Diamo una chance alla pace ma senza imporla alla Ucraina
11 Maggio 2022
di Tiziano Rugi
L’incontro di Mario Draghi con Joe Biden a Washington non è stato solo un viaggio per mostrare la solidità dell’asse transatlantico, la volontà di non cedere di un millimetro sull’invio delle armi in Ucraina e liberarsi dal cappio energetico della Russia. Il presidente del Consiglio italiano ha sollevato temi ambiziosi e per certi versi sorprendenti visto il tipo di incontro. Come a dire, la sintonia tra gli alleati è completa, ma le posizioni non coincidono alla perfezione. L’invito ad accelerare per una soluzione di pace in Ucraina non è solo un discorso etico, ma una critica implicita alla prudenza ritenuta eccessiva di Biden.
Senza, naturalmente, dare per scontato che si troveranno interlocutori affidabili a Mosca e senza voler imporla a Kiev. Sulle armi, Draghi ha addirittura chiesto ai partner europei di razionalizzare la spesa militare, prima di pensare ad aumentarla. Un modo per farsi carico delle istanze all’interno della maggioranza di governo, ma inatteso. Come inattesa è stata a proposta del “cartello” di compratori di petrolio da opporre all’Opec. Probabilmente l’unico scopo era fare pressioni sull’Opec perché aumenti la produzione.
In ogni caso, si inserisce in una serie di dichiarazioni fatte dal presidente del Consiglio italiano negli ultimi tempi particolarmente assertive. Pochi giorni prima, l’appello a rinnovare i trattati Ue e superare il meccanismo dell’unanimità. Il fatto è che Draghi, oggi a Palazzo Chigi e prima a Francoforte, ha sempre avuto un mandato preciso. Proteggere l’economia in una fase storica complicata. Gli effetti negativi della guerra sui Paese membri dell’Unione europea sono profondi e minano la ripresa post Covid. Perciò Draghi chiede una pace in tempi rapidi, senza rinunciare alla sovranità europea.