Dopo i tagli parte la nuova sfida dell’Abruzzo: la riorganizzazione

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Dopo i tagli parte la nuova sfida dell’Abruzzo: la riorganizzazione

18 Luglio 2011

Prima le critiche sono piovute sul presunto mancato controllo della spesa farmaceutica. Poi è stata la volta della riforma dei consorzi, giudicata una “finta” riforma. Fino a mettere in discussione la capacità degli enti locali di intercettare risorse europee. Insomma, da qualsiasi angolatura la si guardi, sembra che l’ottica non sia mai quella giusta. Segno, forse, che il problema non è tanto di ciò che si guarda, ma dell’occhio che sta dall’altra parte, che si ostina a non voler mettere bene a fuoco. L’obiettivo è l’azione del Governo regionale. L’occhio è quello di chi, probabilmente, vuole essere contro ad ogni costo.

Nessuno si sognerebbe mai di mettere in dubbio che la Regione Abruzzo, e soprattutto il suo apparato burocratico-amministrativo, deve essere riformato e che per farlo serve una terapia d’urto, che bisogna invertire la marcia rispetto al passato e che bisogna dichiarare guerra agli sprechi. E ancora prima, al malcostume politico che li ha alimentati. Ma quello che non si comprende è il perché, proprio mentre le forze al governo della Regione sono impegnate in questa direzione, arrivano critiche ingenerose e il più delle volte prive di fondamento.

Oggi in Abruzzo, in linea con il vento politico e culturale, si stanno compiendo scelte decisive che vanno tutte in un’unica direzione: abbattere gli sprechi per ricominciare a investire. Abbiamo iniziato con la Sanità, poi con la riduzione degli enti strumentali. E ancora, le importanti riorganizzazioni: non solo quella dei Consorzi, ma anche degli Ato acqua e delle Ipab. E ancora i Confidi e le Comunità montane. Riorganizzazioni appunto, che si tradurranno in meno Consiglieri d’amministrazione, meno Direzioni, meno segreterie.

Un processo non facile e che non cambia le cose dall’oggi al domani, come qualcuno sembra pretendere. Un esempio su tutti è la riforma dei Consorzi. Abbiamo ricevuto critiche feroci a causa del prolungamento del commissari per diciotto mesi. Eppure, proprio chi ci ha accusati, dovrebbe sapere che la fusione di una qualsiasi società prevede adempimenti e formalità che richiedono un certo tempo. Figurarsi in questo caso. E per confermare quanto la tentazione di ricorrere ad enti ed organismi ad hoc sia talmente radicata nella nostra mentalità, basti pensare che proprio oggi, quando tutti gli stimoli sono nella direzione opposta, qualcuno suggerisce ancora di istituire una nuova struttura che, in seno agli enti locali, si occupi solo di fondi europei. Siamo sicuri che ce ne sia davvero bisogno?

Insomma, si potranno fare quante cure dimagranti si vuole, ma le cose non si risolveranno fino a quando non si capirà che il problema dei costi della politica è soprattutto culturale. E non si risolverà anche perché proprio quando ci sarebbe bisogno della solidarietà di tutti, basta un pretesto qualsiasi per dividersi. E si finisce sempre allo stesso modo: ognuno a tirare acqua al proprio mulino, dimenticando che la partita che la nostra Regione sta giocando riguarda il futuro di tutti. Una partita difficile che, in questo momento, richiede tagli di spesa e quindi sacrifici, e che in una visione miope della politica possono far temere in termini di perdita di consenso.

Eppure basterebbe uscire dal clima cronicizzato da campagna elettorale, per rendersi conto che il bene della collettività si persegue in altri luoghi e in altri modi. E non certo con le promesse che non si possono mantenere.Una vera azione riformatrice, infatti, per sua stessa definizione, richiede tempo e soprattutto fiducia. E non certo le critiche ingenerose di chi forse ha la memoria corta. E ha dimenticato lo stato in cui versava l’Abruzzo solo due anni fa.