Da qui al 2022 la Germania spenderà una fortuna per lo stop al nucleare
30 Maggio 2011
2022 – segnatevi quest’anno. Non è la fine del mondo secondo l’apocalittico film di fantascienza di Richard Fleischer degli anni settanta, 2022 – i sopravvissuti, ma l’anno in cui la Germania abbandonerà definitivamente l’energia nucleare e sarà la prima potenza industriale a farlo. Appena sei mesi fa il programma del Governo tedesco per il prolungamento dell’utilizzo dell’energia nucleare era considerato uno dei (pochi) punti di forza della coalizione tra cristiano-democratici e liberali. Oggi, dopo l’incidente di Fukushima in Giappone, la Germania di Angela Merkel fa marcia indietro ed abbandona il nucleare. Tre mesi fa iniziò la moratoria in attesa che una commissione etica potesse indicare la strada giusta al Governo in carica.
La scorsa settimana è stata resa nota la relazione conclusiva del “consiglio dei saggi” che aveva il compito di stabilire la sicurezza delle centrali atomiche tedesche. Il risultato non sembra lasciare margini di manovra: abbandono del nucleare, al più tardi, entro dieci anni. E’ così che hanno “sentenziato” il Presidente della Commissione, il prof. Töpfer, e un altro componente della consiglio dei saggi, il famoso Ulrich Beck, a dire il vero non tanto un esperto di energia nucleare quanto piuttosto un brillante intellettuale alla moda. Angela Merkel ed il suo governo hanno comunque recepito il consiglio dei saggi tedeschi. Del resto, flagellata, da circa un anno a questa parte, da una serie di sconfitte elettorali la Cancelliera aveva bisogno di ossigeno (che in politica vuol dire consenso e voti) e così con la sua svolta ambientalista spera di rilanciarsi politicamente e magari togliere qualche voto ai Verdi che nelle ultime elezioni nel Land di Brema hanno addirittura superato la CDU diventando il secondo partito dietro i socialdemocratici (SPD).
In questa fase, infatti, i Verdi si trovano spiazzati dalla decisione del governo che in questa decisione ha anche il sostegno, già annunciato, dalla SPD. I Verdi propongono, oggi, un abbandono dell’energia nucleare, oggettivamente insostenibile, già a partire dal 2017 ed hanno voluto sottolineare come la Merkel non ha fatto altro che tornare alla decisione già presa ai primi anni duemila dal Governo dei verdi e socialdemocratici guidato da Gerhard Schröder. In realtà le differenze sono molte, prima fra tutte quella che la decisione del vecchio governo rosso-verde non prevedeva alcuna data precisa, come ha ben spiegato Karsten Polke-Majewski sulla Zeit-online di ieri.
Al di là delle polemiche politiche, la decisione presa nella riunione di gabinetto nella notte tra domenica e lunedì ha sancito l’uscita definitiva dal nucleare entro il 2022, il raggiungimento entro il 2020 di una produzione di energia da fonti rinnovabili pari al 35 per cento e la riduzione delle emissioni di CO2. Angela Merkel ha presentato questo programma come una sfida alla comunità internazionale ma anche una grande occasione per le future generazioni. Questa decisione, a parte inquietare alcuni alleati e paesi vicini, come ad esempio la Francia (su Le monde il segretario generale dell’UMP Jean-François Copé, ha criticato la scelta della Germania), non è però indolore dal punto di vista economico.
Nell’immediato, l’uscita dal nucleare avrà, infatti, dei costi non indifferenti: secondo la Frankfurter Allgemeine Zeitung di ieri ammontano a circa 2 miliardi di euro all’anno. 1 miliardo in meno dalla tassa sul combustibile nucleare in quanto i sette reattori più vecchi e quello di Krümmel sono stati spenti ed altri 900 milioni di euro in quanto le entrate dall’aumento dei diritti di emissioni andranno a finire completamente nel fondo per l’energia ed il clima. Del resto, anche il mondo dell’impresa non ha accettato passivamente la decisione del Governo Merkel. Dieter Zetsche della Daimler ha detto che ci sono dei rischi per l’industria tedesca. L’abbandono dell’energia nucleare è un azzardo.
Inoltre, la tassa su combustibili, che, proprio le imprese avevano già fortemente criticato, non verrà eliminata. Le associazioni commerciali come, ad esempio, la Federazione delle Industrie Tedesche hanno avvisato del rischio di ulteriori costi per le imprese. Al contempo, ci sono stati forti critiche al progetto di legge sulle energie rinnovabili.