D’Alema boccia il Cav. e fa la mina vagante a sinistra
14 Maggio 2008
D’Alema perde il potere, ma non il vizio: ha quasi
dell’incredibile infatti che dopo il terzo disastroso fallimento della sinistra
al governo, dopo la fallimentare prova che diede il suo di governo, D’Alema si
senta ancora autorizzato a dare pagelle sulla natura e sull’attendibilità
dell’avversario.
La “vecchia talpa”
togliattiana scava sempre nella mente del Nostro e tutta l’intervista
pubblicata oggi sul Corriere della Sera (leggila qui) è informata di un ingiustificato
complesso di superiorità. Infatti non importa tanto quel che dice in questa intervista
– poca roba, comunque -, quanto il punto di partenza, là dove D’Alema si
arroga il diritto di definire “non liberale”, ma “doroteo” il nuovo corso di
Berlusconi. E’ la riprova della sciagurata continuità della spinta propulsiva della
certezza della “superiorità morale dei
comunisti” coniata da Berlinguer che
permea di sé ogni cellula cerebrale e ogni gesto del Nostro. L’operazione è
semplice: visto che il centrodestra che opera in Italia non è quello che gli ex
Pci vogliono, lo disprezzano, ne sminuiscono il ruolo, lo insultano, sia pure
col garbo di quel richiamo al doroteismo. D’Alema è cresciuto a corsivi di
Fortebraccio e la sciagura della sinistra italiana è che uno dei suoi “cavalli
di razza” è convinto che siano attuali anche oggi.
Una volta sminuita la
rispettabilità, la statura, la dignità morale o culturale dell’avversario, il
resto segue. Con in più una bassa ripicca intestina. Da mesi D’Alema
mostra una palese avversione per la linea di Veltroni per una ragione
drammatica: è la sua. D’Alema, insomma, siccome concepisce il mondo in maniera
disperatamente solipsista, è convinto che la linea di D’Alema, sviluppata da
chiunque non sia D’Alema, porta al disastro il paese.
In qualche modo
questa piena distorsione del reale è patetica. D’Alema è intimamente
convinto che lui e solo lui ha riportato in alto il nome dell’Italia nel mondo,
dopo che Berlusconi l’ha infangato. Questo, dopo che la Rice l’ha ripetutamente
ignorato – quando non l’ha gentilmente mandato a quel paese – che il ministro
degli Esteri di Israele l’ha interrotto per dirgli di fare presto che non aveva
più di 10 minuti per lui, dopo che gli schermi di tutto il mondo sono stati
insozzati dalle immagini della spazzatura di una Campania governata dal “suo”
sodale Bassolino.
Non è infine
difficile la decrittazione del senso complessivo dell’intervista. D’Alema ha infatti
convocato il Corriere per formalizzare la sua scelta da novello Coriolano. Si ritira in campagna a coltivare
belle idee, belle persone e belle speranze con la sua fondazione che si chiama
“Italiani europei” e che però, per Veltroni, ha da oggi un altro nome: “Mina
vagante”.