Draghi è ottimista, l’Italia un po’ meno

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Draghi è ottimista, l’Italia un po’ meno

20 Maggio 2017

“La crisi è alle nostre spalle”. A dispensare ottimismo, questa volta, ci ha pensato Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea che da Tel Aviv, in Israele, dove ha ricevuto un dottorato honoris causa, ha fatto il punto sulla situazione economica in Europa, sostenendo che “la ripresa dell’Eurozona è solida e sempre più ampia fra i Paesi e settori” economici, con “cinque milioni di occupati in più rispetto al 2013″. In virtù di ciò, Draghi, vestendo i panni del “politico”, ha inteso lanciare un monito ai Paesi europei: “ora bisogna affrontare le riforme strutturali, eterne incompiute”.

In realtà, a guardare bene, l’ottimismo di Draghi sembra assomigliare sempre più ad un ultimatum, soprattutto per i paesi più in difficoltà come l’Italia. Il perché è presto detto. Non è un mistero che la politica dei tassi di interesse bassi voluta da Draghi non sia ben vista dalla Germania che già da tempo sta facendo pressione sulla Bce per tornare al più presto ad alzare i tassi, al fine di tutelare i consumatori e la redditività della banche tedesche, anche perché in questi ultimi mesi l’inflazione in Germania è continuata a salire.

Proprio per questo, in virtù dei dati ottimistici, la riunione dell’8 giugno, a Tallinn, sulle politiche della Bce potrebbe sancire un cambio di marcia. E segnali in tal senso non mancano. Già a fine marzo Benoit Coeuré, consigliere esecutivo della Bce, aveva detto che mettere in discussione l’attuale tabella di marcia, che prevede di terminare prima le immissioni di liquidità nel sistema tramite il quantitative easing e poi rialzare i tassi, non è un “tabù”. Oggi torna su quel tasto, dichiarando che non si tratta di una decisione “incisa nella pietra”. Tradotto: i tassi potrebbe aumentare prima del previsto.

Non certo una buona notizia per l’Italia dove il debito pubblico in questi anni, soprattutto nei mille giorni del governo Renzi, è aumentato di quasi 135 miliardi di euro e, nonostante gli annunci di rito di Padoan e Gentiloni, stando alle analisi sul Def, nei prossimi tre anni dovrebbe addirittura continuare a salire. Anche perché, con debito del genere e tassi più alti, risulterebbe necessario un aumento delle tasse, andando dunque a gravare ulteriormente su un’Italia che, stando agli ultimi dati Istat, è tutt’altro che uscita dalla crisi.

Ecco perché, in questo senso, l’“invito” di Draghi a sostenere le “riforme strutturali” suona come un messaggio in codice per il nostro Paese: o fate le riforme in campo economico che non avete fatto fino ad ora oppure con tassi più alti saranno guai. Padoan & Co. sono avvisati.