Dio ha salvato Regina (e maggioritario) dai referendum e anche dal Terzo Polo
19 Maggio 2011
Al di là del merito dei risultati delle ultime elezioni amministrative, al di là dell’elenco dei vincitori e degli sconfitti, la cosa che più preoccupa nei commenti diffusi all’indomani dell’apertura delle urne è l’idea che il Paese avrebbe bocciato il bipolarismo ed il maggioritario. L’idea è apparentemente lineare: il Pdl e la Lega hanno perso ma il Pd non è riuscito ad intercettare gli elettori delusi del centrodestra. Quindi, il sistema veleggia verso una minore polarizzazione del sistema politico, verso una maggiore frammentazione, verso l’emersione di nuovi soggetti e nuove aree politiche, le quali inevitabilmente mettono in crisi l’attuale assetto bipolare.
Naturalmente, i fatti non stanno affatto così. Al di là del flop della Moratti e dell’inaspettata affermazione di Giuliano Pisapia, al di là dell’arretramento del Pdl e del risultato negativo di Silvio Berlusconi, al di là della delusione della Lega e dell’entusiasmo di Nichi Vendola e di Beppe Grillo, il dato politicamente più importante delle ultime elezioni è stata la netta sconfitta delle ambizioni neo centriste e terzo poliste di Casini, Fini e Rutelli. Ambizioni che costituiscono la più credibile minaccia per il bipolarismo. Se il Pdl cala e se il Pd arranca i neo centristi non ne traggono alcun beneficio. Anzi. Il risultato di Fli è deludente al di là delle più pessimistiche previsioni (il dato di Latina – storica roccaforte della destra italica – e della lista fascio comunista di Pennacchi è addirittura raccapricciante). I centristi dove alleati con il Pd perdono nettamente, dove corrono in solitudine sono destinati all’irrilevanza, vincono solo dove si alleano con il Pdl. Un dato che indica che, inequivocabilmente, gli elettori saranno forse un po’ delusi da Berlusconi ma certamente vogliono che i moderati si impegnino per migliorare la causa comune e non per distruggerla sperando di prenderne il posto.
E l’irrilevanza politica del Terzo polo non è solo un fatto numerico. Anche laddove i candidati centristi potrebbero essere decisivi dal punto di vista aritmetico (ad esempio Milano o Napoli) i vincoli politici esterni ed i veti reciproci interni impediscono di sfruttare politicamente tale potenzialità e costringono i terzo polisti a non scegliere. Del resto sarebbe ragionevole che Fini e Casini dopo avere cercato in tutti i modi di far capitolare Berlusconi decidano oggi di appoggiare al secondo turno Letizia Moratti? E sarebbe ragionevole che i medesimi terzo polisti decidano per l’abbraccio mortale con il Masaniello De Magistris o con il rifondarolo Pisapia? Una cosa dovrebbe essere chiara agli strateghi berlusconiani: una ricomposizione dell’area moderata con il rientro dell’Udc e dei finiani nell’alveo del centro destra sarà possibile solo se si verificheranno le condizioni per le quali un ripensamento di Casini o di Fini diventi o per loro molto conveniente o assolutamente necessario per la loro sopravvivenza.
Ma per noi bipolaristi impenitenti le buone notizie non finiscono qui. E durante la scorsa settimana, da Londra – nel quasi completo silenzio della nostra stampa – è giunta un’ottima notizia. Il referendum pervicacemente voluto dai liberal-democratici di Nick Clegg (era una delle condizioni essenziali per l’accordo di governo) per modificare il tradizionale sistema elettorale britannico di tipo maggioritario secco ha registrato una maggioranza oceanica (quasi il 70%) di favorevoli al mantenimento dell’attuale legge. Eppure le condizioni di partenza erano le più sfavorevoli per i maggioritaristi. Alle ultime elezioni, come è accaduto pochissime volte nella storia britannica, nessuno dei due maggiori partiti e riuscito ad ottenere la maggioranza assoluta di seggi in Parlamento. David Cameron è stato perciò costretto a dar vita ad un inusuale governo di coalizione con i liberal democratici. Del resto gli stessi dati numerici delle ultime elezioni avrebbe potuto indurre gli elettori a cambiare il proprio sistema elettorale, nonostante il fatto che lo stesso in quasi un secolo gli abbia garantito un’eccellente stabilità istituzionale ed una formidabile tendenza al ricambio ed all’alternanza politica. Ad esempio, nel 2010 i conservatori con il 36% dei voti hanno ottenuto il 47% dei seggi, mentre i liberal democratici con il 23% dei voti hanno ottenuto l’8% dei seggi. Ma, nonostante l’ampiezza della correzione maggioritaria del loro sistema, agli inglesi il loro sistema va bene così.
Mentre da noi assistiamo alla litania di quanti denunciano come attentato alla democrazia un modesto premio di maggioranza (il 5%) che il porcellum garantisce alla coalizione di liste che vince le elezioni e come colpo di stato il tentativo di estendere il premio di maggioranza su base nazionale (ma il premio di maggioranza o è nazionale o non è) anche al Senato.
Dio ha salvato la Regina (e il maggioritario). O se si preferisce, parafrasando Woody Allen, si potrebbe dire “Dio è morto, Marx pure, ma il maggioritario si sente molto bene”.