
Dopo Grecia e Italia adesso il ‘virus’ dello spread tocca la Francia

17 Novembre 2011
Dopo l’Italia è arrivato il turno della Francia. Se da oggi, con il nuovo governo di Mario Monti, l’Italia avrà, forse, maggiore stabilità politica e più credibilità economica, i mercati sembrano aver già individuato il prossimo obiettivo: la Francia di M. Sarkozy. Oltralpe, a differenza dell’Italia, non ci saranno governi tecnici. Si voterà, infatti, tra qualche mese ed il presidente uscente è in evidente difficoltà. Anche se Nicolas Sarkozy ha sempre dimostrato un certo protagonismo ed attivismo a livello internazionale, cercando governare la crisi con la Cancelliera Angela Merkel, la Francia non è di certo al sicuro in questa crisi del debito sovrano.
Se è vero che l’Italia ha il debito più imponente della zona euro – 119 per cento del Pil – la Francia non sta molto meglio: è, infatti, all’85,4 per cento. Se poi si confrontano altri indici, è immediatamente comprensibile la fragilità della Francia: l’export è al 22,2 per cento, inferiore all’Italia (28,8) e alla Germania (25,5). Anche il deficit è preoccupante: -5,8 del Prodotto Interno Lordo. Pensate che l’Italia è a -3,7 e la Germania a -1,7. Il debito delle famiglie è al 55,1 per cento del PIL. Superiore all’Italia, 45 per cento, ed inferiore alla Germania (61,6 per cento). Anche la crescita ha dati preoccupanti: un discreto 1,6 nel 2011, ma la stima per il 2012 è allo 0,6. Ma ciò che desta maggiore preoccupazione è la disoccupazione. In Francia è al 9,6 per cento, pari a 4,2 milioni di disoccupati, superiore all’Italia dove è all’8,6.
La situazione economica e sociale della Francia non è, dunque, solida. Non è un caso che la speculazione finanziaria abbia ormai raggiunto Parigi. In settimana lo spread francese ha raggiunto il record di 193 punti, ben oltre il livello a cui era l’Italia appena il giugno scorso (era a 185). Questo è il segno più evidente che la fiducia degli investitori nella Francia si è dimezzata.
A questo punto sembra fortemente a rischio anche la valutazione di tripla A che la Francia ancora detiene dalle agenzie di rating. Del ristretto club delle tre A la Francia è sicuramente la più fragile. Oltre ai dati che abbiamo già citato sopra, a incidere nel giudizio delle agenzie di rating c’è il costo del lavoro (terzultima in Europa) e la competitività. La Francia di Nicolas Sarkozy sarà ora costretta a recuperare altri dieci miliardi tra tagli di spesa e nuove entrate (ovvero nuove tasse).
Ormai è l’intero area europea ad essere in crisi e certo non per colpa di Grecia o Italia. I motivi sono da ricercare principalmente nell’incertezza, durata ben due anni, con cui si è affrontata la crisi greca. Conclusasi, poi, con un salvataggio, forse, insufficiente. Anche il cosiddetto fondo salva-Stati, il fondo di stabilità finanziaria (EFSF), anche dopo l’ultimo rafforzamento, è, comunque, troppo piccolo ed inadeguato.
L’altra fonte di grande incertezza è la Banca Centrale Europea (BCE). Una riforma dello statuto sarebbe urgente e necessaria, ma la rigidità della Germania è, al momento, troppo forte. L’Euro dovrebbe avere una BCE prestatore di ultima istanza e garante della moneta come avviene per il dollaro o la sterlina. La BCE dovrebbe essere il garante finale della stabilità europea. Ma così non è. Come ha giustamente ricordato Walter Riolfi su Il Sole 24 Ore di ieri, la BCE, per mandato e per cultura ereditata dalla Bundesbank, è del tutto inadeguata a gestire la crisi dei debiti sovrani.
Che la crisi sia sistemica l’ha ricordato anche il presidente della Commissione Europea Barroso. Anche Austria e Olanda sono state colpite dalla speculazione. Lo spread del Belgio è salito a quota 311, quello dell’Austria a 183, mentre quello dell’Olanda è a 62. In realtà, toccherà a tutti i paesi avviare riforme radicali e profonde, perché è l’intero sistema economico-finanziario dell’area euro che ha bisogno di riforme.