come presidente di Confindustria. Ignorava il ricorso di Fiom e ignorava che esso aveva un notevole fondamento? Perché non è stato più prudente o non è stato esplicito nell’affrontare la questione? E’ questo il tecnico che dovrebbe risolvere i complicati problemi dell’economia italiana, aumentando la capacità di crescita del nostro paese? Non sarà, invece, che chi vuole tenere i piedi in due scarpe, non riesce più a calzare né l’una né l’altra?