Dall’Afghanistan l’Italia non può ritirarsi perché è un Paese strategico

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Dall’Afghanistan l’Italia non può ritirarsi perché è un Paese strategico

31 Luglio 2009

L’importanza di un contingente estero impegnato in missioni di peacekeeping è per l’Italia un vanto, ed è, come giustamente ha notato il ministro Franco Frattini titolare degli Affari Esteri, il biglietto da visita della nostra nazione sul piano internazionale.

L’escalation di attentati che ha colpito la regione sud orientale dell’Afghanistan dove sono impegnati i nostri soldati, ha giustamente sollevato alcuni interrogativi importanti riguardo la necessità che il contingente rimanga a svolgere la propria missione nella patria dei talebani per stabilizzare la regione. Ma perché è fondamentale rendere pacifica quella porzione di mondo? Ci sono numerosi aspetti che vanno considerati, non ultime le questioni energetiche.

La presenza italiana in Afghanistan è un ottimo viatico per riuscire a mettere le mani su piccoli giacimenti di petrolio del paese. Tuttavia, agli occhi degli analisti, non sembrano esserci ulteriori motivazioni che si fondano su considerazioni geopolitiche. Tenendo conto di alcune variabili importanti è possibile tracciare un quadro della situazione internazionale che rende necessario il coinvolgimento delle forze di pace nella regione. Andiamo con ordine.

Geograficamente l’Afghanistan ha una posizione strategica centrale. Per un breve tratto il suo confine tocca quello della Cina, mentre a occidente il confine principale è con l’Iran. Procedendo lungo la linea sud orientale si arriva anche a toccare il Pakistan, alleato, più formale che sostanziale, degli Stati Uniti. In questo momento l’area medio-orientale, che è bene ricordare comprende anche Israele, è una polveriera pronta a scoppiare da un momento all’altro. Gli esperimenti iraniani per il nucleare, la situazione di tensione tra Israeliani e Palestinesi, ed un Iraq ancora non definitivamente libero dalle maglie del terrorismo islamico creano una situazione di tensione non facile da gestire. Al pari dell’Iraq, l’Afghanistan potrebbe fungere da cuscinetto per bloccare le mire iraniane. O meglio potrebbe fungere da “paese satellite” per bloccare ed intimorire la tigre iraniana che sembra, dopo le ultime vicende legate alla rinnovata elezione di Ahjmadinejd come presidente, sempre più aggressiva.

In caso di scontro diretto tra Usa ed Iran, l’Afghanistan potrebbe avere una funzione strategicamente utile per gli Stati Uniti. Militarmente potrebbe essere l’area di dislocazione delle basi militari, politicamente potrebbe essere la sede dalla quale gestire la complessa diplomazia di guerra. Una duplice funzione che richiederebbe però un governo stabile in grado di contrastare, con l’azione repressiva e preventiva, le milizie talebane che sono pronte a tornare all’attacco in ogni dove del paese.

Se come sembra sarà ancora Amid Karzai il candidato presidente caldeggiato dagli Stati Uniti, probabilmente il processo di stabilizzazione sarà ancora più lungo e faticoso. Le accuse di corruzione all’interno del suo governo non lo rendono immune da sospetti, ed è per questo che si cerca un alternativa altrettanto credibile. Un governo in grado di assicurare una vera democrazia all’Afghanistan sarebbe in grado di collaborare pienamente con il contingente di pace e con gli Stati Uniti. Fare in modo che si creino le condizioni per la democrazia è il compito primario delle forze italiane in Afghanistan.

In definitiva, la necessità dell’intervento italiano nell’area afghana deve essere finalizzato ad assicurare un avamposto in caso di guerra con l’Iran. Tenendo ben presente che anche l’Iraq è controllato dalle forze alleate è prospettabile che questo mitighi l’arroganza iraniana. L’Iran, stretto nella morsa tra Iraq ed Afghanistan, ha solo due scelte davanti a sé: continuare la sua politica che potrebbe sfociare in un massiccio attacco ad Israele, oppure annullare la propria forza di offesa. Nel primo caso il paese dovrebbe sopportare gli altissimi costi (non solo economici) di una guerra, nel secondo potrebbe ancora avere una speranza di coinvolgimento nei circuiti internazionali, ai quali oggi sembra essere del tutto estraneo.