Duilio Courir, avventura intellettuale nella musica del secolo breve

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Duilio Courir, avventura intellettuale nella musica del secolo breve

08 Febbraio 2009

Duilio Courir è un signore lungo lungo e magro magro. Ha un aspetto poco nostrano, in cui si mescolano un taglio degli occhi e un piglio del volto piuttosto balcanici, con un portamento ancien regime. In effetti, questo signore che ha appena doppiato i venerabili ottanta, è nato quando l’Italietta aveva il suo “spazio vitale” in entrambe le sponde dell’Adriatico, e la sua città natale, Zara, era un vivace porto franco oltre a una finestra aperta sul vicino Oriente. Il singolare Courir, nato bene, si è formato ancora meglio e sin dall’inizio ecletticamente. Ha avuto rigorosi maestri di pianoforte prima in Dalmazia eppoi a Venezia, dove i suoi si erano rifugiati dopo l’8 settembre, accanto a un’intrinseca dimestichezza con l’universo della cultura di lingua tedesca. Dal quarantotto bolognese, dottore in Giurisprudenza, critico d’arte (“un grande amore per Giorgio Morandi”) e in seguito musicale de “Il Resto del Carlino” dopo l’arrivo alla guida del giornale emiliano di Giovanni Spadolini.  Per un suo giovane amico e sodale in miscellanee artistiche, Paolo Repetto, è “molto probabilmente l’uomo che Courir ha maggiormente ammirato e stimato. Per l’immensa cultura – e non solo storica – la chiarezza intellettuale, l’impeto delle passioni, il rigore morale e la grande fermezza decisionale – come statista e direttore di importanti quotidiani – rari valori che nei suoi ricordi spiccano con felice precisione”.
Nel frattempo, scrive su “Il Mondo”, pratica con una certa assiduità Mario Pannunzio e il suo gruppo e nel 1966 con il musicologo Mario Bortolotto e  il giornalista Alfredo Pieroni dà vita a “Lo Spettatore musicale”. Nel 1973 finalmente approda al “Corsera”. In qualità di titolare della critica musicale vi resterà sino al novantatré, anche se nel frattempo guida il mensile “Amadeus”, che lascia solo l’ anno scorso, per spostarsi a Zurigo.

Un volume misto, dove alle testimonianze di amici segue un’antologia di pezzi significativi dell’autore, rende omaggio al maturo osservatore dei fenomeni del composito mondo della creatività. Il libro in questione recita sul frontespizio: Duilio Courir, “La mia musica”. E’ coedito dal Pen Club Italia e dal luganese Giampiero Casagrande editore. In concreto, un autentico omaggio a un signore di grana fine, ma anche un succinto strumento per farsi un’idea di un’avventura intellettuale piuttosto qualitativa, dove passione musicale, finezza umana e capacità di dialogare con il pubblico dei lettori trovano una sintesi non comune.

Courir, lo si intuisce, è dotato di molte antenne. E’ un po’ un erratico e un po’ un uomo di mondo. Coltiva relazioni con i grandi del secondo Novecento ed ha, come è ovvio, le sue predilezioni. Gli piace la musica di ricerca contemporanea, quanto ai classici è al contempo wagneriano e mozartiano. Il critico originario di Zara, scrive ancora Repetto, ha seguito con attenzione partecipe il “secolo breve”. Lo ha intrigato il lato “informale”. E come pochi lo hanno intrigato gli Karlheinz Stockhausen, i Gyorgy Ligeti, i Luigi  Nono, i Mark Rothko e così via. Ma soprattutto Pierre Boulez, a suo avviso, “un uomo neo-rinascimentale, un artista straordinariamente completo: grande nella composizione, eccellente nella direzione, lucidissimo come critico e scrittore”. A Boulez sono dedicate numerose pagine del libro. In particolare, un lunga intervista parigina. Per l’occasione il maestro si confessa e ragiona con speciale franchezza e con articolata chiarezza.