Dopo la sentenza sui clandestini forse diventiamo antieuropeisti anche noi
29 Aprile 2011
Nonostante l’elefantiasi burocratica. Nonostante le quote latte e la demenziale politica agricola comune. Nonostante l’asfitticità di un Parlamento che non è ancora riuscito a diventare un Parlamento. Nonostante un Governo che non è ancora un governo ma è più che altro un assemblaggio di tecnocrati o di politici trombati in Patria. Nonostante la clamorosa assenza di una politica estera e di difesa comune. Nonostante l’assurdo rifiuto financo di citare in sede di Costituzione le nostre radici storiche (giudaico – cristiane). Nonostante tutto questo (ed altro ancora) sinora eravamo riusciti a resistere e non avevamo mai assecondato fino in fondo quelle correnti di pensiero che individuano nell’Unione Europea una delle principali cause della decadenza del Vecchio Continente.
In noi, se non altro, era ancora vivo l’afflato europeista di autori molto amati in gioventù, Ernesto Rossi, Altiero Spinelli, ed era ancora forte il ricordo della profonda ostilità che i comunisti nutrivano verso la nuova creatura europea ,accusata di voler stabilizzare su scala continentale il sistema pluto – capitalistico in barba alle sorti magnifiche e progressive del socialismo . Ed era appunto questo che ci affascinava. L’Europa come baluardo della libertà (delle persone e del mercato), come antidoto allo spettro del totalitarismo, come garante della forza dei valori della cultura occidentale. Eppoi, a dirla tutta. c’era anche una ragione un po’ egoistica. In noi era forte la convinzione che l’Italia da sola non sarebbe mai riuscita a realizzare quelle riforme in senso liberale di cui il Paese aveva un disperato bisogno. L’Europa era, cioè, anche un surrogato della debolezza della cultura liberale nazionale!
Ma certo con l’ultima sentenza della Corte di Giustizia le nostre, già vacillanti, certezze europeiste rischiano di crollare. La Corte, accogliendo il ricorso di un immigrato clandestino algerino, ha, infatti, statuito che la legge italiana che, dal 2009, ha introdotto il reato di immigrazione clandestina è illegittima perché in contrasto con la direttiva reimpatri (non ancora recepita nel nostro ordinamento). Ora, al di là delle obiezioni tecnico giuridiche che possono essere avanzate, quel che proprio non convince nella decisione dei giudici di Lussemburgo è la sua palese natura discriminatoria. Il reato di immigrazione clandestina è presente, in alcuni casi da molti anni, in diversi altri ordinamenti europei. E’ presente in tutti i Paesi più ricchi, quelli che naturalmente attraggono molti immigrati clandestini: il Regno Unito, la Germania, la Francia. Ed allora se vi è un contrasto tra l’ordinamento comunitario e molti ordinamenti nazionali è forse il caso di affrontare la questione nel suo complesso e stabilire se le politiche nei confronti degli immigrazione extracomunitaria sia materia di competenza degli stati o dell’Unione. Ma se si tratta di materia di competenza dell’Unione allora deve essere chiaro che sarà l’Unione Europea a doversi far carico di gestire il problema nel suo complesso. Ed allora prima ancora che bacchettare l’Italia l’Unione dovrà intervenire nei confronti di quei paesi (vedi da ultimo la Francia) che respingono alle proprie frontiere gli immigrati provenienti dal territorio di altri paesi comunitari o che utilizzano pratiche spietate per respingere gli immigrati prima che entrino nel proprio territorio nazionale (vedi ad esempio la Spagna). L’Unione dovrà poi farsi carico di aiutare gli Stati ad approntare le strutture di accoglienza e di trattenimento degli immigrati irregolari che si ritiene non possano essere ritenuti colpevoli di reato e quindi sottoposti ad un regolare processo.
Nella nostra visione l’Unione Europea è un’unione fra stati sovrani che decidono liberamente di mettere in comune alcune decisioni politiche nella convinzione che dall’armonizzazione di alcuni settori della legislazione possano derivarne benefici per tutti. L’Unione dovrebbe in particolare concentrarsi su quei settori degli ordinamenti nazionali nei quali la presenza di differenze e di scalini normativi rischia di ostacolare la libera circolazione di persone, merci e capitali. L’Unione non è naturalmente una semplice area di libero scambio ma non è nemmeno un Super Stato che si sostituisce alla sovranità degli Stati Nazione. Ed in questa prospettiva, oggi, l’unico spazio legittimo di normazione comunitaria in materia di immigrazione extracomunitaria è la fissazione di standard minimi che evitino che politiche tropo lassiste di alcuni Stati membri finiscano per danneggiare altri Stati membri. La tutela dei confini nazionali (rispetto ai paesi extra UE) e dell’ordine pubblico interno sono e devono rimanere di competenza di ciascuna nazione (almeno fino a quando non avremo sciolto le singole nazioni in un’unica nazione europea).
E ciò oltre ad essere coerente con una visione realista e liberale dell’attuale fase storica europea, è anche nell’interesse del futuro dell’Europa. Quello di cui non sembrano accorgersi gli zelanti cultori della “religione” europeista, è che fughe in avanti ed accelerazioni eccessive nel processo di integrazione ed omogeneizzazione europea finiscono solo per alimentare il vento antieuropeo che sempre più forte soffia in molti paesi dell’Unione (e soprattutto in quelli più avanzati come Regno Unito, Olanda). E così a furia di violenze alla storia ed alla ragionevolezza corriamo il rischio di veder crollare l’intero edificio costruito grazie alla visione dei padri fondatori dell’Europa (gente del calibro di Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer e Robert Schuman).