Deportazioni, colonizzazioni, genocidi, il volto truce di popoli in movimento
02 Ottobre 2009
La premessa si chiama cambio di marcia del nazionalismo ottocentesco. Il momento di svolta coincide con la seconda metà del secolo quando da inclusivo si trasforma in esclusivo: una precisa gerarchia presiede alle dinamiche fra i popoli e non tutte le nazioni possono vantarsi di detenere gli stessi diritti di partenza, al contrario ognuna si vive come superiore all’altra. Punto di snodo positivo, il Risorgimento italiano; all’opposto, l’Unificazione tedesca. Col sopraggiungere del secolo breve questo clima intollerante si radicalizza ulteriormente ed inizia la pratica dei genocidi. Il massacro perpetrato dai turchi nei confronti degli armeni è solo l’avvisaglia di un’accelerazione epocale che conoscerà repliche tremende negli anni a venire. Per l’élite ottomane si trattava di popolazioni “infedeli e in collusione con il nemico russo, con i loro connazionali al di là del confine”, quindi da spostare senza troppi scrupoli umanitari. Una sopravvissuta all’eccidio ricorda: “Il piano del governo consisteva nel far andare avanti tutti fino a quando non fosse morto l‘ultimo uomo”.
Le testimonianze di osservatori stranieri sono abbastanza convergenti nell’attestare di persone “trattate al rango di bestie”. In particolare “le donne, la cui vulnerabilità era estremamente elevata, erano soggette a violenze ripetute da parte dei soldati che accompagnavano le marce. Sesso le colonne in marcia erano affidate… a gruppi di veri e propri banditi, ai quali, in alcuni casi, i funzionari turchi avevano venduto come schiavi le persone in marcia…”. Così Gustavo Corni, prof di contemporaneista dell’Università di Trento, autore di un bel libro-sintesi, “Popoli in movimento”, su spostamenti di popolazione e stragi di massa del secolo appena trascorso.
Il punto d’avvio è il pregiudizio che una “comunità ostile” non può durare troppo a lungo all’interno dei confini dello stato-nazione. Intorno, una raggiera di altre dubbie e, quasi sempre terribili, considerazioni. L’Olocausto il culmine, il Gulag un qualcosa che se muove da premesse differenti, raggiunge risultati non dissimili.
Corni parla anche delle grandi espulsioni seguite alla fine della Seconda guerra mondiale. A cominciare dalle violenze a cui sono sottoposte “svariate centinaia di migliaia di donne di ogni età… da parte dei soldati sovietici” in concomitanza con circa 12-13 milioni di cittadini del Reich in precipitosa fuga dall’Armata Rossa verso Occidente. Tedeschi dei Sudeti, tedeschi residenti in Polonia, istriani, eccetera, sono intere comunità costrette ad abbandonare, spesso in fretta e furia, case e luoghi d’appartenenza. Gli spostamenti forzati coinvolgono “circa una ventina di milioni di persone” e si concludono solo all’inizio degli anni Cinquanta.
Gustavo Corni, “Popoli in movimento”, Sellerio, pagine 200, euro 12,00.