Difendere la riforma Gelmini per restituire un futuro all’Università di Bari

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Difendere la riforma Gelmini per restituire un futuro all’Università di Bari

02 Dicembre 2010

Ventiquattrenne, iscritto alla facoltà di Medicina e Chirurgia di Bari e rappresentante degli studenti: Davide Ferorelli avrebbe tutte le carte in regola per essere lo stereotipo di ragazzo impegnato nella lotta contro il decreto firmato dal ministro Gelmini. Invece, il suo compito da rappresentante lo svolge nei corridoi delle università e in sala consiliare, pronto a difendere una riforma che ritiene possa migliorare il futuro della sua università e degli studenti che rappresenta.

In questi giorni studenti, ricercatori e alcuni professori protestano, insieme, contro questa riforma universitaria. Perché?

Nelle sue quasi cinquanta pagine la riforma Gelmini va a toccare gli ingranaggi che consentono il macchinoso movimento degli Atenei italiani. Purtroppo questo meccanismo, anziché aiutare la vita universitaria degli studenti, unici fruitori dei servizi universitari, risulta essere costituito dal corpo docenti e ricercatori che protestano perché terrorizzati dalla perdita di importanti privilegi.

In effetti, il concorso d’abilitazione nazionale e la nuova idea che è alla base della professione di ricercatore sono i due punti del decreto che preoccupano, e non poco, alcuni docenti che hanno fatto del baronaggio universitario uno stile di vita. Ma come è possibile che il disaccordo di alcuni di loro possa incidere così tanto sull’opinione pubblica?

Il dato che garantisce alla protesta una massiccia risonanza è la mancata imparzialità proprio di questi docenti, che non fanno altro che mistificare la realtà. La conclusione? Il mondo accademico si è spaccato e i docenti che vedono i propri interessi minacciati sono scesi in piazza. Sarebbe stato più dignitoso, ma purtroppo utopistico, se questi professori avessero pensato al bene degli Atenei piuttosto che difendere le loro posizioni.

Bene, ma in tutto questo ci sono gli studenti che manifestano al loro fianco: cosa impensabile qualche anno fa, dura realtà oggi.

La componente studentesca prende spesso posizioni così drastiche perché trascinata dalla sinistra universitaria, per la quale questa rappresenta un’occasione d’oro per farsi belli agli occhi dei docenti e dei propri partiti di riferimento.

Una strumentalizzazione politica, dunque. Come vi state preparando in Consiglio d’Amministrazione all’approvazione di questa riforma?

Nel verbale di esame, a cui sono stati sottoposti gli Atenei italiani da parte del ministero, la quasi totalità degli esaminati del Sud Italia – tra cui l’Università di Bari – è tornata a casa con una severa bocciatura. Questo significa che il nostro Ateneo avrà una cifra drasticamente ridotta sulla voce del bilancio a causa del taglio del famoso Fondo di Finanziamento Ordinario, il contributo annuale del MIUR per i singoli Atenei. La riforma Gelmini, infatti, tende a premiare gli atenei che hanno saputo ottimizzare le risorse economiche e non chi, come noi, ha stilato bilanci ben poco rigorosi negli ultimi decenni!

I fondi del ministero verranno destinati principalmente agli atenei virtuosi. Solo a coloro, insomma, che negli anni avranno dimostrato di saper bilanciare spesa e servizi. L’Università degli Studi di Bari è, a quanto dici, decisamente indietro da questo punto di vista. Qual è la strada della virtù?

Calcolando che il Fondo di Finanziamento Ordinario costituisce un’enorme fetta del nostro bilancio, l’Università è stata costretta a reagire con forza e con scelte spesso impopolari, ma assolutamente necessarie. Nella discussione sulla previsione dell’esercizio finanziario, già per l’anno 2010, era emerso un bilancio definito ironicamente, ma non erroneamente, di guerra. Ovviamente tutti i rappresentanti di categoria, come in tutte le guerre, hanno cercato di tutelare il più possibile la propria fazione: io, rappresentando la categoria degli studenti, cioè quella dei più deboli, ho dovuto votare contro la previsione di questo bilancio che ha poi visto l’aumento delle tasse degli studenti e la riduzione di importanti capitoli di spesa.

E’ l’unica via possibile per far quadrare i conti?

Purtroppo sì. Per responsabilizzare rettore e docenti è necessario porre dei limiti ai capitoli di spesa, altrimenti tutti potrebbero gestire tanti fondi, ma nessuno sarebbe capace di far tornare i conti. Definire la situazione del nostro Ateneo tragica è, forse, un eufemismo: tutti questi anni di mala gestione hanno distrutto questa Università e, oggi, solo il rigore può riportare Bari – come molte altre Università italiane – all’antico splendore.