Dialoghetto di un parroco toscano e di un suo parrocchiano al ritorno dal Family day

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Dialoghetto di un parroco toscano e di un suo parrocchiano al ritorno dal Family day

18 Maggio 2007

Continua la chiacchierata tra un sacerdote e il suo parrocchiano nostro collaboratore. Quest’ultimo al Family day c’era, il primo no. Ecco come è andata.

Parrocchiano: Buon giorno, don Alberto! Dove sta andando?

Don Alberto: A comprare il giornale.

P. : Se va da quelle parti, l’accompagno…

D.A. : Bravo! Che giornate! Che caldo! Come ce la passeremo questa estate? Lo diceva anche il telegiornale…

P.: Non vorrà mica parlare del tempo?  Ho l’impressione che sulla punta della lingua abbia qualche domanda da farmi… 

D.A. : Va bene… Ci sei andato poi a Roma?

P.: Certo che ci sono andato… Della nostra parrocchia ero l’unico, ma in piazza S. Giovanni certo non ero solo.

D.A.: Quando siete partiti?

P.: Alle 7 del mattino, dal parcheggio lungo la superstrada. Eravamo in quattro pullman.

D.A.: E chi c’era?

P.: Nel nostro quelli di Scienza e Vita, qualcuno di Alleanza Cattolica e un gruppo di Comunione e liberazione. Le solite teste calde, dirà lei. Ma anche una famiglia con bambini piccoli, un gruppetto di universitari, e perfino un canonico del duomo. Insomma di tutto un po’… L’organizzazione era tutta in mano alle ACLI, che hanno fatto miracoli: cestini da viaggio, cappellini, acqua. 

D.A.: Questa presenza delle ACLI, la capisco poco. E’ vero che non sono più quelli della “scelta socialista”, che fecero quand’ero in seminario, ma insomma sono pur sempre orientati a sinistra…

P.: Ora è lei che la butta in politica. Destra e sinistra c’entrano poco. Si tratta di un’associazione di lavoratori cattolici: da che parte vuole che stiano? Dalla parte di lor signori, vestiti firmati e “Repubblica” sotto il braccio?

D.A.: Sei il solito populista! O non c’era anche il dottor Berlusconi a manifestare con voi?

P.: Credo di sì, l’ho letto sui giornali, ma io non l’ho visto, e come me nessuno di quelli che erano in piazza.  I politici erano stipati in una specie di luogo recintato, sotto il palco, ma non hanno parlato se non ai microfoni dei telegiornali: la gente non ne sapeva nulla. Sarà che una manifestazione di quelle dimensioni è un po’ come le battaglie di cui parla quello scrittore dell’Ottocento (ora mi sfugge il nome): ciascuno è nel suo cantuccio, resiste lì, ma non sa bene quello che succede altrove. A leggere le cose che poi hanno scritto i giornali, mi sembra di essere stato da un’altra parte. Non corrisponde quasi niente…

D.A.: Vuoi dire che non c’erano i neocatecumenali che suonavano i tamburelli e ballavano in cerchio?

P.: Certo che c’erano… E allora? I nostri giornalisti che vanno ai concerti di Baglioni, si prendono per mano e cantano “Quella sua maglietta fina…”, fanno molto di diverso e di meglio?

D.A.: Non c’erano le truppe della Coldiretti, quelli che il mio professore di storia in seminario chiamava i “vandeani” d’Italia?

P.: Certo, anche quelli c’erano! Se il suo professore avesse letto il Novantatre di Victor Hugo, avrebbe parlato con più rispetto dei vandeani e… della Coldiretti.

D.A.: E i preti meridionali? Tutti a capo delle loro parrocchie, con stendardi delle confraternite e immagini sacre?

P. : Quello che mi fa più impressione dei  preti progressisti…

D.A.: Io non sono un prete progressista…

P.: Va bene, come non detto. Quello che mi fa più impressione di certi amici, cattolici progressisti (va bene così?), è il linguaggio. Parlano come gli altri, i cosiddetti “laici”; hanno le loro idiosincrasie e i loro schemi. A un prete non dovrebbero dare fastidio gli stendardi, le confraternite, le immagini mariane… Sono cose che appartengono alla sensibilità, alla storia della nostra gente. E questa sensibilità va rispettata, come ci sforziamo di rispettare gli usi e le tradizioni delle altre culture. Quanto ai preti, poi,  in piazza S. Giovanni ne ho visti pochissimi, in genere giovani e quasi tutti a bocca aperta di fronte a quel po’ po’ di gente, che certo non si aspettavano. Da questo punto di vista, è stata una manifestazione assolutamente… post-conciliare.

D.A.: Fai dell’ironia?

P.: No, parlo sul serio. O non è stato il concilio che ha rilanciato il ruolo e la visibilità dei laici? I nostri progressisti ne parlano continuamente, ma la concepiscono solo in opposizione alla gerarchia. Non ce la fanno a credere che due cattolici, uno con la tonaca e l’altro senza, arrivino autonomamente ad avere all’incirca le stesse posizioni. Quando capita, sono convinti che quello senza tonaca abbia venduto il cervello o, peggio ancora, speri di guadagnarci qualcosa. Per questo dicevo che la manifestazione di sabato è stata un esempio di autonomia del laicato.  Le associazioni e i movimenti ecclesiali si sono mossi con le loro gambe, spesso nel silenzio dei parroci (ehm!)…

D.A.: Ti ho spiegato  le ragioni di opportunità che mi hanno spinto a….

P.: Ma guardi, che forse è stato meglio così. Ci pensa come avrebbero strillato se si fossero visti tanti preti: avrebbero invocato il Concordato e il divieto ai sacerdoti di far politica, lamentato la violazione della laicità, insomma la solita musica.

D.A.: Cosa hanno detto gli oratori ufficiali?

P.: Sono stati bravissimi, ma in modo diverso. La voce commossa di Eugenia Roccella invitava al ragionamento, quella di Pezzotta ha scosso la gente. Ma sa chi è stato il vero eroe della giornata?

D.A.: Chi?

P.: Il cantante Povia.

D.A.: E chi è?

P. : Non lo conoscevo nemmeno io, ma i miei figli e mia moglie sanno tutto di lui. Quello che canta “I bambini fanno oh”…

D.A.: La canzone l’ho presente perfino io: l’hanno cantata alla festa dell’oratorio…

P.: Dopo aver cantato, mentre salutava, è andato in lungo e largo per il palco, mostrando un grande cartello, dove era scritto: “Non fatevi cambiare dal mondo”. E questo mi sembra il messaggio fondamentale della manifestazione di piazza S. Giovanni.

D.A.: Ci risiamo con queste pose da puri e duri! Il cristiano non deve avere questi atteggiamenti orgogliosi, ma restare in ascolto del mondo, coglierne le novità…

P.: Per favore, non ritiri fuori anche ora i famosi “segni dei tempi”. I tempi forniscono segni di ogni tipo e sta a noi cogliere quelli veri, non quelli che ci piacciono di più. Occorre “discernimento”, diceva il mio zio prete…

D.A.: Quel vecchio pacelliano…

P.: Sarà stato anche pacelliano, ma qui aveva ragione. Mettiamola così: anche questa manifestazione è un segno dei tempi. Ragionateci un po’ su.