Dialoghetto di un parroco toscano e di un suo parrocchiano prima del Family day

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Dialoghetto di un parroco toscano e di un suo parrocchiano prima del Family day

08 Maggio 2007

“Parroci porta a porta per il Family Day”. Così recitava un titolo del quotidiano L’Unità di lunedì.  L’intento era di fissare nelle menti dei lettori l’idea di una vera mobilitazione delle parrocchie per la manifestazione di sabato. Noi invece sottoponiamo ai nostri lettori  una chiacchierata tra un sacerdote e un suo parrocchiano nostro collaboratore.

Parrocchiano –  Ah, finalmente, don Alberto, finalmente la trovo! Come va?

Don Alberto – Non c’è male… E tu? La famiglia?

P. –  Accontentiamoci… Ero venuto per una questione…

D.A. –  Che c’è di nuovo? Quando ti vedo, è sempre per qualche problema!

P. – Non si allarmi. Niente di grave. Lei sa che sabato 12 maggio ci sarà il giorno della famiglia e che la maggior parte delle organizzazioni del laicato cattolico ha indetto a Roma una grande manifestazione. Partiranno alcuni pullman anche dalla nostra città.

D.A. – Chi li organizza? Comunione e liberazione?

P. – No. Glielo ripeto: non si deve allarmare! Hanno fatto tutto le ACLI, pensi un po’!

D.A. –  Ma va! Si mobilitano anche loro! Va bene, ma che c’entra la parrocchia con codeste manifestazioni?

P. – Entrarci…, veramente c’entrerebbe, ma non le chiediamo troppo: solo che il nostro bollettino parrocchiale, quello che viene distribuito alle messe della domenica, pubblichi il manifesto per la famiglia firmato dalle associazioni cattoliche.

D.A. –  Mah! Il problema è serio… Ti confesso che ci avevo pensato anch’io, ma non è cosa facile…

P. – Scusi, ma cosa c’è di difficile?

D.A. – Ma non capisci? Tutto lo stato maggiore della parrocchia stravede per i Dico, per i Pacs o come diamine si chiamano…

P. – Cosa? Ma che dice?

D.A. –  Lo sai anche tu che il nostro è un quartiere difficile, pieno di problemi. Sono molte le famiglie sfasciate, gente separata, che – come si dice ora –  è “fidanzata”, magari a cinquant’anni…

P.– Lo so, lo so! Mia moglie (che non è proprio una donna di chiesa e lei lo sa) lavora alla scuola elementare e ne vede di tutti i colori… Anche le conseguenze che tutte quelle situazioni hanno sui figli. Ma che c’entrano i divorziati con i Dico?

D.A. – Quelli che più mi danno una mano in parrocchia mettono tutto insieme. Dicono che, lottando contro i Dico, noi vogliamo giudicare la gente, ci mettiamo dalla parte di quelli fortunati e diamo un calcio nel sedere a quelli in difficoltà…

P. –  Ma, don Alberto, sono problemi completamente diversi. Guardi, son d’accordo anch’io che – come cattolici –  dobbiamo inventare qualcosa di nuovo per i nostri fedeli divorziati che cercano di rifarsi una vita. Vedere certe donne, che vengono in chiesa tutte le domeniche e che da anni non fanno la comunione, mi stringe il cuore. Ma tutto questo non c’entra con i Dico!

D.A. – Se c’entra o non c’entra, non lo so. Per loro c’entra…

P. – Ma non capisce che si fa una confusione tremenda? Però, scusi, proprio perché c’era questa confusione, non si poteva discuterne un po’ di più nei mesi scorsi? Dall’altare lei non ha mai detto una parola  sul problema della famiglia, non ha mai indetto una riunione o invitato qualcuno per parlarne…

D.A. – Sono questioni spinose, si rischia di mettersi contro tutti…

P. – Ma, don Alberto, lei non deve dimenticare che c’è un’altra metà della parrocchia che aspetta da anni qualche segnale. Il prete di prima non lo dava per principio, lei non lo dà – diciamo così – per …. prudenza.

D.A.– Ma, vedi, c’è sempre il rischio di cadere nell’ideologia, nell’argomentazione intellettuale. E, invece, lo sai come la penso io: il cristianesimo non ha bisogno di tanti discorsi, è solidarietà, è ascolto del fratello… E poi – parliamoci chiaro – gli altri sono più bravi di noi…

P. – Cioè?

D.A. – La Chiesa non sa gestire bene i media… Lo vedi: ci fanno continuamente dei tranelli e noi, continuamente, ci caschiamo.

P. –  Ma non crede che si possa imparare anche noi… Certo, se si sta sempre zitti…

D.A. – Ma che risolvi con le manifestazioni? Un po’ di rumore lì per lì, e poi tutto torna come prima.

P.– Veramente mi sembra che alle manifestazioni per la pace ci sia andato anche lei. E il prete di […] è andato anche a Vicenza, alla manifestazione contro gli americani, con quello che lei chiama lo “stato maggiore” della sua parrocchia. Abbiamo avuto all’altare per anni la bandiera della pace, come se, per dei cristiani, non bastasse il crocifisso come simbolo di pace …

D.A.– Tu caschi sempre nell’ideologia… Guarda che non ci conviene demonizzare quelli che sono al governo… Non sono mica diavoli! L’arcivescovo,  prima di venire da noi, era a capo di una diocesi emiliana: mi diceva l’altro giorno che lui laggiù per anni è andato d’amore e d’accordo con tutti, sindaci, sindacalisti, cooperative e quant’altro. E che ora tutta questa faccenda rischia di mandare a monte rapporti che erano tranquilli da decenni.

P. – Certo è facile andarci d’accordo, se uno gli dice sempre di sì su tutto. Ti trattano come un mobile d’antiquariato, da mettere in mostra in certe manifestazioni e poi fanno quello che gli pare.

D.A. – Con te non si può parlare. La butti sempre in politica e caschi sempre nell’ideologia!

P. – Sarà come dice lei… Ma, insomma, lo pubblica o no questo manifesto?

D.A. – Ci devo pensare… Non ti dico di no, ma ci devo pensare.

P. – Faccia come meglio crede. Buona giornata, don Alberto, ci vediamo domenica alla messa.

D.A. – Ciao, e salutami… la famiglia.