D’Alema, il Def e il piano renziano per far fuori i “fuoriusciti” di sinistra con la legge elettorale
04 Ottobre 2017
di Carlo Mascio
Quella che si è aperta sul Def è una battaglia tutta interna alla sinistra. Ieri gli scissionisti di Mdp hanno rotto gli indugi avviando la fase di “sganciamento ufficiale”. “Da adesso siamo fuori dalla maggioranza. Mani libere!” ha dichiarato Speranza. Uno strappo che ai più è apparso improvviso. In primis a Gentiloni che il giorno prima aveva ricevuto Pisapia e i capigruppo di Articolo 1 per un incontro finalizzato proprio a “fare la pace” e a rassicurare gli ex Pd su alcuni provvedimenti da tenere in conto per il Def. Ma soprattutto chi è rimasto di stucco è il buon Pisapia, al quale non pareva vero di essere riuscito a salvare capra e cavoli, ovvero di potersi muovere, almeno per una volta, sotto l’ombrello della maggioranza Pd rassicurando allo stesso tempo i compagni di Mdp sul Def.
Ma niente da fare. Per Bersani, Speranza & Co. la decisione è presa: “mani libere”. E così la Nota di aggiornamento al Def, non ha avuto i voti di Mdp, sostituiti da quelli del volonteroso, e sempre utilissimo, Denis Verdini. Il governo regge, è in ottima salute, gridano ai quattro venti Renzi e Gentiloni. E subito il Pd e i giornaloni hanno indicato in D’Alema il vero artefice del nuovo strappo in maggioranza (“Lì dietro c’è solo uno che decide la linea” avrebbe detto il renziano Ettore Rosato). Splendido e comodo bersaglio, D’Alema, quando si vuole indicare un colpevole a sinistra. Ma più che D’Alema, il responsabile del nuovo disastro a sinistra è sempre il solito Renzi. E il perché non è difficile intuirlo.
Tutto è legato a doppio filo con la riforma della legge elettorale. Il Rosatellum 2.0, la nuova proposta del Pd, penalizza infatti gli ex Dem. Se è vero che i sondaggi assegnano ad Mdp il 2,9%, questo significa non vincere nemmeno in un collegio uninominale. Per cui è comprensibile che le truppe bersaniane e dalemiane si chiedano se abbia ancora senso stare in una maggioranza (renziana) che sta portando avanti una legge elettorale contro di loro. “Il Pd ha spaccato la maggioranza per colpire noi” conferma l’Mdp Alfredo D’Attorre. Come dire: se tutto è in bilico (governo compreso) non è certo colpa nostra.
Quindi, nulla di nuovo. Renzi continua a fare lo sgambetto ai propri alleati, facendo saltare qualunque patto appena si profila una questione di convenienza personale. Dopo la fregatura a Berlusconi sull’elezione del Presidente della Repubblica, lo smacco ad Alfano sulla soglia di sbarramento della legge elettorale (salvo poi recuperare il fido Angelino in Sicilia), ora tocca “far fuori” Mdp al quale però il Pd, per assurdo, chiede i voti per sostenere il governo e la manovra di bilancio.
E Pisapia? Come mai ha intimato ai suoi di votare con la maggioranza? Lo abbiamo detto anche altre volte, Pisapia è un renziano nel cuore (ricordiamoci che, a differenza degli ex Dem, lui ha votato Si al referendum costituzionale) il cui obiettivo primario era quello di costruire una soggetto politico a sinistra del Pd ma affiancato allo stesso per poter “coprire a sinistra” Renzi, ovvero raccogliere quei consensi che il segretario Dem non avrebbe mai acciuffato. Ma le continue bordate renziane alla sinistra Dem fuoriuscita dal Pd ha complicato non poco le cose e messo il povero Giuliano in una situazione a dir poco ambigua. Tant’è che ora non sa più che pesci pigliare. E dopo aver accusato D’Alema di essere divisivo e averlo esortato a farsi da parte, l’ex sindaco di Milano ha dovuto incassare l’acido commento di Vendola: “Ha ragione Pisapia, D’Alema è divisivo. Infatti divide la sinistra dalla destra, mentre a Pisapia basta dividere la sinistra…”