Debito pubblico unico record per “tecnici” e renziani
12 Maggio 2017
di Carlo Mascio
Sui conti pubblici Padoan aveva rassicurato tutti: “Il debito pubblico si è finalmente stabilizzato”. Manovrina e Def, infatti, dovevano servire soprattutto a questo. Ma oltre ai classici annunci, il ministro dell’Economia ha sempre glissato nel fornire dati più specifici, tanto da meritarsi i rimbrotti dell’Ufficio parlamentare di bilancio che, analizzando il Documento di Economia e Finanza, ha parlato di “quadro indefinito” per quanto riguarda le coperture e il piano di riduzione della spesa. E il motivo dei “dico-non dico” del ministro lo ha rivelato ieri il rapporto di primavera della Commissione europea: secondo le stime, il debito pubblico italiano dovrebbe aumentare ancora passando dal 132,6% del 2016 al 133,1% del 2017 per poi riscendere a 133,2% nel 2018. Conclusione: il debito italiano è tutt’altro che stabile.
I dati della Commissione non sono gli unici a confermare questo trend. Secondo Unimpresa, analizzando il Def, la spesa pubblica dovrebbe aumentare di altri 45 nei prossimi tre anni, confermando dunque la tendenza dei mille giorni del governo Renzi nel corso dei quali, stando a quanto sostenuto da Bankitalia, il debito pubblico è aumentato di ben 135 miliardi di euro. Tant’è che l’agenzia internazionale Fitch, qualche settimana fa, ha tagliato il rating dell’Italia declassandola dalla categoria BBB+ alla categoria BBB sostenendo che l’aumento dei rischi finanziari per l‘Italia è dovuto proprio al “fallimento” dell’opera di riduzione del debito pubblico che ha esposto il Paese “a potenziali shock sfavorevoli”.
E pensare che all’inizio della sua esperienza di governo Padoan aveva più volte detto di voler addirittura abbattere il debito, fino ad arrivare a presentare il 2016 – guarda caso l’anno del referendum renziano – come “l’anno della svolta” per la riduzione della spesa pubblica. In realtà, la svolta c’è stata, ma in negativo per l’intera economia italiana. I dati della Commissione parlano chiaro: siamo l’unico Paese dove il Pil rimane sotto l’1% nel 2017, fanalino di coda dell’Eurozona e distanti ben 0,8 punti dalla media europea. Stessa storia per il tasso di disoccupazione: 11,5% quello italiano contro la media Ue che scende al di sotto dell’8%. Dunque, altro che “economia in crescita” e “più occupati” come vanno dicendo Renzi e Padoan difendendo la “renzinomics”, la politica economica del governo Renzi, e il Jobs Act! È il solito fumo negli occhi, finalizzato a nascondere un fallimento che ormai è sotto gli occhi di tutti.