De Benedetti trasforma la caccia al candidato nella cacciata di Bersani
04 Marzo 2011
Pier Luigi Bersani, come tutti i segretari del Pd, è costretto a passare più tempo a difendersi dal “fuoco amico” che a contrastare Silvio Berlusconi. Ma ieri, una notizia piccola piccola riportata da Repubblica, gli ha sicuramente fatto fare un salto sulla poltrona. Nel titolo, il tritolo: “De Benedetti: per la premiership il Pd vuole Monti”.
Con eccellente sintesi l’editore del gruppo Espresso-Repubblica ha infatti tirato una doppia bordata a un Pd che già non se la passa molto bene. De Benedetti, con un’intervista al tedesco Die Zeit, ha fatto molto di più che spiegare che il suo gruppo editoriale e finanziario, raccogliendo il suggerimento di Eugenio Scalfari, sponsorizza ora la candidatura a premier dell’ex commissario europeo Mario Monti: “Il centrosinistra vuole qualcuno che possa riconquistare il rispetto per l’Italia. Monti gode di prestigio a livello mondiale”. Affermazione già ben poco gradevole alle orecchie di un Bersani che, statuto del Pd e buon senso alla mano, si ritiene il naturale competitor del centrodestra alle prossime elezioni.
Ma De Benedetti, con una perfidia degna di miglior causa, ha anche aggiunto: “D’Alema, tutto il Pd, che è il centrosinistra e allo stesso tempo il maggiore partito all’opposizione, vogliono Mario Monti”. De Benedetti, si sa, è uomo di mondo e molto, molto ben introdotto negli ambienti del centrosinistra, quindi quando afferma che “D’Alema e tutto il Pd vogliono Mario Monti”, sa bene che non verrà preso per un millantatore. Il problema, però, è che D’Alema è – dovrebbe essere – il principale sponsor proprio di Bersani che ora scopre che invece lo ha tradito – o, almeno, che De Benedetti assicura che l’abbia tradito – alla ricerca di una candidatura a premier più solida e vincente.
Sia come sia, abbia De Benedetti detto il vero o il falso sulla sponsorizzazione di D’Alema nei confronti di Monti, resta il fatto che il colpo lascerà il segno. Soprattutto perché Bersani, come tutto il Pd, si è trovato completamente spiazzato dal crollo definitivo di tutta la strategia sviluppata negli ultimi mesi. Con l’approvazione del quarto decreto sul federalismo fiscale a larga maggioranza alla Camera, e ancor più col rinvio di vari mesi, annunciato da Calderoli, della scadenza per l’approvazione in Aula del quinto decreto (sulle regioni), la continuità della legislatura appare garantita. Quindi, nessuno sganciamento della Lega da Berlusconi. Quindi, nessuna elezione anticipata entro l’anno. Quindi, sempre più probabile – se non certa – continuazione sino alla scadenza naturale del 2013. Il dramma è che appesi in tutta Italia, da mesi, ci sono migliaia di manifesti con un Bersani col sorriso e le maniche della camicia alzate sino al gomito. Un’enorme spesa che ha l’evidente fine (altro non si vede, se non una improbabile fiammata di narcisismo) di preparare la battaglia elettorale di primavera per Bersani premier.
Ma ora si impone la triste realtà: niente elezioni politiche e niente Bersani candidato premier. Anzi, ricerca affannosa di qualcuno che sappia vincere (dando per scontato che lui non è in grado). Nuovo episodio di una telenovela stucchevole che conferma la malattia cronica del Pd. Il principale partito d’opposizione è incapace di prendere posizioni chiare e nette su quasi tutti i punti dell’agenda politica. Non dice se votare “sì” o “no” al referendum su Mirafiori, si divide sulla riforma elettorale, fa solo demagogia sulla crisi economica (Bersani, per evitare lo scoglio di sue proposte che imponevano un enorme incremento di spesa – quindi impraticabili – è arrivato al punto di invocare l’intervento di “fondi sovrani” esteri). Privo di programma, con una linea politica ondivagante, le giornate passate a mediare con tutte le anime del Pd mai fuse in un unico “idem sentire”, Bersani si è allora rifugiato nel vecchio vizio comunista della propaganda, della demagogia e ha puntato tutte le sue carte sulla campagna elettorale.
Ma le elezioni politiche non ci saranno. Ci saranno solo le amministrative (con Napoli praticamente persa) e Bersani, con le sue inutili maniche rimboccate, c’è da scommetterci, ne pagherà il prezzo.
(tratto da L’Unione Sarda)