Def e manovrina, la montagna ha partorito un topolino

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Def e manovrina, la montagna ha partorito un topolino

13 Aprile 2017

Def e manovrina sono servite. Tutti, governo e renziani, esultano e dicono di aver vinto la partita. Il duo Gentiloni-Padoan è lieto di annunciare di aver fatto “i compiti richiesti” dall’Ue. I renziani, dopo settimane di incessanti pressioni al governo, ora tirano un sospiro di sollievo e sono ben contenti di poter abbinare alla manovrina la parola “crescita”, antico retaggio dell’annuncite renziana. Sono soddisfatti anche i vertici europei di Bruxelles secondo cui “l’Italia sta andando nella giusta direzione” anche se all’appello mancano ancora le coperture e quella riforma del catasto che fino a poco tempo fa la Ue considerava “indispensabile”. Tutti felici, dunque. E se si dà un’occhiata alle misure previste dal governo si capisce anche il perché: cambia di fatto poco o nulla. Come dire, la montagna ha partorito il topolino.

La tassazione sul lavoro e sulle imprese rimane elevata. Mancano misure decise verso la detassazione della produttività. Così come è del tutto assente un sostegno all’occupazione giovanile che dovrebbe concentrarsi più sui canali dell’alternanza e dell’apprendistato. Sul fronte privatizzazioni, con ogni probabilità la Cassa depositi e prestiti acquisterà quote delle società “strategiche” come Eni ed Enel mettendo invece sul mercato una piccola parte delle proprie azioni. In questo modo, lo Stato potrebbe riuscire ad incassare qualche miliardo, ma dal punto di vista del controllo effettivo non cambierebbe nulla. E la riprova di ciò è data dal fatto che Renzi, che ha faticato tanto per mantenere il controllo delle partecipate imponendo a Gentiloni la nomina dei suoi ai vertici delle stesse, in merito non ha battuto ciglio.

Anche il taglio dell’Irpef, forse l’unica misura importante e già in programma, annunciata da Renzi come una rivoluzione copernicana, manca all’appello. Così come si centra solo “di striscio” l’obiettivo centrale, ovvero quello di dare una sterzata di rilievo alla spesa pubblica. Sono stati, infatti, rinviati i tagli strutturali, e non si parla nemmeno di una vera lotta agli sprechi, né tantomeno di una concreta spinta a semplificare regole, procedure e adempimenti. 

Insomma, tutti, governo, renziani e Commissione europea – la cui linea dura delle scorse settimane alla fine si è sciolta per la paura che una procedura di infrazione avrebbe solo ingrossato le fila dei fautori di “Italexit” – dicono di aver vinto perché tutti, in sostanza, hanno cercato di mantenere ben salde lo loro poltrone. Ma alla fine, risultati alla mano, c’è poco da esultare: avere un governo in continuo scacco del “capo politico” del partito di maggioranza e arrivare a presentare come “espansiva” una manovrina il cui unico obiettivo era e resta il solito dei governi di sinistra, quella politica del “tassa e spendi”, più che di vittoria sa tanto di bluff.