Il Ghana ha un nuovo presidente e conferma i progressi della sua pur giovane democrazia multipartitica. Dopo il ballottaggio presidenziale del 28 dicembre scorso, è stato eletto a capo del paese John Atta Mills, candidato del partito d’opposizione “National Democratic Congress”, che ha vinto con un margine strettissimo (50,23% contro 49,77%) battendo Nana Akufo Addo, il candidato del “New Patriotic Party” del presidente uscente John Kufuor, che non ha potuto ripresentarsi avendo già governato dal 2000 per due mandati. Il confronto serrato si è ripetuto anche nel ballottaggio, dopo che nel primo turno dell’8 dicembre scorso nessuno dei contendenti aveva raggiunto il 50% dei voti e i due principali candidati erano rimasti separati dall’1,5% dei voti.
La Commissione elettorale ha preferito aspettare prima di annunciare il vincitore e in particolare ha atteso i risultati dalla circoscrizione di Tain, in cui si è ripetuto il voto per problemi di registrazione – una zona decisiva per le sorti delle elezioni, con i suoi 50mila votanti (nei 229 collegi elettorali già scrutinati la differenza era di soli 23.055 voti). Il timore che si ripetesse quanto accaduto nell’altra più fragile democrazia keniana soltanto un anno fa è presto svanito, nonostante piccoli atti di violenza nel nord del paese e denunce di brogli da parte del New Patriotic Party, che potrà contare sulla maggioranza relativa in Parlamento.
John Atta Mills, professore di legge e avvocato, come il suo rivale, è stato il vice di Jerry Rawlings, il populista che salì al potere nel 1982 con un colpo di stato e per due volte fu eletto presidente, dopo l’introduzione delle elezioni multipartitiche nel 1992, per poi essere sconfitto da Kufuor nel 2000. A differenza di Rawlings, ufficiale carismatico ma autoritario, Atta Mills si presenta come l’intellettuale del dialogo e dei toni moderati, un esperto fiscalista di tendenza progressista. Sebbene sia stato accusato di voler ricalcare proprio la politica di Rawlings, ha rifiutato di scegliere alla vicepresidenza la moglie dell’ex capo di stato e ha raccolto il malcontento delle regioni settentrionali.
Il nuovo presidente si troverà a gestire un’eredità economica positiva, macchiata unicamente da un tasso di disoccupazione al 20% e dalla corruzione ancora presente negli apparati statali. Sul piano sociale resta ancora da sconfiggere una sostanziale povertà che coinvolge il 50% della popolazione oltre alla difficoltà di inserimento di diverse etnie e alle vecchie usanze tribali su donne e bambini.
Le chiavi del futuro del Ghana saranno soprattutto lo sfruttamento del petrolio e i numerosi investimenti delle imprese cinesi. Nel 2007 è stato scoperto un giacimento di petrolio al largo della costa ghanese con un capacità di 400 milioni di barili, cui si è aggiunto un altro al confine con la Costa D’Avorio, la cui capacità sarebbe perfino doppia. La regolamentazione delle concessioni off-shore dei giacimenti di petrolio e il mercato agricolo (che vede il Ghana fra i maggiori esportatori di cacao al mondo) sono nodi scabrosi per Atta Mills che, pur vicino alle posizioni occidentali, dovrà mantenere il giusto compromesso fra i guadagni petroliferi, l’equa distribuzione dei proventi alle regioni meno ricche e il malcontento delle popolazioni costiere che paventano il rischio di impoverimento ittico dovuto proprio alle piattaforme previste al largo della costa. Il nuovo presidente insomma dovrebbe evitare un degenerarsi della situazione in stile Nigeria.
C’è poi la posizione della Cina, presente con industrie estrattive e investimenti scolastici. In tal senso un ruolo importante lo giocherà il vicepresidente John Dramani Mahama, ex ministro della comunicazione, molto ben voluto nel Ghana del nord, l’area più difficile del paese e noto per le sue posizioni critiche verso le multinazionali. Il Ghana volta pagina in un difficile momento globale, ma con questa notevole prova di maturità democratica aspira a diventare il vero punto di riferimento dell’Africa Occidentale e dell’intero continente nell’immediato futuro.