Difendersi dal fisco che rapina non è uno scandalo

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Difendersi dal fisco che rapina non è uno scandalo

27 Agosto 2007

Non servono approfondite analisi politoligiche per comprendere che la partita politica dei prossimi mesi si gioca sul fisco e sull’ormai fantomatico documento sul welfare. La rapina fiscale della finanziaria 2007, si è tradotta in un’equazione perversa: più tasse per tutti, pagate da quelli che le avevano sempre pagate, più entrate fiscali, distribuzione dell’extra-gettito ai fannuloni e a copertura di chi vuole andare in pensione qualche anno dopo la fine della pubertà, con buona pace del patto tra generazioni. Nessun segnale infatti dal punto di vista dei contrappesi sul piano della continuità previdenziale, della formazione e degli ammortizzatori nella transizione da un posto all’altro.

Un documento, quello sul welfare, che racchiude numerosi elementi patogeni di schizofrenia. Si abbassa l’età pensionabile (un obrobrio storico) al costo di 10 miliardi di euro per i prossimi dieci anni, miliardi che verranno verosimilmente presi alzando le tasse (3 punti di aliquota in più) ai parasubordinati, cioè ai precari, cioè ai lavoratori più giovani. A pensarci bene però, questo non dovrebbe sorprendere più di tanto, al tavolo con il Governo per la definizione del documento sul welfare, c’erano solo e sempre i sindacati, che notoriamente non rappresentano, né i precari, né i giovani, ma solo se stessi e i lori privilegi.

Come se non bastasse, dopo il tesoretto, abbiamo il tesoretto bis sul quale, c’è da giurarci, la coalizione di governo si scannerà per l’ennesima spartizione. Secondo il Ministero dell’ Economia infatti, le entrate fiscali sono aumentate più delle previsioni e ciò potrebbe comportare una rettifica di 4 miliardi di euro addizionali, rispetto a quanto previsto in Finanziaria.

Siamo all’ennesima menzogna fiscale, funzionale ad una strategia di comunicazione di presunta lotta all’evasione, quanto mai utile in questo periodo dove, pezzi di opinione pubblica, parlano senza reticenze di rivolta fiscale.

Il tesoretto bis è semplicemente frutto di un errore previsionale, e senza fare un processo alle intenzioni, un errore probabilmente consapevole e strumentale, ammesso che al Ministero ci sia qualcuno che mastica un po’ economia.

Vediamo perché. In Finanziaria 2007, si era previsto che le entrate fiscali dovessero aumentare del 4%, come il PIL nominale. Tale assunzione è però economicamente sbagliata. Considerando che il sistema tributario è sensibilmente progressivo, le entrate fiscali crescono più che proporzionalmente al PIL e nei periodi di ripresa economica, l’elasticità delle entrate al PIL può arrivare all’1.5. Ora l’aumento delle entrate 2007 rispetto al 2006 sembra essere del 6%, quindi l’elasticità al PIL è esattamente dell’1.5. Ed ancora, l’autotassazione per le imposte dirette ha registrato un aumento del 21%. L’anno scorso, con l’ultima finanziaria del Governo Berlusconi ancora operante, l’aumento era stato del 17%. E’ facile desumere che la differenza, minima, è legata ad effetti congiunturali. Quindi nonostante lo stato di polizia fiscale introdotto da Visco, nessuno effetto della lotta all’evasione, ma semplicemente aliquote fiscali e tasse locali più alte e ripresa economica globale in atto (peraltro in Italia significativamente inferiore alla media europea).

Ma torniamo all’equazione perversa con la quale abbiamo iniziato e che sta davanti agli occhi di tutti i cittadini: più tasse, pagate dai soliti, con l’exra gettito sperperato in rendite e prebende particolari, e la benedizione interessata della trimurti sindacale, unico interlocutore. 

Dall’altro lato, cantieri chiusi (tranne quelli della Salerno Reggio Calabria nei giorni di esodo), penali pagate a chi doveva occuparsi della costruzione del ponte sullo Stretto, Comunità Montane che si occupano della politica nazionale delle infrastrutture, interi territori coperti da immodizie e pervasi dai fumi della diossina, aumento dello microcriminalità.

E non è tutto, pare che al ritorno delle vacanze (per chi le ha fatte), saremo sottoposti ad una raffica di aumenti che riguarderanno i beni di prima necessità (latte, pane) ed i consumi primari (elettricità, acqua). Poi, come al solito, ricominceremo a metterci in fila, spendendo l’ultimo giorno di vacanza per prenotare una TAC, che nell’ipotesi migliore faremo a primavera dell’anno prossimo, con la speranza di non aver bisogno di essere ricoverati prima, per non aver evitato, con il nostro scooter, l’ennesima buca.

Il cittadino paga, sempre di più, ed è solo nei suoi bisogni primari nelle sue difficoltà, nella costruzione della propria educazione e del suo percorso professionale, prigioniero nelle sue scelte quotidiane, impotente di fronte a burocrazia ed inefficienze. Non sa dove vanno a finire la montagna di tributi e balzelli, non c’è nessun segnale o sintomo di reciprocità tra ciò che si paga e ciò che si dovrebbe ottenere in cambio.

In queste condizioni, appare così scandaloso dire che il cittadino deve pretendere di sapere a chi e a che cosa servono i tributi che paga, che deve aver la possibilità di monitore da vicino chi utilizza le tasse che lui ha pagato, che deve poter indirizzare queste risorse a chi dimostra di impiegarle in maniera più utile e più efficiente, che deve poter essere, infine e soprattutto, libero di scegliere?

Peraltro, i contribuenti italiani, questa volontà l’hanno già dimostrata. Quando il Governo Berlusconi introdusse nella finanziaria 2006 il cosidetto 5 per mille a favore degli enti non-profit, 16 (sedici) milioni di contribuenti hanno fatto la loro scelta consapevole, hanno cioè scelto tra le tante piccole e grandi realtà locali che faticosamente ed autonomamente generano sussidiarietà e si sostituiscono allo Stato assente nel fornire servizi alle comunità. I cittadini vogliono scegliere e hanno dimostrato che quando possono farlo, lo fanno senza aver bisogno che il parroco minacci di scomunicarli durante l’omelia domenicale.

Questa dovrebbe essere la tanto vituperata rivolta fiscale. Dov’è lo scandalo, i rivoltosi non sono furbi ed egoisti mariuoli che non vogliono pagare le tasse, ma cittadini consapevoli che le tasse, giuste, vogliono indirizzarle a chi le utilizza per il bene e i servizi alla società e verso chi, non avendo redditi, le tasse non le può pagare.

E adesso i sepolcri imbiancati, non facciano finta di dimenticare questi problemi, questa rabbia, strumentalizzando le provocazioni verbali di Bossi, subito bacchettato che inusuale rapidità anche dal nostro Presidente della Repubblica, che si è evidentemente dimenticato del valore delle parole in libertà di quando scriveva sui fatti d’Ungheria. Abbiamo ex-terroristi ed inneggiatori di terroristi in Parlamento, ma il pericoloso estremista ed irresponsabile è Umberto Bossi. Tant’è.

Sta di fatto che il malcontento nel Paese è tangibile, e non solo al Nord. L’opposizione ha un’opportunità unica per porre fine al peggior Governo della Repubblica e tornare alle urne. La CdL deve prenderne atto e rompere gli indugi, per una nuova battaglia di libertà.

E se Cesa e Pionati non ci stanno, ce ne faremo una ragione.