Dal vertice europeo non c’è da aspettarsi granché. Lo dicono (per primi) i mercati
25 Giugno 2012
La reazione negativa delle borse riflette la convinzione che dal prossimo vertice europeo non potranno emergere passi avanti decisivi per la modifica strutturale dell’euro zona. Tuttavia va notato che la tesi per cui per salvare l’euro occorre fare gli Stati Uniti di Europa, è una tesi completamente errata. Il modello federalista non è affatto necessario per l’esistenza dell’euro.
Una unione monetaria di stampo neo liberale non esige il modello federalista solidale , che comporta un forte potere fiscale centrale, cioè un nuovo leviatano fiscale, ma il modello confederale competitivo in cui ogni Stato accetta le regole del gioco comuni nel campo fiscale, consistenti nel pareggio del bilancio e in un livello moderato di debito pubblico e in cui vi è un governo centrale di coordinamento delle autonomie nazionali, che svolge politiche pro crescita nel campo delle infrastrutture e della ricerca di interesse comune con un minimo di spesa pubblica e un massimo di iniziativa privata e di finanziamento sulla base di progetti con costi e ricavi. Nel modello neo-liberale di unione monetaria (la cui teoria risale a Ludwig Von Mises, a Fredrich von Hayek ed a Luigi Einaudi, e che è stata sviluppate più di recente da James Buchanan), proprio considerando l’euro, la regola di base è il pareggio del bilancio e la limitazione del debito pubblico, trasferendo al mercato gran parte della spesa pubblica di investimento, come è possibile, appunto, con la finanza di progetto. Alla base di questo modello vi è, per ogni stato membro dell’unione, la regola costituzionale del pareggio del bilancio, non il debito comune con gli euro bond.
Il debito pubblico rimane come fardello del passato e come limitato strumento anti crisi . E questo deve essere il nostro modello. Diversamente l’unione monetaria è una nuova schiavitù fiscale. Nel modello neo-liberale l’unione bancaria, con una unica vigilanza centrale, su tutti gli stati membri, è essenziale per assicurare la solvibilità delle banche e garantire la stabilità monetaria, nella sua componente finanziaria, del credito bancario, che è esso stesso moneta secondaria.
In questo modello, ciascuno stato membro accetta il cambio fisso, costituito da quello della moneta comune, con una banca centrale che persegue primariamente la stabilità monetaria, perché adotta il regime di mercato del lavoro con contratti e rapporti di lavoro flessibili, sicché non ha bisogno di procedere alla svalutazione della moneta, per ridurre i salari reali: un imbroglio che serve per mantenere contratti nazionali di lavoro rigidi e poi deprezzare i salari nominali.
In Italia questa strada è percorribile basando la riforma del mercato del lavoro sui contratti aziendali nel percorso delineato da Maurizio Sacconi: in questo caso non si tratta di riguadagnare la competitività riducendo i salari reali per addetto, ma aumentando la produttività con una maggiore flessibilità degli orari, incentivi al salario di produttività, orari straordinari e adottando salari orari diversi nei vari luoghi , in relazione al diverso potere di acquisto della moneta . Nel modello neo-liberale il pareggio del bilancio viene raggiunto non mediante maggiori imposte, ma minori spese e mediante la privatizzazione dei beni pubblici che serve a ridurre il debito e a liberare le forze del mercato e con la valorizzazione delle iniziative private negli investimenti pubblici .
La tesi espressa da Walter Munchau sul Financial Times per cui per salvare l’euro occorre una unione bancaria che serve per le banche spagnole, una unione fiscale che serve per gli stati come l’Italia e una unione politica che serve alla Germania per accettare i costi delle altre due unioni è fuorviante. Infatti se per unione fiscale si intende la adozione degli eurobond, come pare voglia sostenere Walter Munchau, ciò non fa parte del modello neo liberale, in cui ciascuno stato membro è responsabile del proprio bilancio ed in cui pertanto non vi è bisogno di una rinuncia alla sovranità allo scopo di mettere in comune i debiti con gli altri stati.
Scriveva Cesare Beccaria, che prima di essere un giurista, era un economista (il suo primo saggio è “Del disordine e dei rimedi delle monete nello stato di Milano”) , nel suo celebre libro “Dei delitti e delle pene” che “ nessun uomo ha fatto il dono gratuito di parte della propria libertà in vista del bene pubblico: questa chimera non esiste che nei romanzi . Se fosse possibile, ciascuno di noi vorrebbe che i patti, che legano gli altri non ci legassero; ogni uomo si fa centro di tutti le combinazioni del globo” Ed aggiunge: “Le leggi sono le condizioni , colle quali uomini indipendenti ed isolati si unirono in società, stanchi di vivere in un continuo stato di guerra e di godere di una libertà resa inutile dall’incertezza di conservarla. Essi ne sacrificarono una parte per goderne il restante con sicurezza e tranquillità”. E conclude:“ Fu dunque la necessità che costrinse gli uomini a ceder parte della propria libertà; egli è dunque certo che ciascuno non ne vuole mettere nel pubblico deposito che la minima parte possibile , quella sola che basti a indurre gli altri a difenderlo”. Sembrano parole scritte per la presente congiuntura. Per indurre la Bce a intervenire, per avere interventi eventuali del Mes, lo strumento finanziario di stabilizzazione, che da luglio succederà al Fondo europeo di stabilizzazione finanziaria (FESF), per un acquisto di nostro debito pubblico sul mercato secondario, dobbiamo perseguire gli obbiettivi di bilancio per il 2012 e per il 2013 senza aumentare ancora le imposte, mediante la riduzione delle spese.
Non c’è bisogno di asservirsi alla Germania, per mettere i nostri debiti in comune con i suoi, negli eurobond. E non c’è bisogno di essi, né dell’Europa federale per risolvere i problemi dell’Italia e quindi far si che l’Italia rimanga nell’euro .
L’Italia può far da sé la politica della crescita e quella di garanzia del proprio debito, affiancandolo con un fondo di ammortamento del pubblico a cui confluiscano gli immobili pubblici e le grandi imprese che possseggono beni pubblici, da Anas a Poste, da Ferrovie al Demanio. Erra Walter Munchau quando sostiene che Silvio Berlusconi esprimendo l’insofferenza per l’euro attuale passa da esser stato play boy a gambler, a giocatore d’azzardo, per capeggiare un partito euro scettico, gareggiando con Beppe Grillo .
Molte delle cose che Berlusconi dice per polemica, sull’euro, non sono condivisibili . Ma l’euro scetticismo sta guadagnando terreno, perché viene identificato con un nuovo dirigismo, che ci riempie di tasse e controlli , mentre non risolve i problemi e perché sembra che per avere l’euro sia necessario rinunciare all’autonomia dell’Italia, a quella parte di libertà, che, seguendo il teorema Cesare Beccaria, noi non siamo disposti a sacrificare, perché ce ne rimarrebbe troppo poca.
Ed è bene che Monti comprenda che nella sua coalizione ci sono quelli che vogliono il modello neo liberale che è il solo dotato di senso sociale e quelli che vogliono il modello di Susanna Camusso.