Dialoghetto di un parroco col suo parrocchiano sul ritorno dell’anticlericalismo

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Dialoghetto di un parroco col suo parrocchiano sul ritorno dell’anticlericalismo

04 Giugno 2007

Parrocchiano –  Buona sera, don Alberto. E’ tardi, non va a cena?

 Don Alberto – Ho voglia di far due passi, prima che faccia buio…

 P. –   Che è successo? Mi sembra turbato…

 D.A. – Niente! Volevo solo prendere un po’ d’aria…

 P. –  A me non la racconta: ci si conosce da anni…

 D.A. –  No, è che ho avuto un incontro che mi ha un po’ amareggiato…

 P. –  Con chi?

 D.A. –   Col dott. Rossi: sai, quel giovane funzionario del comune che abita nel palazzo davanti alla scuola elementare…

 P. –  Lo conosco appena. L’ho visto in chiesa l’altra domenica: la cosa mi ha fatto meraviglia, perché, se non sbaglio, non ci viene mai.

 D.A. –   E’ così. Ma quel giorno il suo figliolo faceva la prima comunione…  Per la verità aveva già partecipato con la moglie alle riunioni che teniamo durante i mesi del catechismo, ma non aveva mai aperto bocca:  teneva sempre gli occhi socchiusi e un sorriso fisso in faccia, come uno che si sente a disagio e non vede l’ora di andarsene…

 P. –  E cosa le ha detto?

 D.A. –  Devi sapere che, nell’assemblea dei genitori, li avevo pregati di non scattare fotografie in chiesa, durante la messa. Lo sai come vanno queste cose: centinaia di flash di telefonini e di macchine fotografiche, “mettiti in posa!”, “torna indietro!”, “una foto con la nonna!”, e questi poveri figlioli, sballottati di qua e di là, pensano a tutto fuorché a quello che stanno facendo… Come tutte le altre volte, ho naturalmente parlato al muro: hai visto anche tu cosa è successo…

 P.–  Ma stavolta si è incavolato…

 D.A. –  Sì, ho preso il microfono e gliene ho dette due: che s’era in chiesa, che li avevo avvertiti, e così via. Sembrava che la cosa fosse finita lì…

 P. –  E invece ?

 D.A. –   E invece ho incontrato un’ora fa il dott. Rossi, che era stato uno dei fotografi più attivi… Mi ha detto che mi voleva parlare un istante e mi ha scaricato addosso un sacco di discorsi…

 P.–   Di che tipo?

 D.A. –  E’ partito dalla messa della comunione: che lui non ci credeva, che aveva accettato che il figliolo la facesse per via della moglie, che la considerava una specie di rito di iniziazione (ha detto proprio così) e questi riti si fanno apposta per essere ricordati: per questo la tecnica moderna (e sottolineava con la voce la parola  moderna) mette a disposizione le macchine fotografiche, i telefonini e le videocamere …

 P. –  E lei?

 D.A. –  Gli ho risposto che quando si va in casa degli altri, bene o male se ne devono accettare le regole…

 P.–  O dove l’ha trovato tutto codesto coraggio? 

 D.A. –  Non fare lo spiritoso…Allora si sono aperte le cateratte… ha cominciato a dire che noi preti siamo sempre i soliti, che vogliamo escludere invece che includere: era sembrato che fossimo un po’ cambiati, ma ora abbiamo gettato la maschera…

 P. –  Tutti  questi discorsi per delle fotografie?

 D.A. –   E’ ciò che m’ha stupito. Sembrava che avesse trattenuto per mesi in gola tutte queste accuse e ora finalmente trovasse il modo di vomitarle. Ma poi è andato nel difficile…

 P.–   Cioè?

 D.A. –  Ha aggiunto che d’altronde c’era poco da aspettarsi da un’istituzione che si fondava su tutta una serie di menzogne! «In che senso, scusi?», gli ho chiesto. E lui: «Come se non lo sapesse! Avete trasformato un certo Yeshua, un capopopolo ebreo di cui non sappiamo nulla, in Gesù, che sarebbe nientemeno che il figlio di Dio. Ci avete costruito sopra un castello di teorie teologiche chiaramente assurde, e tutto per mantenere il potere della vostra casta e trasmetterlo un secolo dopo l’altro».

 P.–  Comincio a capire…

 D.A. –  Beato te… Io sono rimasto a bocca aperta. Non pensavo che quel dott. Rossi (credo che sia laureato in giurisprudenza) avesse tutta questa cultura storica e teologica…

 P. –   Ma, don Alberto, discorsi di questo genere ormai si sentono dappertutto.  Il dott. Rossi deve avere letto qualcuno di questi romanzi a sfondo religioso che vanno di moda o più semplicemente è probabile che sia un fedele lettore di «Repubblica»: su quel giornale di discetta di questi argomenti perfino nelle pagine dello sport…

 D.A. – Comunque un attacco così, a brutto muso, qualche anno fa sarebbe stato impensabile. Tanto più a uno come me che si è sempre mostrato aperto a certe istanze…

 P.–   Ehm…

 D.A. – Credo che qualche responsabilità ce l’abbiamo anche noi. Questi irrigidimenti sono la risposta a certe durezze da parte nostra. Questo voler dire sempre la nostra su tutto, insistere proprio sulle questioni che fanno infuriare quella gente… La politica la devono fare i politici, fra cui ci sono anche dei buoni cattolici. Noi preti ci dobbiamo occupare di altro, delle cose di Dio…

 P.–  Allora ogni cattolico dovrebbe essere come il “Visconte dimezzato” di Calvino…

 D.A. –   Il Visconte dimezzato?

 P. –  L’avrà letto anche lei quel romanzo. Il credente dovrebbe essere diviso in due: la parte cattolica resta in chiesa, prega, canta, fa l’elemosina (pensa alle cose di Dio, come dice lei). Fuori, nel mondo, ci va invece la parte laica, che più somiglia agli altri, meglio è: così dimostra di non essere clericale. La metà che resta in chiesa non deve curarsi di come si comporta l’altra, e quella che va per il mondo si guarda bene dal portarci quello che sente dire in chiesa. Come si dice, deve fare opera di “mediazione”…

 D.A. –    Tu sei bravo a discorrere, ma intanto i vari dott. Rossi non ci possono più vedere….

 P.–   Guardi che non ci potevano vedere neanche prima, solo che si potevano permettere il lusso di usarci benevolenza, perché tanto eravamo inessenziali… Anche qui aveva ragione il mio zio prete…

D.A. – Ci risiamo….

 P. –   … diceva sempre: «la maggior parte della cultura e della politica di oggigiorno è risolutamente convinta che l’eone cristiano sia concluso…»

D.A. –    Ora che c’entra il leone?

 P.–   Non ho detto il leone, ma l’eone (elle, apostrofo, eone)!

 D.A. –  Cioè?

 P. –  In seminario, ai tempi del mio zio prete, si studiavano anche le eresie dei primi secoli. Si vede che a lui gli deve essere rimasto in mente questo termine: diceva che era d’origine gnostica. Deve significare, più o meno, grande epoca storica…

 D.A. –  E allora?

 P.–    Lo zio diceva che finché ci comportiamo come se anche noi fossimo convinti di ciò, che cioè il tempo del cristianesimo sia concluso, gli altri stanno buoni, ci trattano con benevola degnazione, come si fa con una specie in estinzione. Ma quando affermiamo, a parole e nei fatti, che l’eone cristiano è tutt’altro che finito perché non può finire (“non prevarranno”, ci è stato promesso), allora si incavolano, diventano irosi e aggressivi. Una specie in estinzione deve aspettare rassegnata la sua fine, non dire la sua su un tempo che non le appartiene più.

D.A. – Invece di chiarirmi le idee, me l’hai confuse… Cosa c’entra… (come si chiama?) l’eone col dott. Rossi,  non l’ho ben capito. Sarà meglio andare a cena, già si fa buio: et iam summa procul villarum culmina fumant…

 P.-  Che fa? Mi getta in faccia, così!, le sue reminiscenze ginnasiali?

 D.A. – O che credi? Che il tuo famoso zio fosse il solo prete dotto in questa diocesi?