Dall’orizzonte di Azione Cattolica è sparita l’idea di una “guerra giusta”

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Dall’orizzonte di Azione Cattolica è sparita l’idea di una “guerra giusta”

01 Febbraio 2010

A volte sarebbe opportuno interpretarli, i segni divini. Ieri, quando Papa Benedetto XVI ha lanciato due colombe verso i ragazzi della Azione Cattolica, riuniti a San Pietro dopo la Marcia della Pace, beh, una delle due colombe ha spiccato subito il volo, l’altra no. La prima, con il suo deciso scatto verso il cielo, è apparsa un segno inequivocabile della missione celeste della Chiesa: agire in rappresentanza di un “Regno che non è di questo mondo”. La seconda invece ha prudentemente aspettato prima di aprire le ali, rimanendo indecisa per pochi secondi sulla finestra accanto al pontefice, dicono per il freddo e la pioggia. Ma forse lo ha fatto per testimoniare qualcos’altro, che sembra legarsi alla missione terrena della Chiesa (anche Gesù ne aveva una), in un mondo che purtroppo è fatto di guerre e della negazione dei valori in cui credono i cristiani.

La metafora delle colombe esprime le due anime del mondo cattolico italiano di oggi: da una parte i movimenti e le associazioni come gli Scout, Azione Cattolica, Comunione e Liberazione, Comunità di Sant’Egidio, Pax Christi, che potremmo ricondurre a quel primigenio pacifismo cristiano che si opponeva ad ogni guerra in quanto tale, seguendo alla lettera i precetti non-violenti di Gesù – l’altra, altrettanto radicata nella Storia della Chiesa, che fa i conti con i mali e le contraddizioni di una realtà “hobbesiana”, in cui a volte è necessario intervenire con la forza per ristabilire l’ordine, inteso come una vita comunitaria che non sia caratterizzata dalla lotta di tutti contro tutti.

Sostanzialmente è stata questa la missione di Cristo sulla terra, la sua “missione politica”, non il suo messaggio trascendente, che invece è legato alla speranza del Nuovo Regno, di un Aldilà finalmente pacificato. Gesù afferma che non è venuto a portare la pace ma la guerra, nel senso che dopo il suo passaggio gli uomini non potranno più accettare una condizione sociale nella quale ‘lupo mangia lupo’, ma ci sarà un nuovo ordine comunitario basato sul rispetto per se stessi e verso gli altri. E’ la “tranquillità dell’ordine” di cui parla Sant’Agostino nel De Civitate Dei, frutto della Giustizia e della Carità. Per riuscirci Gesù sale in Croce, distruggendo ogni inimicizia, come ci ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Egli è la nostra Pace” (Ef 2, 14).

Durante l’Angelus di ieri anche Papa Benedetto ha parlato di carità, definendola “il distintivo del cristiano”. “Chi ama veramente non tiene conto del proprio interesse”, ha detto il Pontefice, perché sa che alla fine “quando ci incontreremo faccia a faccia con Dio, l’unica cosa che rimarrà in eterno è la carità”. Ma la carità cristiana non è filantropismo o accettazione dello status quo: "Pace vuol dire tutelare i beni delle persone, la libera comunicazione tra gli essere umani, il rispetto della dignità delle persone e dei popoli, la pratica assidua della fratellanza", recita ancora il Catechismo, ecco perchè negli anni Novanta si è parlato di guerre umanitarie per difendere i diritti fondamentali di cattolici e musulmani contro la pulizia etnica in Bosnia e nel Kosovo – una guerra, quest’ultima, che non ha mai convinto molti cattolici.

“Guerra giusta”, dunque, secondo la definizione agostiniana. Guerra difensiva, condotta per riparare a un torto, per “vendicare” nel senso etimologico del termine (vim e dicere),  denunciando le violenze, riscattando gli oppressi e punendo gli aggressori, che a loro volta potranno emendare le loro colpe. Come scriveva nel De Charitate il gesuita Francisco Suarez, uno degli scolastici più attenti al magistero di Agostino: “Uno Stato che lasciasse commettere dentro di sé impunemente tutte le ingiustizie possibili, s’avvierebbe fatalmente verso il declino e il disfacimento e questo sarebbe un male più grande di tutti quelli che una guerra trascinerebbe dietro di sé”. Fare la guerra, dunque, anche se si tratterà solo apparentemente una guerra offensiva, visto che in realtà è motivata dal primato della giustizia su quello della pace. Senza la giustizia infatti non può esserci pace. I cristiani possono anche a battersi per difendere questi valori, a patto che il ricorso alle armi non provochi un disordine più grande di quello che voleva eliminare.

In ogni caso, “di fronte all’ingiustizia non dobbiamo restare indifferenti, diventandone conniventi o addirittura complici”, come disse Ratzinger nella solenne messa celebrata a Ratisbona. E’ lo stesso Papa che ha inviato un biglietto ai familiari delle vittime dei soldati italiani caduti in Afghanistan.