Dietro l’attacco sui preservativi c’è solo il tentativo di screditare il Papa
19 Marzo 2009
Il governo tedesco non molla. Dopo le severe critiche al Papa sul caso Williamson, l’esecutivo di grande coalizione torna ad attaccare il Vaticano. Questa volta in una forma più sobria, ma ad un tempo molto più diretta e pungente.
In un comunicato congiunto, senza direttamente citare il Pontefice, il Ministro della Salute Ulla Schmidt (Spd) e il Ministro per lo sviluppo e la cooperazione sociale Heidemarie Wieczorek-Zeul (Spd) sostengono che “ai più poveri deve essere dato accesso ai mezzi di pianificazione familiare. L’impiego dei condom rientra nel novero di questo concetto. Tutto il resto sarebbe irresponsabile”. Affermazione fatta propria anche dalla leader dei Verdi Claudia Roth e dal presidente dei liberali Guido Westerwelle.
Ma la ridda di dichiarazioni scatenata dalla frase proferita da Benedetto XVI nel suo viaggio in Camerun non si è fermata qui. Il responsabile sanità del partito socialdemocratico Wolfgang Wodarg ha accusato il Papa di “cinismo e di disprezzo per l’uomo”.
Ancora meno diplomatica la sua collega austriaca dell’Spö Bayr: “Il Papa annienta la vita”.
A guardar bene, pare quasi che in questa compatta alzata di scudi dei governanti di mezza Europa sia sotteso un disegno preciso. Un disegno volto a screditare il Papa, alterando volontariamente il contenuto delle sue parole e delle sue azioni.
Così è avvenuto già ai tempi di Ratisbona e poi più recentemente sull’onda delle dichiarazioni antisemite del vescovo Williamson. E ciò non si è verificato solo ai piani alti dei palazzi del potere, ma anche all’interno della Chiesa cattolica. Lo stesso monsignor Hans-Jochen Jaschke, vescovo ausiliare di Amburgo, ha voluto mettere i puntini sulle "i", esplicitando oggi la sua visione del problema: “Dobbiamo liberarci dal tabu del preservativo– ha detto- la Chiesa non sta nell’angolo buio di quelli contrari al profilattico”. E ha aggiunto di apprezzare il metodo ABC (astinenza, fedeltà, condom) consigliato oggi in Uganda tanto dallo Stato quanto dalla Chiesa. D’altra parte questo non era affatto il messaggio del Papa, il quale si era limitato ad invitare a non considerare il preservativo come l’unica via alla risoluzione del problema.
Come ha ricordato lo stesso padre Gemmingen di Radio-Vaticana: "I missionari in Africa sanno già come bisogna muoversi. Il Papa non ha affatto bandito il preservativo, ma l’ha circoscritto a situazioni di emergenza".
In realtà, anche all’interno della Conferenza episcopale tedesca il malumore nei confronti di Benedetto XVI è alto. Tutti i porporati più in vista, dall’ex presidente dei vescovi Karl Lehmann a quello attuale Robert Zollitsch (molto tenero sul celibato) sono apertamente collocati sul fronte liberal e mal sopportano la guida spirituale di Benedetto XVI (che secondo alcuni media tedeschi starebbe ora meditando un terzo viaggio nella terra natale).
Dal punto di vista politico, invece, la questione è più complessa. Mai un governo tedesco si era intromesso così negli affari vaticani in così poco tempo. E ciò può senz’altro essere interpretato in chiave elettorale. Tra pochi mesi in Germania si voterà e i socialdemocratici ci tengono a prendere bene le distanze da una “versione” del cattolicesimo che il loro elettorato difficilmente digerisce. D’altro canto, anche nell’SPD, vi sono alcuni cattolici, come la leader dell’ala massimalista Andrea Nahles, la quale, in una intervista che uscirà nei prossimi giorni sulla stampa italiana, ha chiarito molto candidamente di non aver gradito i modi con cui la signora Merkel ha apostrofato il Papa.
Insomma, la campagna elettorale si gioca anche sulle frasi pronunciate in Vaticano. E l’Spd non deve dimostrarsi da meno della signora Merkel.