Dietro i respingimenti dei clandestini c’è un vuoto legislativo lungo 60 anni
14 Maggio 2009
Dice l’articolo 10 della Costituzione: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici”. All’Assemblea Costituente il dibattito su questo articolo non si limitò a far richiamo ai patrioti italiani costretti all’esilio durante il Risorgimento o agli antifascisti fuoriusciti durante il ventennio di Mussolini. L’aggettivo “effettivo”, ad esempio, venne introdotto dopo una lunga schermaglia, volta appunto a far sì che non potessero esclusi i richiedenti asilo provenienti da Paesi dove certe garanzie fossero previste sulla carta ma poi negate nella pratica.
Fu escluso un testo limitativo proposto tra l’altro dal Lelio Basso cui oggi è intitolata la famosa Fondazione di sinistra, e che voleva limitare l’accoglienza solo a coloro che fossero effettivamente perseguitati. Si aggiunse però espressamente “democratiche” a “libertà”, proprio per impedire che potessero usufruirne anche i ricercati per reati comuni. Insomma, è un testo piuttosto largo, ma con precisi paletti, e comunque concepito in un momento in cui l’Italia era considerato da tutti un Paese storicamente, quasi fatalmente di emigrazione. Dunque, con il sottinteso che a chiedere asilo politico da noi sarebbero stati solo in pochi, e presumibilmente appartenenti a un’élite sociale e intellettuale. Che l’Italia potesse diventare meta di immigrazione, non se lo aspettava neppure il più ottimista degli eletti in quello storico consesso. Infatti, sostanzialmente la Costituzione italiana ignora il problema dell’immigrazione per ragioni economiche. E dal testo dell’articolo 10 è pure chiaramente escluso il caso dei profughi per ragioni di guerra o guerra civile, che tecnicamente oggi costitiscono la grande maggioranza dei richiedenti asilo nel mondo.
Come per molte altre disposizioni della Costituzioni, però, l’attuazione concreta del diritto di asilo sarebbe demandata a una legge, che non è mai stata varata. Bisogna dunque affidarsi un po’ ai principi astratti della stessa Costituzione, un po’ ai contenuti delle varie convenzioni internazionali che l’Italia ha ratificato nel corso degli anni. Lo strumento principale è la Convenzione di Ginevra sui Rifugiati del 1951, il cui testo è un po’ diverso: “diritto di cercare e di godere in altri Paesi asilo dalle persecuzioni”. “Persecuzioni” da un lato è limitativo rispetto all’articolo 10: significa quel che diceva Basso, che funziona solo se qualcosa sta effettivamente accadendo, e non per una semplice negazioni di diritti teorica. In compenso, persecuzione potrebbe applicarsi anche ai conflitti.
Comunque l’Italia la ratificò nel 1954, ma poi la modifica del 1967 richiese una ratifica ulteriore, nel 1972. E appunto con questa ratifica del 1972 l’Italia stabilì il principio della “riserva geografica”: avrebbe riconosciuto in linea di principio lo status di rifugiato solo a europei. Fatta salva la possibilità concreta di eccezioni, come fu per i cileni dopo il golpe di Pinochet o per i boat people vietnamiti. La riserva geografica venne meno con la Legge Martelli, che però di nuovo tralasciò di dare un contenuto concreto al diritto d’asilo, come pure restò lacunosa la Legge Turco-Napolitano del 1998. Invece diede alcune disposizioni concrete la Legge Bossi-Fini del 2002: spesso accusate però di essere troppo restrittive sia nei confronti della Costituzione che rispetto a quella sentenza della Cassazione del 1997, che di fatto è la principale normativa in materia. D’altronde si sa che l’Italia è una repubblica fondata sulla Cassazione: fin da quando nel 1946 fu appunto la Cassazione a tagliare corto alle polemiche sul referendum istituzionale, dichiarando appunto la vittoria repubblicana.
Dunque, una prima cosa da chiarire in relazione alle polemiche sul respingimento dei 227 clandestini verso la Libia, e che il vuoto legislativo in materia dipende da responsabilità equamente ripartite tra tutte le forze politiche che si sono alternate al governo negli ultimi sessantuno anni. Cioè, tra tutte le forze politiche. La seconda è che i 227 provenivano da Nigeria, Ghana, Gambia, Costa d’Avorio, Somalia e Mali. Tecnicamente, nessuno di questi Paesi costituisce una dittatura del tipo previsto nell’articolo 10 della Costituzione. La Somalia è invece uno Stato collassato e in Nigeria e Mali vi sono situazioni di guerra civile ma, appunto, il diritto a scampare da una situazione di guerra non è contemplato dalla Costituzione; ed è pure discutibile che sia coperto alla lettera dalla “persecuzione” della Convenzione di Ginevra, salvo situazioni di genocidio.
Nel dossier va pure ricordato che la gran parte degli emigranti per ragioni economiche tende ovviamente sempre a presentarsi come rifugiato per ragioni politiche: a parte la maggior facilitò di accoglimento, solo la richiesta di asilo obbligherebbe a accogliere momentaneamente il fuggiasco, in attesa del chiarimento. Ed è appunto questa la cosa che è stata rimproverata al governo italiano. Va da se però che allora si potrebbe lasciar perdere del tutto ogni controllo alle frontiere e sui mari: semplicemente, bisognerebbe mandare nei centri di accoglienza tutti gli stranieri che si presentino senza passaporto. D’altra parte, è pure vero che a volte è veramente difficile stabilire se la maggior repressione di un regime derivi dal suo autoritarismo o dalla sua incompetenza economica: si vedano i casi di Cuba o dello Zimbabwe.
Altra questione in sospeso: ma quanti sono effettivamente i Paesi al mondo in cui c’è un grado di democrazia e libertà almeno alla pari di quello italiano? Visto da destra, per dirla alla Guareschi: il governo ha fatto bene a rimandare indietro i 227, perché effettivamente la loro semplice provenienza li escluderebbe a priori. Visto da sinistra: ma in realtà i cittadini di tutto il Terzo Mondo stando alla lettera dell’articolo 10 potrebbero spostarsi in massa in Italia. Perché, siamo giusti, neanche in grandi democrazie come certamente sono l’India, il Sudafrica o il Brasile esiste un livello concreto di libertà equivalente a quello della Costituzione italiana. Per non parlare della Cina.
Problemi spinosi: che è forse semplicistico affrontare solo a colpi di intercettazioni; ma che è ancora più illusorio affrontare nello spirito del facciamo entrare tutti poverini. In realtà, la soluzione vera è solo quella della diffusione della democrazia anche a colpi di ingerenza umanitaria. Sia pure considerando che il principio va contemperato con massicce dosi di pragmatismo.