Di Castro in Castro, la libertà a Cuba è ancora lontana

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Di Castro in Castro, la libertà a Cuba è ancora lontana

19 Febbraio 2008

Dopo quarantanove anni al governo e a quasi diciannove mesi
dalla consegna dei poteri effettivi al fratello Raúl, Fidel Castro abbandona.
Già al voto dello scorso 20 gennaio per il rinnovo dell’Assemblea del Potere
Popolare c’era stato un segnale quasi impercettibile, quando dallo scrutinio
era saltato fuori che Raúl Castro aveva preso più voti del fratello. La possibilità che i cubani dicano la loro sul
governo, attraverso la cancellazione di uno o più nomi sulla lista unica, è veramente
minima. Ma un numero relativamente consistente di cittadini l’aveva usata per
suggerire al líder máximo di cedere
il posto al fratello anche dal punto di vista formale.

Poi, mercoledì scorso, il ministro degli Esteri cubano,
Felipe Pérez Roque, ha annunciato che Cuba avrebbe aderito a due convenzioni
Onu sui diritti economici, sociali e culturali, non rinunciando però alle
obiezioni e alle critiche che “a suo tempo aveva avanzato il Comandante”. A
dicembre Fidel Castro aveva infatti attaccato il contenuto delle convenzioni
dove promuovono la formazione di sindacati liberi (“che servirebbero da arma
all’imperialismo per cercare di dividere e frammentare i lavoratori” a scopo
“sovversivo e destabilizzatore”) e l’insegnamento privato (“che in passato ha
dato luogo a dolorose sofferenze e irritanti privilegi e ingiustizie” a Cuba).

Dopo ancora, venerdì sono stati liberati sette dei 75
dissidenti arrestati nel marzo del 2003 e  condannati a pene pesantissime. Sabato Castro
ha pubblicato un lungo articolo sulla campagna elettorale negli Stati Uniti, alludendo
a “un tema di grande interesse per i miei compatrioti”. E sabato quattro dei
sette dissidenti liberati sono arrivati a Madrid. Insomma, numerose sono state
le avvisaglie che il líder máximo
stesse per annunciare la sua intenzione di non ricandidarsi al vertice del Consiglio
di Stato, il più alto organismo politico dell’isola. Non si ha la certezza,
tuttavia, che queste avvisaglie vadano lette alla luce dell’avvicendamento; e non
è neanche del tutto chiaro se possano essere considerate un segnale di apertura
oppure siano semplicemente un contentino per il governo Zapatero, che tanto ha puntato
sul dialogo con Cuba ed è in piena campagna elettorale. Il governo cubano è
evidentemente interessato a che vincano i socialisti invece dei popolari, che
nei confronti del regime castrista hanno una linea più dura. D’altronde, qualcosa
in cambio doveva pure essere data al governo Zapatero, che molto ha insistito
con l’Unione Europea affinché alleviasse le sanzioni imposte nel 2003 in
risposta all’ondata di arresti sull’isola ordinata da Castro.

Il dittatore cubano comunque non andrà in pensione, resterà
deputato e continuerà a scrivere articoli d’indirizzo strategico e sorveglianza
ideologica: “Non mi congedo da voi. Desidero solo combattere come un soldato
delle idee. Continuerò a scrivere”. Il primissimo polso di quanto sta accadendo
a Cuba lo avrà il segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone, che proprio
dopodomani sbarcherà sull’isola.