Donne in pensione a 65 anni ma niente riforma. Sacconi: Il tema sarà in Cdm

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Donne in pensione a 65 anni ma niente riforma. Sacconi: Il tema sarà in Cdm

04 Marzo 2009

Non è il momento per una riforma generale del sistema pensionistico italiano. Per ora si può solo parlare di innalzamento dell’età di pensionamento delle donne nel pubblico impiego. Nel 2018 gli uomini e le donne che lavorano nel pubblico impiego andranno in pensione alla stessa età, il tetto per le lavoratrici, così come chiesto dalla commissione europea, sarà innalzato a quota 65, anche se gradualmente e a partire dal 2010.  E’ questa la risposta di Palazzo Chigi alla sentenza della Corte Ue che chiede all’Italia di parificare donne e uomini.

La misura  non trova però il favore dei sindacati, che hanno fatto capire di non aver gradito la scelta del governo di non consultarli su un "tema così delicato".  A gettare acqua sul fuoco è stato però lo stesso Sacconi che ha annunciato come nei prossimi giorni l’esecutivo convocherà un "tavolo ad hoc" con le parti sociali per discutere della questione: "Ci possono essere tante bozze, ma nessuna decisione" al momento, ha detto spiegando, a margine di un convegno che verteva proprio sulle pensioni, che dell’argomento si discuterà anche in Consiglio dei Ministri.

La posizione dei sindacati, quindi. Per la Cgil si tratta di un "inaccettabile accanimento" contro le donne mentre secondo Renata Polverini, segretaria generale Ugl "non si possono penalizzare ulteriormente le donne con un innalzamento dell’età pensionabile nel pubblico impiego che deve essere volontario". Poi, Bonanni: "Non siamo d’accordo per ragioni di metodo e di merito. Per la Cisl – sottolinea in una nota il segretario – è inammissibile che su un tema delicato come quello delle pensioni, il governo abbia deciso unilateralmente. Quanto al merito – prosegue il leader della Cisl – si tratta di una decisione sbagliata che ci riporta indietro negli anni, introducendo criteri di accesso differenziati alla pensione di vecchiaia per le lavoratrici pubbliche rispetto a quelle private. Il Governo può contrastare la sentenza della Corte di Giustizia europea facendo presente che il regime pensionistico pubblico non è un regime professionale distinto da quello legale generale".

L’Esecutivo comunque su questo fronte non intende arrettrare di un centimetro. Ma nonostante la maggioranza mostri di condividere l’idea di una riforma complessiva delle pensioni, l’idea di un progetto di ampio respiro non sembra essere in programma: niente innalzamento dell’età pensionabile nel privato, niente ritocchi allo scalone. Il quadro di insieme è troppo fragile, si ragiona in ambienti dell’Esecutivo, per permettersi di creare nuova incertezza fra la gente. E questo nonostante secondo i conti dei tecnici bloccare ad esempio le due finestre nel 2009 consentirebbe risparmi per due miliardi di euro.

Insomma, per il momento non si procede  a una revisione dell’impianto previdenziale: "In un periodo d’incetezza come questo – ha spiegato il ministro Sacconi – non vogliamo aggiungere altra incertezza. E lo dice uno che la riforma delle pensioni l’ha fatta, col precedente governo Berlusconi, e sa cosa significa anche solo parlarne. Faremo invece – ha aggiunto il ministro – un intervento limitato alle dipendenti pubbliche, per applicare la sentenza della Corte europea". Sulla stessa linea Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori Pdl: "Questo è quello che si può fare – ha  detto Quagliariello – Per il resto il tema c’è, ma in questo frangente di crisi non può essere portato all’ordine del giorno senza considerare che sarebbe una penalizzazione ulteriore per chi sta già stringendo la cinghia. Di questo siamo consapevoli e per tale motivo gli inviti a mettere la riforma all’ordine del giorno, che hanno anche una loro ragion d’essere, per il momento non possono essere accolti".

Eppure, ne sono convinti in molti, la bozza sulla parità uomo-donna  dell’età di pensionamento per i lavoratori pubblici (che il ministro Sacconi ha smentito di aver inviato a Bruxelles), oltre ad essere un passo necessario  imposto dalla Corte ma anche dalla prospettiva di finanza pubblica, sarebbe potuta essere anche un’occasione importante non tanto per i risparmi di spesa che ne deriverebbero quanto perché consente di regolare il processo previdenziale nella sua interezza nel senso che potrebbe aprire la strada verso il completamento della riforma Dini in relazione a tutto il comparto.