Del nucleare Cacciari ha capito poco

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Del nucleare Cacciari ha capito poco

23 Aprile 2008

Il sindaco di Venezia Massimo Cacciari ha bocciato l’energia nucleare. Il primo cittadino della città lagunare ha parlato dei
“costi proibitivi” di questa tecnologia e ha aggiunto: “Con i costi che ha una centrale nucleare e con quanto costerebbe
comunque oggi in Italia una centrale di ultima generazione, aggiungendovi le
opere di sicurezza necessarie e il problema dello smaltimento delle scorie,
secondo me comporterebbe cifre tali da rendere competitivo il petrolio fino a
cinquecento euro al barile”.

Non è chiaro a che titolo Cacciari parli. Se lo fa
come privato cittadino, la logica conseguenza è quella di investire nel greggio
e vendere le azioni di imprese che fanno nucleare. E’ un suo diritto e la cosa
non è di particolare interesse per l’opinione pubblica, se non per quella (presumibilmente
ristretta) porzione di cittadini che guarda a Cacciari come a un guru
finanziario. Se invece Cacciari parla come politico, non si capisce dove voglia
andare a parare.

E’ infatti vero che i costi di
impianto di una centrale nucleare sono decisamente più alti di quelli stimati
per centrali convenzionali – per esempio a carbone o a gas. Ma è ugualmente
vero che il costo del combustibile è assai minore, in rapporto all’investimento
complessivo.

La scelta tra le diverse tecnologie, dunque, non riguarda tanto il
costo per kilowattora dell’energia prodotta durante il ciclo vitale degli
impianti, ma un’opzione tecnologica e di ripartizione dei costi. L’atomo è una
forma di energia caratterizzata da alti costi fissi e grande stabilità dei
prezzi, mentre per il gas è vero il contrario: bassi costi fissi e grande
volatilità dei prezzi. Il carbone si colloca nel mezzo. Alla domanda su quale sia
la via migliore, semplicemente, non può esserci risposta. L’offerta di energia
elettrica è variegata e deve rispondere a una domanda variabile secondo cicli
giornalieri e stagionali, oltre che rispondere alle esigenze differenti dei
vari tipi di consumatori. La concorrenza tra le diverse compagnie non è al
livello delle tecnologie adottate, dunque, ma al livello del portafoglio di
centrali di cui dispongono e del tipo di offerte commerciali che questo
consente di proporre: spetta alle strategie industriali delle imprese, non a un
uomo politico, decidere se e quale spazio dare al nucleare. O almeno così
dovrebbe essere in un mercato liberalizzato.

Proprio a causa della prevalenza
dei costi fissi, il costo degli investimenti nucleari dipende criticamente dalla
credibilità politica del paese che li ospita. In un paese in cui gli
investitori percepiscono un alto rischio politico (per esempio che le
autorizzazioni vengano prima concesse e poi ritirate, o che i lavori siano
bloccati a causa delle opposizioni antinucleariste) viene richiesto un maggiore
ritorno sul capitale investito, in modo tale da scontare tale rischio.
Dichiarazioni come quelle di Cacciari – e a maggior ragione di chi ricopre o
ricoprirà o potrebbe ricoprire incarichi di governo – hanno paradossalmente
l’effetto di una profezia che si auto avvera: più i politici esprimono dubbi
sul nucleare, più gli investitori temono dei colpi di coda e sono riluttanti a
mettere i loro soldi su una tecnologia che, di per sé, molti ritengono
interessante per le sue caratteristiche economiche e ambientali.

Quindi, il maggiore ostacolo per
il nucleare non è di natura economica, ma politica. Finché i politici non
accetteranno che il mercato è ormai liberalizzato e quindi a loro spetta il
compito di definire le regole – ma non le strategie industriali – difficilmente
l’Italia potrà avere la speranza di tornare nel nucleare.

Un politico
autenticamente e visceralmente nemico dell’atomo potrebbe fare un calcolo
cinico e rilasciare dichiarazioni proprio per impedirne il ritorno. Ma un
amministratore serio dovrebbe frenare la lingua e chiarire dove finiscono le
sue convinzioni personali e dove inizia il suo ruolo pubblico.