Dopo il terremoto politico, in Sicilia regna una calma apparente e sospetta

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Dopo il terremoto politico, in Sicilia regna una calma apparente e sospetta

01 Luglio 2009

Avanti con rischio stallo a breve, più "enne" complicazioni: così si potrebbe riassumere la condizione politica dell’isola, a fronte anche delle ultimissime verificatesi proprio ieri.

In rapida sequenza: riunione giunta regionale per assegnazione delle deleghe assessorili conclusasi per il momento con un nulla di fatto, forse, se ne riparlerà nel fine settimana; riunione del parlamento siciliano, discorso del governatore, quanto al resto si tornerà sull’argomento in una prossima occasione; riunione dell’esecutivo di un pezzo, il più politicamente rilevante, dell’opposizione, ovvero l’Udc, anche in questa sede analisi, critiche al governo, ma nulla di davvero operativo. Persino l’idea, suussurranta nella passate giornate, di mettere in forse le giunte dove il partito di Pier Ferdinando Casini ha un ruolo forte, per ora, è rinviata con il nobile motivo: “Noi non vogliamo fare come Mpa, ci manteniamo fedeli agli impegni presi con gli elettori”.

Insomma, una situazione di generale attesa, venata peraltro da ogni tipo di nervosismo e di sospetto reciproco. Nessuno degli attori in campo sembra aver chiaro che cosa ci si debba aspettare in tempi non troppo lunghi. In apparenza, le ultime mosse danno ragione alle recenti scelte, più brutali che non, di Raffaele Lombardo e alleati.

L’intero Pdl si è formalmente riconciliato con l’esecutivo. Tanto che ora i mal di pancia degli “sconfitti” si esprimono più in imbarazzati silenzi che in aperte prese di posizione polemiche. Eppure, la calma che regna non è del genere rassicurante. Più di un osservatore fa conti e conticini sui reali rapporti di forza di Palazzo dei Normanni. Persino i più benevoli verso la svolta lombardiana non possono, infatti, non notare che l’Ars è praticamente spaccata a metà.  Se sono circa quaranta gli oppositori aperti (la somma di Pd e Udc), fra la cinquantina di governativi messi sotto da Lombardo forse più d’uno non si straccerebbe le vesti davanti a qualche prossima (probabile?) imboscata parlamentare. Nel frattempo, fra gli esclusi è partito il traccheggio dei contatti. In particolare, fra i dirigenti centristi non sono rare le aperture in direzione partito democratico. Persino il fino qualche tempo fa poco malleabile Saverio Romano non ha escluso intese e colleganze con il centrosinistra. A parte, ha spiegato il segretario regionale dell’Udc, con quella frazione del Pd già “presente” nell’esecutivo. L’allusione è al neo assessore “tecnico” Venturi, secondo l’esponente centrista in quota Giuseppe Lumia, ex presidente dell’Antimafia nazionale, peraltro tirato spesso in ballo nelle settimane appena trascorse come sponsor più o meno occulto di Lombardo e dei suoi.

Anche fra i democratici, il ricompattamento governativo ha sortito più di un effetto. Di primo acchito, un no a tutto campo. In realtà, per alcuni dei suoi dirigenti più esposti all’Ars, si è trattato di un no piuttosto amaro. Così per il capogruppo Antonello Cracolici, che più di una speranza aveva coltivato verso un ribaltone, magari sotto le insegne alte di un neo autonomismo esasperato, magari attraverso il recupero delle vecchie bandiere milazziane. Finito il sogno del grosso del centrodestra fuori gioco, la realtà dice di un’opposizione numericamente più forte, grazie al passaggio nelle sue file dell’Udc, con cui forse non subito e forse sulla scia di sollecitazioni nazionale qualche forma di intesa si può immaginare. Inoltre la compattezza non granitica della neo maggioranza fa ben sperare in ulteriori sorprese. Naturalmente molto dipenderà da come il governo saprà muoversi nelle prossime occasioni su punti che più stanno a cuore alla politica isolana, vedi sanità, fondi europei, eccetera. Si tratta effettivamente di questioni vitali, dove si gioca non solo la credibilità del ceto politico, ma la stabilità sociale dell’intera regione.