Da oggi il San Carlo può guardare al proprio passato per pensare al futuro

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Da oggi il San Carlo può guardare al proprio passato per pensare al futuro

02 Ottobre 2011

Annunciato nel 1998 e inaugurato finalmente lo scorso 30 settembre alla presenza del Presidente Napolitano e del Ministro Galan, MeMus – Museo e Archivio Storico del Teatro San Carlo di Napoli – è l’ideale conclusione del quadriennio di gestione commissariale che ha risanato i conti del lirico partenopeo, ne ha restaurato gli ambienti storici e riammodernato la macchina scenica. 

Nel 2007 il San Carlo era gravato da un debito di 50 milioni accumulato in dieci anni – con ben 15 milioni di contributi non versati all’Enpals – da un deficit infrastrutturale che non gli permetteva di competere con le altre realtà europee, da una difficile situazione gestionale. Oggi, risanato il presente, il teatro può guardare al proprio grande passato per pensare al futuro. E lo fa partendo dal particolare, intenso rapporto con l’arte contemporanea che ne ha caratterizzato la storia dell’ultimo secolo.

La mostra Opera ad Arte, Arte all’Opera ripercorre, grazie a una potente e suggestiva presentazione multimediale, il segno che grandi maestri del Novecento hanno impresso fino ai nostri giorni in celebri rappresentazioni del San Carlo. Scenografie, costumi, regie, allestimenti realizzati da creativi del calibro di Arté, Prampolini, Picasso, Manzù, Paladino, Rauschenberg, Kentridge, Kiefer sono riproposti al pubblico negli spazi di Palazzo Reale con bozzetti originali, foto e contributi video animati in una galleria virtuale che immerge i visitatori in un’esperienza multisensoriale in grado di avvicinarli alla magia della lirica. Il tutto affiancato da un archivio di oltre 15000 documenti consultabile da quattro postazioni Ipad e da un grande touch screen tramite cui accedere alla storia del più antico teatro operistico d’Europa.

Fondato nel 1737, il San Carlo non aveva finora organizzato il proprio immenso patrimonio storico, funestato perciò da sottrazioni e smarrimenti dovuti all’incuria e alle avversità. Molto andò perso tra il 1944 e il 1945, quando il teatro divenne sede del comando inglese che ne sgombrò sbrigativamente i depositi per provvedere alle proprie esigenze logistiche, e molto è stato portato via nel corso dei decenni. Da oggi ciò non sarà più possibile e la città godrà di uno spazio permanente in cui potersi avvicinare ogni giorno a una delle sue più grandi istituzioni culturali.

MeMus sarà la parte del teatro sempre aperta a cittadini, curiosi e appassionati, pensata soprattutto per attirare i più giovani con incontri, dibattiti e performance di artisti. Un luogo riconquistato al degrado in cui ripensare Napoli alla luce della sua illustre tradizione culturale, consapevole del proprio passato e al contempo aperta alle contaminazioni e capace di assoribire e reinterpretare i segni della creatività contemporanea.