Detesto Flores D’Arcais per il suo illuminismo dogmatico e saccente

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Detesto Flores D’Arcais per il suo illuminismo dogmatico e saccente

14 Novembre 2010

Forse pecchiamo di presunzione nel pensare che anche un santo potrebbe perdere la pazienza se messo al confronto con Paolo Flores D’Arcais. Il peggior anticlericalismo, risorto dopo l’elezione al soglio pontifico di Joseph Ratzinger, ha in lui un esponente di assoluto e rumoroso rilievo. Anzi nel suo caso non ci si limita a criticare l’istituzione del Vaticano, ma ci si fa banditori dell’illuminismo più dogmatico e saccente.

Può quindi capitare che un buon cattolico (ma anche un più generico cristiano o addirittura un ateo devoto o come minimo riconoscente nei confronti della tradizione giudeo-cristiana) perda la calma leggendo o ascoltando il direttore di MicroMega. Può ritrovarla e consolarsi meditando sulle famose parole dello scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton (l’inventore di padre Brown, il detective tomista): chi smette di credere in Dio finisce per credere in qualsiasi cosa. 

Se Piergiorgio Odifreddi coltiva il dogma e pratica il culto della logica matematica (è in virtù di questa si permette di considerare idioti primitivi tutti i diversamente credenti e “cretini” i cristiani), il suo collega (l’anticlericalismo in Italia è ormai un mestiere) Flores D’Arcais crede ancora a talismani intoccabili come la Costituzione e, peggio ancora, alle favolette di Jean Jacques Rousseau (nonostante preferisca essere accostato a Voltaire). Tali impressioni su di lui sono state ulteriormente rafforzate dalla lettura della sua ultima fatica, La sfida oscurantista di Joseph Ratzinger (Ponte delle Grazie).

L’autore, non ha (quasi) bisogno di presentazioni; si sa che è uno dei figli del Sessantotto, non di quello peggiore – “il catechismo della cretineria”, per citare Guido Ceronetti – ma di quello più impegnato e riflessivo. Fu infatti giovane trozkista, ma si accasò dopo qualche anno nel Psi. Ottenne così la direzione della storica rivista “Mondo Operaio” e un posto a tavola accanto a Bettino Craxi. Ebbe però la prontezza di alzarsi dalla sedia poco prima della fine del banchetto, ovvero del piombare di Mani pulite sul partito. Passato al Pds, diede vita alla sua creatura MicroMega: uno dei tanti organi di stampa (forse troppi) che coraggiosamente (l’unione fa la forza) sostennero l’operato del pool milanese e la rigenerazione giudiziaria dell’Italia.

Lungo il corso di tutti questi anni, dando sfogo al suo animo profondamente giacobino, ha fatto professione di radicale antiberlusconismo (anche quello è un impiego a casa nostra): prima facendo i girotondi con Nanni Moretti e Pancho Pardi, in seguito sponsorizzando Di Pietro, sostituito poi con De Magistris. Ultimamente ha cercato di fondare “il partito dei senza partito” in combutta con il giallista Andrea Camilleri, e non riuscendoci ha affidato le sue speranze a quelle che ritiene le realtà più rivoluzionarie sul mercato: la Fiom e Gianfranco Fini.

L’unico uomo in cui il professor Flores D’Arcais (o meglio, ricercatore  universitario in Filosofia morale alla Sapienza) vede una calamità per l’Italia peggiore di Berlusconi è Benedetto XVI. Ha dedicato al Santo Padre il suo ultimo pamphlet perché con lui ha un conto in  sospeso, come racconta nella Prefazione. Accade infatti nell’anno 2000 che Ratzinger, allora cardinale e prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, accettò un confronto pubblico con il filosofo girotondino.

La “controversia su Dio” andò in scena al teatro Quirino di Roma, di fronte a un folto pubblico, moderata da Gad Lerner. I due rimasero ovviamente delle rispettive opinioni, ma Flores D’Arcais vide spiragli di miglioramento rispetto al “progetto reazionario” messo in atto da Giovanni Paolo II. Soprattutto quando l’odierno pontefice fece appello “alla coscienza e alla ragione” e riconobbe la validità dell’Illuminismo, riconoscendovi la presenza del messaggio cristiano. Inoltre i due si lasciarono con la dichiarata disponibilità a rinnovare l’incontro, continuare la controversia lasciata  aperta.

Poi avvenne l’irreparabile: Ratzinger si trasformò nel mister Hyde Benedetto XVI. Da allora si è rimangiato tutto, si è smascherato come degno continuatore di Wojtyla nel tentativo di instaurare una “teocrazia debole”. Per giunta ha interrotto il necessario confronto con il “pensiero laico” e “preferisce ormai il monologo” (ovviamente “incoraggiato dal regime berlusconiano”…): lo si evince dal fatto che non ha trovato nemmeno un paio di ore per continuare il match con Flores D’Arcais. Che c’è rimasto male ed ha deciso di rispondere per le rime, di combattere l’oscurantismo con tutto il sarcasmo necessario imparato dal maestro Voltaire. Così fioccano gli epiteti: “il pastore tedesco” (tra l’altro neanche originale, così titolò “il manifesto” in prima pagina dopo l’elezione), “l’inquisitore postmoderno”, il “capo del Sant’Uffizio”.

Ma non è il dileggio l’arma che il partigiano antiteocratico D’Arcais sfodera con più maestria. È pur sempre un filosofo, il ragionamento è il suo forte. Peccato che un buon numero delle sue conclusioni possano essere smontate facilmente non solo da un raffinato teologo come Ratzinger, ma più modestamente anche dal sottoscritto. In primo luogo il papà di MicroMega sostiene che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno “tradito il Concilio Vaticano II”. Eppure dovrebbe sapere che quella dello “spirito del Concilio” è una leggenda messa in giro dal Giuseppe Dossetti e dai suoi seguaci bolognesi. Lo stesso Ratzinger ha già chiarito un quarto di secolo fa che il Concilio non fu una rottura radicale ma un rinnovamento attuato in piena continuità con la precedente storia della Chiesa. Basterebbe attenersi ai documenti prodotti allora invece di appellarsi all’evanescente spirito che fu più che altro un fenomeno mediatico.

Inoltre, Flores D’Arcais è assolutamente convinto che il monoteismo sia intrinsecamente violento perché nemico di ogni pluralismo. In questo non vi è nessuna differenza, secondo lui, fra l’Islam e il Cattolicesimo. Dovrebbe rileggere con attenzione Corano e Vangelo per scoprire una differenza non da poco: i maomettani sono invitati a convertire anche con la spada, a differenza dei cristiani. Risulta anche risibile la sua risolutezza nell’affermare che il “cesaropapismo” sia “l’unica conseguenza logica del pensiero monoteista”; basterebbe dare un’occhiata alla giustificazione della democrazia data da San Tommaso d’Aquino.

Comunque è meglio non correre rischi, occorre impedire la “restaurazione costantiniana” ordita dal papa reazionario: la Chiesa deve essere privata del suo ruolo nello spazio pubblico, va rinchiusa nel privato e non deve aprir bocca sulle leggi dello stato. Anche in questo caso, il nostro girotondino dimostra (o fa finta) di non aver capito. Cristo ha incaricato i discepoli ed i loro successori di predicare al mondo intero, non di coltivare una spiritualità tutta interiore; non si può quindi chiedere ad elettori ed eletti di fingere di non essere credenti, di lasciare la fede fra le mura della chiesa e non portarla con loro in cabina elettorale o in parlamento. Inoltre il trono di Pietro ha ogni diritto di dire la sua riguardo i “valori non negoziabili” (inizio e fine vita).

Non poi vero, come sostiene il filosofo D’Arcais, che per il Cattolicesimo il corpo sia alleato di Satana, semmai erano gli eretici catari da lui esaltati. che condannavano la materia come intrinsecamente malvagia (di conseguenza praticavano con assiduità aborti e suicidi). La sua teoria della “autonomia assoluta” dell’uomo da ogni guida religiosa dovrebbe essere già stata sufficientemente smentita dai totalitarismi novecenteschi. Ma il cantore del “disincanto” forse non è troppo preparato in storia (d’altronde definisce “libertario” il primo bolscevismo e dimostra di ignorare la figura di Pio XII).  

Concludendo, vorremmo appellarci al Santo Padre: trovi un paio d’ore per dar retta a Flores D’Arcais, anche senza Lerner come moderatore. A questo alfiere dell’illuminismo amputato, della ragione limitata ai soli dati sensoriali ribadisca grandezza e santità del paradosso della Chiesa, istituzione umana e divina, razionale ed irrazionale, in perfetto equilibrio fra cielo e terra. Potrà capitare che il filosofo amico di Camilleri neghi ancora una volta la presenza del logos nella natura, forse dicendo come Sartre che “la natura è muta”. Basterebbe rispondergli: “no, sei tu ad essere sordo”.