Dalla Rai a Vendola, dai dialetti alle ronde: tutte le mosse sbagliate di Pd e compagni
11 Agosto 2009
Nella polemica estiva sono emersi tre argomenti, fra di loro connessi, su cui la nostra sinistra continua, gioiosamente, a farsi male da sé. La prima è la polemica sulla Rai, le nomine dei capi e vice capi dei suoi canali e la presunta indipendenza ed obbiettività del Tg3, che Berlusconi si è permesso di criticare. Il secondo argomento è la presunta soggezione del governo e del Pdl alla Lega Nord in rapporto alla diversificazione locale dei salari, alle “ronde”, al dialetto nelle scuole e alla adozione di simboli regionali nella bandiera italiana. La terza questione riguarda il presidente della regione Puglia Niki Vendola che vuole ricusare il magistrato che sta indagando sullo scandalo della sanità nella sua regione e sui connessi affari di sesso e droga delle “allegre comari di Bari” del Pd e dei partiti collegati.
Il primo argomento è connesso al secondo per il modo come il Tg3, ossia Telekabul, presenta i temi della Lega Nord in rapporto al Pdl e a Berlusconi. E il terzo si collega al primo in base alla questione di chi abbia diritto di dare lezioni sulla autonomia degli organi del terzo potere, quello della informazione e della giustizia. Tutti insieme i tre temi potrebbero avere il titolo wertmulerriano “come questi ex sessantottini rimasti ragazzi riescono a farsi del male con le proprie mani, mentre potrebbero andare al mare o in montagna a meditare sul proprio crepuscolo”.
Secondo Paolo Garimberti presidente della Rai, che si è astenuto su due recenti proposte di nomine che riguardavano i due noti giornalisti Gian Luigi Paragone e Franco Bechis, la ragione della sua decisione di non approvare queste nomine è che esse riguardano giornalisti esterni all’azienda. Mentre egli sostiene che i massimi livelli dirigenziali della sua compagnia siano di competenza solo di personale interno. Questa impostazione, che molti hanno lodato in nome dell’autonomia della Rai, è espressione di un corporativismo arcaico che dovrebbe suscitare una condanna generale. Non esiste, nel mondo contemporaneo, una grande impresa seria per la quale viga la regola che solo il personale interno può arrivare alle massime cariche dirigenziali. Un tale principio, infatti, ove sistematicamente applicato, isolerebbe l’impresa dal mercato e la porterebbe a una inevitabile inefficienza. Poiché la Rai è una impresa pubblica, finanziata dal contribuente con il canone, che è una vera e propria imposta, in quanto dovuto da chiunque possegga un apparecchio radio televisivo funzionante a prescindere dal fatto se esso venga utilizzato per ascoltare e vedere i programmi Rai, mi pare evidente che la dichiarazione di Garimberti urti contro i doveri che egli dovrebbe avere, di fronte al contribuente, di assicurare una efficiente gestione dell’impresa. Ma va aggiunto che la sua tesi non ha alcun serio precedente nella storia della RAI. Il dottor Curzi, che ha lanciato la terza rete Rai e ha trasformato il TG 3 in TeleKabul, non veniva dalla Rai, era un giornalista professionista fazioso, ma estremamente competente, che proveniva dalla stampa comunista. E gli esempi di giornalisti della stampa che sono passati alla Rai o viceversa sono numerosissimi.
Non è facile comprendere come mai si debba stabilire che i giornalisti della carta stampata non possono andare ad assumere cariche in Rai, sulla base della autonomia di questa. Forse che i giornalisti che sono in Rai sono privi di connotazioni politiche? Forse che i giornalisti della carta stampata sono, per loro natura, servili al potere costituito, ossia hanno in sé un marchio di inaffidabilità? Si rende conto la sinistra che ha sostenuto questa tesi di Garimberti quanto essa sia odiosa, antiliberale, mortificante per chi la sostiene? Guarda caso, i due “indegni “ non provengono, come Sandro Curzi dalla stampa “falce e martello”, ma da quella di indirizzo opposto. E quindi la posizione di Garimberti era, né più né meno, una posizione ipocrita.
Secondo lo stesso Garimberti il Tg3 farebbe una informazione oggettiva. Per dare un esempio di quanto ciò sia falso si potrebbe citare il notiziario del Tg3 di giovedì, che dava l’economia italiana in caduta libera, stravolgendo i dati dell’Istat da cui si desumeva che il secondo trimestre non era peggio del primo e ignorando gli altri indicatori, usciti insieme ai dati Istat, che presentavano l’economia italiana come in recupero. Questa è roba da TeleKabul, non oggettiva informazione.
Ma c’è dell’altro, che riguarda il modo ipocrita con cui il Tg3, secondo la tradizione togliattiana, fa le sue cronache. E riguarda le “ronde”. Il telegiornale regionale della Liguria sul tema ha intervistato il sindaco di Imperia che ha dichiarato che le ronde sono da condannare in quanto “fasciste”. Se ci si riferisce ad An come erede del Msi, il riferimento è palesemente fuori luogo, perché per questa corrente politica (confluita nel Pdl) l’ordine pubblico va assicurato dalle forze dello stato. Ed il Ministro della difesa La Russa, che a questa tradizione appartiene, ha mobilitato l’esercito per compiti di ordine pubblico. Ma l’intervistato di Imperia voleva attribuire alle “ronde” una specie di diploma fascista, allo scopo di far supporre che si tratti di “manganellatori”, nemici del popolo. E qui veniamo all’odioso modo come viene presentata la proposta di differenziare i salari fra Nord e Sud, tenendo conto del costo della vita: sono “gabbie salariali”, da condannare perché implicano lo sfruttamento del lavoratore meridionale. Berlusconi che sostiene i salari differenziati sarebbe “succube della Lega Nord”. Ma la tesi della contrattazione periferica decentrata fa parte da molto tempo dei programmi di “Forza Italia”, ora confluita nel Pdl. Si tratta di far aderire di più la contrattazione sindacale alla realtà del mercato. E in che modo Berlusconi sarebbe succube della Lega Nord, visto che ha appena lanciato un programma speciale per il Mezzogiorno? La proposta della Lega Nord di chiedere che i docenti delle scuole medie ed elementari facciano un esame di dialetto, si è presto trasformata in quella di insegnare le tradizioni locali, che è contenuta nel testo di modifica federalista della Costituzione, che reca il nome di “ norme di modifica costituzionale Bossi-Fini” e che fu a suo tempo approvato dal centro destra e poi bocciato dal centro sinistra. E la terza proposta leghista, di inserire i simboli regionali nel tricolore non è stata accolta né dal Pdl né dal governo, perché ciò non è possibile. L’articolo 12 della Costituzione infatti stabilisce che “la bandiera della Repubblica è il tricolore italiano, verde, bianco e rosso a tre bande verticali di eguali dimensioni”. Di fronte alla nuova iniziativa del governo per il Mezzogiorno, la Lega Nord ha “abbozzato” e si è limitata ad alcune innocue dichiarazioni retoriche di “fede nordista”.
Non si tratta di Berlusconi “succube della Lega Nord “ ma di una necessità della Lega Nord di allinearsi alla politica nazionale del Pdl, cercando di mantenere viva la propria identità, tramite messaggi promozionali, compreso quello delle “ronde”, he a Roma cambiano nome, svolgendo compiti analoghi.
Mi piace, però, chiudere questo articolo ferragostano con Niki Vendola, che ripudia il magistrato che sta indagando sul fango della sua giunta. La cosa (tragi)comica è che l’indagine, secondo Massimo D’Alema, doveva mettere in luce le frivolezze a luci rosse di Silvio Berlusconi. La storica frase fu “ ci sarà una scossa”. Infatti c’è stata. Ma riguarda Vendola, il “puro”.