Diagnosi fondata ma non la terapia

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Diagnosi fondata ma non la terapia

Diagnosi fondata ma non la terapia

24 Aprile 2014

Caro Direttore,

la cartella clinica del vecchio centrodestra che Sandro Bondi ha affidato a queste pagine è impietosa e persino eccessiva: il triste epilogo non può trasformare una intera stagione in una catastrofe. Se tuttavia ha un qualche fondamento la diagnosi, non lo ha la terapia indicata. Ciò anche per il ritardo con il quale molti, in Forza Italia, stanno giungendo ad alcune conclusioni: ci si improvvisa attenti al Paese dopo aver tentato di buttarlo a mare; ci si scopre riformisti dopo aver sabotato le riforme e additato con la categoria leninista del “tradimento” quanti ne hanno impedito il naufragio; ci si allarma per il vuoto politico al di là di una leadership dopo aver opposto inconsistenti “lealismi” alla lealtà di chi diceva che quella leadership era tanto ma non poteva essere tutto, e che considerandola tutto ci si sarebbe ritrovati con il niente di un deserto ideale. Con dignità e con un travaglio che merita rispetto, è con questo niente che Bondi cerca oggi di fare i conti.

Nella sua lettera ho rivisto i nodi di fondo degli ultimi anni di comune militanza. Da una parte vi era chi, come lui, vedeva in Silvio Berlusconi l’esclusivo comune denominatore di una pluralità di storie e sensibilità. Dall’altra chi riteneva che, ancorché straordinaria, per farsi progetto politico una leadership ha bisogno di un partito e soprattutto di idee e principi che esistevano ieri, esistono oggi, esisteranno domani. Non si tratta di essere laici o cattolici, mangiapreti o baciapile. Si tratta di riempire le etichette di contenuti e far sì che siano i contenuti a separare il centrodestra dalla sinistra, la propria parte dalla parte avversaria, con la quale si può condividere un governo d’emergenza ma che bisogna ambire a tornare a sfidare senza subalternità. Il ragionamento di Bondi incarna invece il vero rischio in cui incorre chi ha creduto che una leadership eccezionale fosse tutto: il rischio di riempire il niente affidando ciò che resta del vecchio centrodestra a un modernizzatore talmente di sinistra da aver traghettato il suo partito nel Pse. Noi a questa prospettiva non ci siamo arresi. Non ci siamo rassegnati all’idea che la sola alternativa possibile sia quella tra Renzi e Grillo. Crediamo che il centrodestra meriti un partito come casa, dei principi come guida e un leader che guardi al futuro; che ci sia una stagione, dopo.

Gaetano Quagliariello, coordinatore nazionale del Nuovo Centrodestra

(Tratto da La Stampa)