Dopo Napoli, il no al Papa è un’altra vergogna  per l’Italia e il governo

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Dopo Napoli, il no al Papa è un’altra vergogna per l’Italia e il governo

16 Gennaio 2008

Senza
parafrasi ed infingimenti la situazione è questa: negli stessi giorni in cui si sta svolgendo e consumando
la vergognosa vicenda della spazzatura Campana, che tanta luce ha, purtroppo,
fatto sulla sostanza dell’ambientalismo italiano e sulla capacità del nostro
governo di gestire un’emergenza, il Pontefice e Capo dello Stato del Vaticano
si trova costretto ad annullare una sua visita alla più grande università
italiana. Ufficialmente per motivi di sicurezza.

Se i motivi
fossero questi sarebbe come affermare che il governo italiano non è in grado di
garantire la sicurezza del Papa nel territorio italiano.

In effetti,
questo governo, e forse questo stato, ormai, ed è inutile nasconderlo e
nasconderselo, non garantiscono più nulla. Sono una vergogna ed espongono un
paese (che forse non se lo merita) ad una serie ininterrotta di figuracce
internazionali che sono accentuate dal carattere grottesco delle vicende. Ma
qui, in Italia, ormai nessuno è responsabile di qualcosa.

Invece di
garantire la sicurezza e l’igiene pubblica il governo appare impegnato a far fare
all’Italia figuracce di cui al mondo tutti ridono.

Che le cose
per quanto riguarda la visita di Benedetto XVI alla “Sapienza” romana si
stessero mettendo male lo si sapeva da giorni. Ma la lettera dei docenti di
Fisica (una invereconda goliardata) non era affare che, se gestito a modo,
poteva produrre un simile sconquasso. Ed invece errori da parte delle autorità
accademiche e politiche hanno fatto quel che in ogni altro paese civile sarebbe
stato semplicemente impensabile. A sentire le dichiarazioni di oggi, tutti
coloro che avrebbero potuto e dovuto evitare quello sconquasso, dichiarano
piena solidarietà a Benedetto XVI e condannano non si capisce bene chi. Ma è la
loro ignavia dei giorni scorsi che ha prodotto tanto e nessuna nuvola di fumo
sulle responsabilità vere o presunte riuscirà a dissolvere l’impressione che di
questa vicenda, tanto squallida quanto grave, nessuno porterà la
responsabilità. Nessuno la pagherà politicamente.

Assistiamo
così all’ennesimo capitolo dell’irreversibile degrado della nostra istituzione
universitaria, e mai come ora è apparso evidente come essa prosegua e si
sviluppi in stretta sintonia con quella dello stato (o dei suoi resti). Nessuna
meraviglia per chi ha esperienza dello stato di estrema prostrazione in cui
versano quelle istituzioni, ma stupore per i danni che quella decomposizione
riescono tuttavia a causare.

Qui,
semplicemente, si è impedito l’accesso a quella che una volta era, e che ancora
sarebbe dovuta essere, la sede della libera e disinteressata ricerca della
verità e del franco dibattito delle opinioni non solo al Capo riconosciuto di
una religione estesa a tutto il mondo e che ha forgiato l’Occidente, ma a quel
Pontefice che più di altri (e forse proprio perché è stato ‘professore’) ha
messo in luce e ribadito, anche a costo di critiche (si pensi al discorso di
Ratisbona), che la caratteristica del Cristianesimo è quella di cercare di
stabilire un ponte tra fede e ragione e che, sia pure tra errori, questo la
Chiesa persegue dai tempi di Tommaso. A quel Papa che nel discorso di Verona ha
avuto per la matematica parole di apprezzamento che sono sembrate anche
eccessive.

Naturalmente
non sappiamo cosa avrebbe detto a Roma, posto, non a caso, dove Gerusalemme ed
Atene vennero ad incontrarsi e dove se ne cercò la fusione. Forse sarebbe stato
un grande e profondo discorso. Forse chi vuol chiudersi all’’altro’, o al
messaggio della rivelazione, non voleva ascoltarlo per non mettersi in
discussione. Ma chiudere le porte dell’Università al Capo di una religione la
quale si caratterizza e si distingue dalle altre religioni monoteiste per la
sua ricerca di una soluzione all’antagonismo tra rivelazione e filosofia che
non trasformi la rivelazione in ‘legge’ bandendo così la ricerca filosofica, ma
che apra sia la religione alle ragioni della filosofia e la filosofia a quelle
della religione, è soltanto espressione di grande ignoranza e di immensa
stupidità. Di quella grande, incontrollabile ed inarrestabile stupidità che sta
sommergendo la nostra epoca e che ci riserverà sorprese sempre più amare.

Non scomodiamo
la laicità o gli errori della Chiesa cattolica nei confronti della modernità.
Qui, la questione è che quando la stupidità diventa intolleranza si chiudono
gli spazi pubblici per ogni attività dialogica e di ricerca. E l’Università era
appunto quel luogo.